RICERCATORI. CAPACI DI FORMARNE DEI BRAVI MA NON INCAPACI DI TRATTENERLI Stampa
Circa il 7% dei nostri dottori di ricerca (quasi 1.300 persone) va a lavorare all’estero. La notizia si ricava da un’indagine condotta dall’Istat su un campione di oltre 18 mila giovani che hanno terminato il dottorato nel 2004 e nel 2006. È un dato che ci dice qualcosa di molto serio, cioè che il sistema universitario italiano spende somme non indifferenti per organizzare la formazione di alto livello dei giovani, appunto con i dottorati di ricerca. Ma poi quei giovani, se a volte vanno all'estero per libera scelta, nella maggioranza dei casi vi sono costretti per mettere a frutto la loro preparazione. Una preparazione spesso ottima, tanto da consentire a molti di lavorare presso alcuni dei migliori centri di ricerca del mondo. Si tratta evidentemente di un fenomeno destinato a impoverire enormemente il Paese. Alla radice del problema sta il fatto che, mentre in Italia l'accesso ai corsi di dottorato è complessivamente regolato su base meritocratica, come deve essere, la possibilità di trovare poi una collocazione lavorativa per un dottore di ricerca si scontra spesso con regole non scritte di tutt'altro tipo.
(Fonte: G. Belardelli, Corsera 28-12-2011)