Una riforma migliore delle riforme del passato |
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Non che non ci siano state anche cose buone (dal punto di vista della modernizzazione del Paese) fatte dai governi Berlusconi. Per esempio, se non fosse per la faziosità che acceca tanti professori, essi dovrebbero riconoscere che la riforma universitaria Gelmini, pur con i compromessi che sono stati necessari per vararla, è decisamente migliore delle pessime riforme fatte in passato dalla sinistra. Stante che il miglioramento del capitale umano è essenziale allo sviluppo, si capisce anche perché è meglio, in genere, che scuola e università siano in mano alla destra (sempre che essa sia capace, come è stato questo il caso, di scegliere un buon ministro) piuttosto che alla sinistra: a differenza della sinistra, la destra non è «ostaggio» delle corporazioni che dominano il settore dell'istruzione (capaci solo di protestare per i «tagli» mettendo la sordina sulle proprie inefficienze), è più libera di agire. (Fonte: A. Panebianco, Corsera 28-05-2011) |
Le immatricolazioni universitarie nel rapporto annuale ISTAT |
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A detta dell'Istituto di statistica, in Italia continuano a calare le immatricolazioni, dopo il picco raggiunto nel 2002-2003. Secondo la Strategia Europa 2020, il 40 per cento dei 30-34enni deve avere un'istruzione universitaria o equivalente. La media Ue è pari al 32,2 per cento e dieci paesi (tra i quali Francia e Regno Unito) hanno già superato il livello atteso. Per quanto riguarda l'Italia, il dato è sconfortante: 19,8 per cento. Il Piano nazionale delle riforme, tra l'altro, fissa l'obiettivo tra il 26 e il 27 per cento, con un incremento atteso di circa 7 punti percentuali rispetto al valore attuale. Le università italiane, però, non sono al passo con quelle di Europa, Giappone e Stati Uniti: tra le prime 100 nel mondo 75 sono distribuite in Usa, Regno Unito, Giappone e Germania, mentre per vedere apparire l'Italia occorre allargare la classifica alle prime 200, dove figura con il 2 per cento dietro Francia (3,5 per cento) e Germania (7). Le immatricolazioni, tra l'altro, continuano a calare.
Le differenze di genere appaiono consistenti a favore delle donne (24,2 per cento di laureate a fronte del 15,5 per cento dei coetanei 30-34enni) e anche la tendenza premia la componente femminile, con incrementi medi di poco inferiori al punto percentuale annuo (più del doppio della corrispondente tendenza per gli uomini).
Le differenze territoriali sono accentuate, con le regioni del Centro nelle migliori posizioni (in Umbria, Marche e Lazio più di un giovane su quattro è laureato) e quelle del Mezzogiorno nelle peggiori (particolarmente Puglia, Campania e Sicilia). Ma anche Veneto e Friuli-Venezia Giulia si collocano al di sotto della media nazionale.
Le tendenze più recenti, infine, indicano una diminuzione sia della domanda potenziale di istruzione terziaria, con un calo dei diplomati tra i 19enni, sia della domanda effettiva, misurabile dal calo delle immatricolazioni rispetto alla popolazione dei diplomati che sono sempre diminuite, segnalando l'esaurimento degli effetti positivi della riforma dei cicli universitari. (Fonte: rassegna.it 23-05-2011) |
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Immatricolati stranieri alle università italiane. Più che raddoppiati negli ultimi dieci anni |
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L’immigrazione straniera in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, è un avvenimento piuttosto recente, che ha assunto caratteri significativi solo nell’ultimo decennio. Tuttavia in questo breve arco di tempo, si è rivelato fortemente dinamico, diventando un fenomeno sociale e culturale con il quale ci siamo trovati a convivere e che sta portando una piccola rivoluzione nella nostra società. In prima linea, in questa trasformazione, si è ritrovato tutto il sistema scolastico, tra cui anche l’Università, che ha registrato e continua a registrare un aumento annuale costante di iscrizioni di studenti con cittadinanza non italiana. Infatti, dalle indagini sull’Istruzione Universitaria effettuata dal Miur, si evince che, negli ultimi dieci anni, gli immatricolati stranieri alle Università italiane sono più che raddoppiati, e le iscrizioni sono passate da 23.088 unità nell’a.a. 1998/99 a 59.515 unità nell’a.a. 2009/10, e, a quanto risulta dall’Anagrafe Nazionale degli Studenti, nel corrente anno accademico 2010/11 gli iscritti stranieri hanno superato le 60.000 unità, con un’incidenza del 3,6% sul totale della popolazione universitaria. Tuttavia è da dire, che, secondo il rapporto OCSE “Education at Glance 2010”, l’Italia resta ancora il fanalino di coda rispetto alla media Europea fissata al 7,6%: Svizzera 20,3%, Regno Unito 19,9%, Austria 18,7%, Belgio 12%, Francia 11,2%, Germania 10,9 %, Portogallo 4,9%, Grecia 4,1%, Spagna 3,9%, Italia 3%.
