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23 Maggio
AlmaLaurea. Secondo il Times è un modello per l'Europa PDF Stampa E-mail

Il Times di Londra lo considera un modello per le aziende di tutta Europa alla ricerca di personale altamente qualificato. Un juke-box del sapere con dentro un milione e mezzo di curricula. Aggiornati con grande frequenza, raccontano alle imprese vita, morte e miracoli dei laureati italiani. Dagli stage al voto degli esami e i viaggi all'estero passando per i primi lavori e i sogni nel cassetto. Un enorme database, messo in piedi sotto le Due Torri da AlmaLaurea, che racchiude il cursus honorum degli ex studenti di 62 Atenei italiani. Inaugurato nel lontano '94 oggi fornisce ai cacciatori di neolaureati ogni anno oltre 400 mila profili professionali nuovi di zecca compilati anche in inglese.

A ideare il consorzio negli anni Novanta è l'attuale direttore Andrea Cammelli. AlmaLaurea impiega 52 persone a tempo pieno. Ha i bilanci in regola e si finanzia con il contributo delle aziende abbonate. Ad affidarsi all'archivio di cervelli bolognese sono, infatti, oltre 4mila ditte l'anno, dalle multinazionali della meccanica agli studi professionali. Dando uno sguardo al sito si scopre che in queste ore il Cineca cerca giovani laureati in materie scientifiche. E così Bloomberg, i contabili di Ernst Young o il colosso Eni. Ma la bacheca dà uno spaccato anche delle offerte di lavoro aldilà delle Alpi. C'è chi cerca operatori sociali disposti a trasferirsi negli Usa e chi annuncia che dal prossimo settembre assumerà neolaureati tra Irlanda, Francia e Germania.

A far due conti «in dieci anni – spiega con orgoglio Cammelli – abbiamo fornito alle aziende più o meno 3,5 milioni di curricula». Anche in questo biennio di crisi «il ritmo è calato poco». E se il tasso di occupazione a un anno dalla laurea viaggia intono al 35% «un dato non certo esaltante» dopo cinque anni «si arriva all'85%, di cui il 75% con impieghi stabili».
(Fonte: La Repubblica Bologna 17-05-2011)
 
Presentata la bozza del nuovo statuto PDF Stampa E-mail

La bozza del nuovo statuto d’Ateneo è stata presentata questa mattina dal rettore Ivano Dionigi agli organi accademici. L'articolato è il risultato del lavoro della Commissione e fa seguito alle 23 audizioni che hanno coinvolto oltre 350 interlocutori. Fino al 10 giugno sarà oggetto di discussione presso tutta la comunità universitaria. Nel nuovo CDA dovrà essere garantita la presenza di almeno due donne e due uomini sugli 11 membri: in altre parole, il consiglio d’amministrazione dell’Università’ non potrà essere composto ne’ da soli uomini ne’ da sole donne.

Con le nuove regole, spiega il rettore, “il Senato accademico sarà elettivo, fortemente rappresentativo e darà gli indirizzi: è un po’ come se fosse il Parlamento”. Il CDA invece sarà nominato e sarà formato da cinque membri interni, tre esterni (selezionati in base a bandi e curricula), due rappresentanti degli studenti e il rettore.

Due gli organi accademici nuovi che saranno istituiti: la consulta del personale tecnico-amministrativo, che deve essere ancora definita perché “non deve collidere con il direttore amministrativo e con i sindacati”; la Consulta d’Ateneo con tutti gli stakeholder. Resta invece in sospeso il processo di aggregazione dei dipartimenti. “Da 70 voglio arrivare a 35 - spiega Dionigi - ma ci sono ancora sette casi che devo risolvere personalmente”. Uno di questi riguarda Medicina e anche per questo il rettore ha intenzione di vedere i ricercatori della Facoltà. In allegato allo statuto, assicura comunque il rettore, ci sarà anche il documento di identificazione di Scuole e dipartimenti.

