DEVONO ESSERE COPERTI TUTTI I POSTI DISPONIBILI PER LA FORMAZIONE DEI FUTURI MEDICI Stampa
Anche quelli lasciati vacanti dagli studenti extra-comunitari. È questa in sostanza la decisione del Tribunale regionale della Lombardia (n. 03189/2011) che accoglie l'appello di una studentessa non ammessa alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Pavia perché collocata oltre il 60esimo posto in graduatoria. Una pronuncia che assume tanto più valore alla luce del decreto ministeriale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15712/2011) che ha disposto l'ampliamento del 10% dei posti disponibili nelle facoltà di medicina e chirurgia (963), con la possibilità di recuperare í posti lasciati vacanti dagli extra-comunitari. Sono gli stessi giudici amministrativi lombardi a dichiarare che «in mancanza della completa copertura dei posti riservati agli studenti extracomunitari, l'università avrebbe dovuto provvedere alla saturazione della copertura dei posti disponibili, consentendo, quindi, l'iscrizione agli studenti italiani utilmente collocati in graduatoria». Dunque un precedente che dovrebbe mettere in allerta quegli atenei contrari all'aggiunta dei posti. Tra questi la Statale di Milano che ha deciso di non sfruttare la possibilità offerte dal MiUR che ha messo in gioco 40 posti in più, l'università di Milano S. Raffaele (14), Modena (15) e Roma Campus biomedico (11), per un totale di 80 posti. Le stesse Università di Milano negano agli studenti l’opportunità di recuperare almeno i 22 posti lasciati vacanti dagli extracomunitari, di cui 5 alla Statale e 17 al S. Raffaele. La motivazione portata dai diversi atenei è legata alle difficoltà logistiche di impossibile soluzione immediata e sul fatto che i corsi del primo anno sono iniziati da metà settembre e che quindi il primo semestre di insegnamento è già in fase avanzata. Ci sono, poi, altri quattro atenei che hanno ridotto la soglia del 10%: Siena, Ancona, la Cattolica di Milano e Varese. «La decisione di non concedere l'ampliamento», dice Angelo Mastrillo, dell'Osservatorio per la formazione universitaria delle professioni sanitarie, «non ha molto senso visto che si tratterebbe di posti che rientrano nel potenziale formativo e che pertanto non andrebbero a intaccare il rispetto dei requisiti minimi. Per questo, ricorsi che perderebbero facilmente, come dimostrato dalla recente giurisprudenza».
(Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 04-01-2012)