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12 Agosto
La scelta dei commissari di concorso PDF Stampa E-mail
Le nuove procedure di valutazione per l'abilitazione nazionale, varate dal Consiglio dei Ministri, introducono requisiti stringenti di qualità sia per chi ambisce a diventare professore che per chi si candiderà a entrare nelle commissioni giudicatrici. Un ruolo chiave, di controllo e di garanzia, è assegnato all’Anvur, la nuova Agenzia di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca. Proprio l'Anvur dovrà assicurare che nelle commissioni giudicatrici entrino solo professori con una produzione scientifica riconosciuta a livello internazionale. Per usare una metafora calcistica, la riforma avrà avuto successo se, sia per i commissari sia per i candidati, entrerà in graduatoria solo chi sta nella colonna di sinistra della classifica della produzione scientifica, mentre chi ha zero punti non sarà neppure ammesso al campionato. Il segnale della qualità dell'insegnamento va ricercato, innanzi tutto, nella qualità della produzione scientifica dei docenti. Per trasmettere conoscenza è necessario possederla, e il modo migliore per dimostrare di possederla è di averne prodotta e di aver saputo giocare il gioco della competizione scientifica internazionale. Quando conosceremo i criteri specifici che saranno utilizzati per le valutazioni, non mancheranno critiche e resistenze. La vera domanda, però, è se realizzando davvero l'obiettivo indicato dal nuovo regolamento, si commetteranno più o meno errori rispetto alla situazione del passato, in cui tutti potevano diventare commissari di concorso, senza distinzione tra chi ha prodotto e chi no. Noi crediamo di no: i ricercatori attivi e inseriti nella comunità scientifica internazionale tendono a cooptare ricercatori attivi e a riconoscere il merito anche quando non viene dal proprio dipartimento o laboratorio. Sono lontani i fragori di piazza che hanno accompagnato l’approvazione della legge. Ma i criteri che si stanno definendo in questa fase influenzeranno in modo significativo la capacità del nostro Paese di produrre ricerca di qualità, capitale umano di alto livello, apertura internazionale, crescita.
(Fonte: A. Gambardella, F. Pammolli, Corsera 31-07-2011)
 
Valutazione della qualità della ricerca 2004-2010 (VQR 2004-2010). Bando di partecipazione PDF Stampa E-mail

Con questo bando si avvia l'esercizio di Valutazione della Qualità della Ricerca in Italia nel periodo 2004-2010 (VQR 2004-2010, VQR nel seguito). L'esercizio è rivolto alla valutazione dei risultati della ricerca scientifica delle seguenti Strutture di ricerca:

a) Università statali;

b) Università non statali autorizzate a rilasciare titoli accademici;

c) Enti di ricerca pubblici vigilati dal MIUR (di seguito indicati con il termine Enti di ricerca);

d) Altri soggetti pubblici e privati che svolgono attività di ricerca (di seguito indicati con il termine di Strutture diverse), su esplicita richiesta e previa intesa che preveda la copertura delle spese relative.

L'esercizio di valutazione viene condotto dall'ANVUR sulla base delle competenze previste dal Decreto istitutivo dell'Agenzia (DPR n. 76 del primo febbraio 2010) e del mandato ricevuto con DM n. del 12 luglio 2011, disponibili sul sito dell'ANVUR (www.anvur.org).

Il VQR si articola sulle 14 Aree di ricerca indicate dal Comitato Universitario Nazionale (CUN).
 
Il test a risposta multipla come strumento di valutazione PDF Stampa E-mail
Il test a risposta multipla è lo strumento di valutazione più utilizzato al mondo non solo in ambito universitario ma anche nei processi di selezione sul lavoro che coinvolgono un elevato numero di concorrenti. Tale diffusione è dovuta a tre importanti vantaggi che solo le prove a test possono garantire. 1) Oggettività: il punteggio totalizzato dai candidati non è influenzato da valutazioni personali, ma ottenuto attraverso una procedura informatizzata e standardizzata. 2) Efficacia: i test ben progettati e formulati consentono di individuare gli studenti che possiedono le conoscenze, le potenzialità e le attitudini richieste dal corso di studi. 3) Rapidità: automatizzando la scansione degli elaborati è possibile correggere le prove di un elevato numero di candidati e ottenere i relativi punteggi in modo comparativo in poco tempo. In Italia l'esperienza ha dimostrato (relazione Cnsvu 2011 e altre autorevoli fonti) che esiste una forte correlazione fra il punteggio conseguito nel test e i risultati ottenuti nel corso degli studi universitari. Le prove a test non discriminano gli studenti in base a fattori legati al reddito familiare o all'ambiente sociale di provenienza e garantiscono criteri di selezione meritocratici, favorendo il raggiungimento di un sistema competitivo. Il successo delle prove di accesso a test multipli analogamente al modello Medicina è confermato anche dal fatto che per il prossimo anno accademico, 839 corsi di laurea su 4.389 (il 19%) dei corsi attivi negli atenei italiani, adotteranno una procedura di selezione a test (www.anvur.org).
(Fonte: G. Novelli, Il Messaggero 10-08-2011)
 