C’è da notare che, la mappa ‘geografica’ della presenza di studenti stranieri in Italia è, molto disomogenea; infatti, la regione che ospita più studenti con cittadinanza non italiana è la Lombardia con 12.103 studenti (il 21% sul totale studenti stranieri in Italia), seguita dall’Emilia Romagna con 7.608 studenti (13%), terzo posto per il Lazio con 7.390 studenti (12,8%), seguita dal Piemonte con 6.761 studenti (11,7%). Invece, in termini di percentuali sugli iscritti totali nella regione, al primo posto è il Trentino Alto - Adige con una percentuale di 8%, seguito da Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Umbria con il 7%, terzo posto per l’Emilia Romagna con il 6% e Lombardia con il 5%. Insomma un vero e proprio divario tra Nord e Sud, dove le regioni più popolose quali Campania e Sicilia, ospitano soltanto l’1,5% degli studenti stranieri in Italia.
I corsi che attraggono di più gli studenti stranieri sono quelli dell’area medica, cui seguono le aree economiche, sociali e umanistiche. Sono ben 125 i paesi d’origine degli studenti stranieri nella nostra Università. Ai primi posti nella classifica delle cittadinanze più rappresentate, si confermano Albania (21,5%), Cina (9,6%) e Romania (9%). Significativa è anche la presenza di studenti originari dell’Africa, che provengono soprattutto dal Camerun (4%) e dal Marocco (3%), mentre gli studenti di nazionalità europea provengono principalmente da Romania (9%), Grecia (4%), Polonia (2%) e Germania (2%). (Fonte: M. De Francesco, controcampus 31-05-2011) |
I laureati italiani 2010 migliori di quelli pre-riforma |
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I laureati italiani 2010 si confermano «migliori di quelli pre-riforma» e hanno caratteristiche simili al 2009: i risultati raggiunti con la riforma (più laureati in corso, più giovani, più stage, ma anche molti che proseguono gli studi) si vanno consolidando. Il tutto, però, con notevoli differenze tra aree disciplinari. Inoltre, cambia la rotta dei laureati-migranti per motivi di studio e lavoro che sono in aumento): non più solo da Sud a Nord, ma da Nord a oltre le Alpi. Contemporaneamente crescono, per le difficoltà economiche, i laureati che studiano nei luoghi d'origine. È quanto emerge dal tredicesimo profilo dei laureati italiani presentato oggi da Almalaurea all'università di Alghero. Migliora la riuscita negli studi: i laureati pre-riforma del 2004 conseguivano il titolo a 27,8 anni contro i 26,9 anni relativi al complesso dei laureati 2010. Un valore che migliora al netto del ritardo all'immatricolazione: per il complesso dei laureati, l'età alla laurea passa da 26,9 a 24,9 anni.
I più giovani a concludere risultano i laureati dei percorsi linguistico (24,6 anni), geo-biologico ed ingegneristico (entrambi a 24,7 anni) mentre l'età più elevata si riscontra fra i laureati dei gruppi insegnamento (28,5 anni) e giuridico (29,2).
Concludono nei tre anni previsti il 67% dei laureati delle professioni sanitarie e il 39% del chimico-farmaceutico ed economico-statistico. All'estremo opposto, restare in corso riesce possibile soltanto a 14 laureati su cento del gruppo giuridico e a 28 su cento di quello agrario. Le donne, che dal 1991 hanno superato i loro colleghi uomini a numero di immatricolazioni, sono ulteriormente aumentate e nel 2010 rappresentano oltre il 60% dei laureati.
Il profilo ha coinvolto 191.358 usciti dalle università nel 2010 (110.257 con laurea di primo livello, 53.180 con laurea specialistica/magistrale e 15.291 con laurea a ciclo unico) in uno dei 56 Atenei aderenti da almeno un anno ad AlmaLaurea. (Fonte:Il Messaggero 27-05-2011) |
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