STUDENTI. INDAGINI COMPARATIVE IN EUROPA Stampa
Studiare all'università costa. E agli studenti fuori sede costa ancora di più. Due miliardi di euro per l'istruzione accademica. A tanto ammonta nel complesso la somma che le famiglie italiane sono costrette a spendere per tasse e contributi richiesti dalle università statali e non. Solo nel 2009, sempre considerando l'indagine del ministero, le famiglie hanno contribuito al finanziamento delle università statali con oltre 1,6 miliardi di euro, una spesa cresciuta del 20% tra il 2005 e il 2009 e l'incremento ancora maggiore si riscontra nelle università non statali (circa il 41%) alle quali sempre nello stesso anno preso in considerazione le famiglie hanno versato oltre 500 milioni di euro. Ancora nel 2009, la spesa media pro capite degli studenti per iscrizione e frequenza ai corsi nelle università statali è stata di circa 910 euro, il 5,2% in più del 2008; gli studenti delle università non statali hanno invece pagato mediamente 3.591 euro, poco più dell'anno precedente. In Italia circa quattro studenti universitari su dieci studiano e lavorano. A dirlo i risultati dell'indagine comparata Europea «Eurostudent IV- Social and Economie conditions of student life in Europe» a confronto con i Risultati della Sesta Indagine Eurostudent sulle condizioni di Vita e di studio degli universitari italiani, presentata dalla Fondazione Rui, insieme ad alcuni dati della sesta indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari italiani. Insomma gli studenti italiani sono dei lavoratori anche se rispetto agli anni `90 il lavoro studentesco appare oggi meno diffuso, quando rappresentava la maggioranza assoluta della popolazione studentesca europea. Nel nostro paese il 24% dei giovani, terminata la scuola, decide di posticipare l'iscrizione all'università per cominciare subito a lavorare. Una percentuale che, se si considera il totale degli studenti lavoratori, si alza fino al 39%, un dato in linea con la media continentale del 40%. Nel nostro paese, il 13% degli studenti sono entrati in università dopo almeno due anni dalla maturità. In Europa l'interruzione momentanea degli studi è diffusa soprattutto nel nord: in Danimarca è pari al 38%, in Irlanda al 34%, in Finlandia al 28% e in Norvegia al 24%. Nell'Europa meridionale, invece, coloro che riprendono gli studi dopo almeno due anni sono pari al 2% in Croazia, 3% in Francia e 4% in Spagna. I più alti tassi di iscrizione senza interruzione si registrano in Croazia, Lituania e Repubblica Ceca, con una percentuale del 90%. All'estero, gli studenti nella fascia 25-29 anni che vivono fuori dalla famiglia di origine e che hanno già partner o figli (o entrambi) vanno dal 47% della Svezia al 30% della Slovenia. In Italia, secondo la ricerca lo stesso grado di autonomia si raggiunge solo dopo i 30 anni, con un 60% di studenti indipendenti dalla famiglia.
(Fonte: ItaliaOggi 12-12-2011)