Per una riforma del finanziamento delle Facoltà di Medicina e Chirurgia PDF Stampa E-mail

Nel testo della legge Gelmini di riforma universitaria, all'articolo 11, dopo aver dettato criteri "virtuosi" di distribuzione dei fondi di finanziamento, si dice: «Il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tener conto delle aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta... ». Non è chiaro quali effetti possa avere questa disposizione sulle regole di distribuzione dei finanziamenti alle diverse sedi. Ma certamente il passo citato sembra consentire al Ministro di ignorare, per alcuni atenei, alcune regole per la distribuzione dei fondi di finanziamento. Le eccezioni dovrebbero essere la Sapienza di Roma, le due università di Napoli, e l'Università di Messina.

Se le facoltà di medicina godessero di autonomo finanziamento, comprendente una quota relativa all’attività assistenziale, la "quota premiale" del finanziamento di queste facoltà potrebbe essere calcolata anche in relazione a parametri di qualità dell'assistenza clinica, in competizione con altre strutture ospedaliere (e presumibilmente con il contributo del sistema sanitario nazionale). Inoltre se le facoltà di medicina avessero un autonomo bilancio, esse potrebbero essere più facilmente destinatarie di donazioni di privati. Quest'ultime costituiscono una fonte potenziale di finanziamento ancora poco sfruttata in Italia, che certamente non è altrettanto accessibile alle facoltà la cui ricerca non è così vicina alle esigenze immediate dei potenziali donatori. L'autonomia finanziaria, e cioè la separazione dei conti e degli organici della facoltà di medicina dalle altre facoltà, non esclude affatto collaborazioni scientifiche con queste ultime, e nemmeno forme federative che conservino un’unità nominale di tutte le facoltà di un ateneo. Si tratterebbe solo di arrivare a un assetto più coerente con le regole di erogazione del finanziamento statale e più capace di attingere a finanziamenti da parte di altri soggetti.

L'iniziativa per una riforma in questo senso potrebbe essere presa proprio dalla Sapienza, che dovrebbe invece resistere alla tentazione di risolvere tutto impetrando finanziamenti ad hoc ed eccezioni alle regole generali, com’è presumibilmente avvenuto nel corso della discussione parlamentare della legge di riforma avendo come effetto il passo citato all'inizio di quest’articolo.
(Fonte: A. Figà Talamanca, Il Riformista 04-08-2011)
 
I test d'ingresso a medicina PDF Stampa E-mail

Negli ultimi mesi il Miur aveva annunciato l’intenzione di sperimentare, per l’anno accademico 2011/2012, graduatorie regionali per i test d’ingresso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia. La sperimentazione poteva rappresentare un primo miglioramento dell’inefficiente meccanismo di selezione usato fino all’anno scorso in tutte le sedi universitarie, che prevedeva un test unico a livello nazionale, ma una graduatoria diversa per ogni università. In questo modo, gli studenti respinti in una sede seppure con un punteggio sufficiente per entrare in un altro ateneo, erano comunque esclusi.

Purtroppo, il meccanismo con cui a settembre 2011 saranno aggregate le graduatorie in via sperimentale per le facoltà di Medicina delle università di Trieste e di Udine e, separatamente, per le due facoltà di Medicina dell’università la Sapienza di Roma, non cambia pressoché nulla rispetto al sistema precedente. Nel decreto ministeriale del 15 giugno scorso, il Miur ha, infatti, stabilito che le graduatorie per le sedi aggregate saranno realizzate con il seguente meccanismo:

1. Gli studenti sono liberi di sostenere il test in una qualunque delle sedi aggregate (per esempio, a Udine o a Trieste);

2. Dopo la pubblicazione di una graduatoria unica, gli studenti dovranno esprimere le proprie preferenze tra gli atenei che fanno parte dell’aggregazione;

3. I posti disponibili in una facoltà di Medicina saranno poi assegnati ai migliori studenti al test che hanno espresso come prima preferenza quella data facoltà: per esempio, a Medicina a Udine entrerà prima chi ha il punteggio più alto tra chi ha segnalato Udine come prima scelta, fino a copertura dei posti, e poi eventualmente i migliori che hanno indicato Udine come seconda preferenza, se ci sono posti disponibili residui, e altrettanto accadrà a Trieste;

4. Anche in caso di “ripescaggi”, sarà data la precedenza ai migliori studenti che hanno indicato come prima scelta l’ateneo dove si saranno liberati i posti.

Cerchiamo ora di capire con un esempio il (non)senso di questo meccanismo. Per semplicità, supponiamo che ci siano quattro studenti che desiderano studiare Medicina a Udine o a Trieste e un solo posto disponibile in ciascuna di queste due università. I quattro studenti sostengono la prova in una delle due sedi, che non è necessariamente l’università dove preferirebbero iscriversi. Viene quindi pubblicata una graduatoria unica per i quattro candidati. Ipotizziamo che il primo studente in graduatoria realizzi 80 punti, il secondo 70, il terzo 60 e il quarto 50; i primi due preferiscono Udine a Trieste e gli ultimi due Trieste a Udine. A Udine sarà ammesso il primo studente nella graduatoria aggregata, mentre a Trieste entrerà quello che ha totalizzato 60 punti (cioè il terzo in graduatoria) e non invece lo studente che, pur avendo conseguito un punteggio più alto (70 punti e secondo in graduatoria), ha indicato Trieste come seconda scelta. Anche se il terzo in graduatoria decidesse di non iscriversi a Medicina e quindi si liberasse il posto a Trieste, questo sarebbe assegnato al migliore dei non ammessi la cui prima preferenza è Trieste e cioè a chi, nel nostro esempio, ha totalizzato 50 punti. In pratica, affinché il secondo in graduatoria possa studiare Medicina, è necessario che il primo in graduatoria decida di non iscriversi a Medicina o che a Trieste non s’iscriva nessuno. Pertanto, l’unica vera differenza tra il meccanismo che sarà sperimentato a settembre e il “vecchio sistema”, che continuerà a essere utilizzato in tutte le altre università, è che il primo permette di sostenere il test in un’università e di fare domanda di ammissione in un’altra sede, mentre il secondo obbliga uno studente a sostenere il test nella sede dove poi intende studiare. In sostanza si risparmia qualche biglietto del treno (ovviamente non nel caso delle due facoltà di Roma).

Il decreto ministeriale del 15 giugno introduce però una seconda novità: l’utilizzo, per ciascuna università, di un unico test per Medicina e chirurgia e per Odontoiatria e protesi dentaria. Fino all’anno scorso, l’accesso a Medicina e a Odontoiatria era decretato sulla base dei risultati di due test differenti, somministrati in due giorni consecutivi. Pertanto, chi non era ammesso a Odontoiatria, poteva sperare di iscriversi a Medicina (o viceversa) se in possesso di un punteggio adeguato nel test per Medicina. Se l’utilizzo di un unico test per entrambi i corsi di laurea sarà gestito come per la sperimentazione delle facoltà di Medicina di Udine e Trieste (il decreto ministeriale non descrive in dettaglio come ciò accadrà effettivamente), allora avremo un sicuro peggioramento: diversamente dall’anno scorso, un buon candidato respinto a Odontoiatria non potrà più iscriversi a Medicina o viceversa. Se invece, a fronte del test unico, le graduatorie per Odontoiatria e Medicina rimarranno separate e ciascun candidato, dopo aver segnalato il proprio interesse in entrambi i corsi di laurea, sarà inserito automaticamente in entrambe, allora non avremo una perdita di efficienza e torneremo in sostanza al vecchio sistema, eliminando però la necessità di somministrare due test differenti. In pratica, per capire se l’utilizzo di un unico test per Medicina e Odontoiatria comporterà solo minori spese o invece genererà anche perdite di efficienza, è necessario aspettare che il ministero descriva in dettaglio il funzionamento del meccanismo di ammissione ai due corsi di laurea. È però chiaro che il meccanismo delle graduatorie aggregate fa temere il peggio, e cioè che a entrare a Medicina e Odontoiatria non saranno i migliori in assoluto al test, ma i migliori che avranno indicato rispettivamente in Medicina e Odontoiatria la propria prima preferenza.

A parziale credito del Miur va detto che l’introduzione di una graduatoria unica per Medicina o Odontoiatria presenta una serie di problemi non banali (per esempio, tempi tecnici lunghi, problemi legali). Ciononostante, non è impossibile trovare sistemi alternativi che consentano davvero agli studenti di presentare domanda di ammissione in più sedi universitarie e che possano inoltre funzionare in tempi tecnici ristretti. Al contrario, il meccanismo di aggregazione delle graduatorie che sarà sperimentato a settembre non cambia nulla rispetto al vecchio sistema e si fa dunque fatica a capirne la ragione d’essere. Come se ciò non bastasse, l’introduzione di un test unico per Medicina e Odontoiatria potrebbe addirittura peggiorare un sistema che già ora non brilla per efficienza.
(Fonte: E. Cantoni, lavoce.info 27-07-2011)
 
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