Nel documento, spiega Dionigi, si affrontano i principi generali, le regole per scuole e dipartimenti, gli organi accademici e il multicampus. Mancano ancora, invece, le parti che riguardano l’organizzazione tecnico-amministrative dell’Università’, le regole per l’incompatibilità, tutta la sezione su biblioteche e musei, la commissione disciplinare e il garante d’Ateneo. Inoltre devono essere definite le norme transitorie per il funzionamento dell’Università tra l’approvazione definitiva del documento e l’attivazione delle nuove strutture. Entro il 10 giugno dovranno arrivare le proposte d’integrazione o emendamento alla bozza, ma già dal 6 giugno la commissione Statuto, il Senato e il CDA discuteranno “a ritmo serrato” sui nodi ancora da sciogliere.

“Ho fatto un appello alla responsabilità di tutti - riferisce il numero uno di Palazzo Poggi - non ci vogliono dilettanti allo sbaraglio, perché ne va della nostra funzione per i prossimi 20 anni. Noi siamo chiamati a traghettare l’Ateneo, lavoriamo per gli altri. Ci vuole un piccolo miracolo di responsabilità, non la banalità della polemica gratuita. Io sono anche disposto a cambiare tutto, ma solo se mi si dimostra che l’Ateneo sarà più a servizio degli studenti e della città, non delle corporazioni. Dobbiamo dare buona prova di noi, anche perché ci guardano tutti”, conclude Dionigi.
(Fonte: Il Resto del Carlino. Bologna 17-05-2011)
 
La facoltà di Medicina e Chirurgia e l’accorpamento dei dipartimenti PDF Stampa E-mail

La facoltà di Medicina ha concluso in questi giorni la fase istruttoria dell'accorpamento tra dipartimenti. Tre le ipotesi in campo, tra cui sceglierà il Senato accademico. Prevedono il passaggio dagli attuali 20 dipartimenti a 4, a 3 oppure a 2. «Un salto qualitativo forte — sottolinea il preside della facoltà Sergio Stefoni —, un ragionevole compromesso tra la rivoluzione totale e lo scarso cambiamento, al quale siamo arrivati presentandoci in maniera uniforme in quanto a numerosità e omogeneità delle strutture». Nei fatti, però, non c'è un'unica proposta. E forse non poteva neppure esserci perché per la facoltà dei camici bianchi l'aggregazione dei dipartimenti universitari è un'operazione epocale in cui vanno tenuti in conto non solo con i rapporti con il servizio sanitario nazionale ma anche il peso dei diversi gruppi di potere (clinici e pre-clinici, chirurghi e internisti solo per fare qualche esempio).

Partiamo dall'inizio. La riorganizzazione dei dipartimenti è suggerita in primis dal rettore Ivano Dionigi e poi resa necessaria dalla riforma Gelmini che proprio ai futuri dipartimenti assegna il potere: decideranno non solo sulla ricerca ma anche sulla didattica, gestiranno posti e finanziamenti. Dopo un lavoro lungo, «durato tre mesi e 10 giorni — calcola il preside —, con una decina di riunioni con i direttori di dipartimento, due conferenze di facoltà, incontri con docenti di I e II fascia e con ricercatori», giovedì mattina Stefoni ha portato le proposte di Medicina, ratificate nell'ultima riunione di facoltà, al rettore. Tre, come detto, le ipotesi: quella a quattro dipartimenti (due di Medicina e chirurgia, uno di Diagnostica e uno di Scienze neuromotorie), votata da otto dipartimenti, quella a tre (due di Medicina e chirurgia e uno di Scienze motorie), votata da quattro strutture, e quella a due (Medicina e chirurgia e Scienze neuromotorie), approvata da due. Ci sono poi sei dipartimenti che non hanno preso una posizione chiara. «I dipartimenti, gli unici titolati a farlo, hanno proposto questo ventaglio ristretto di possibilità — sintetizza Stefoni — e la facoltà ne ha preso atto. Medicina ha specificità sue che la rendono molto particolare, deve preservare la sua identità». Tutto bene quindi? Non pare. Ameno dai rumors e dai movimenti in facoltà. Alcuni docenti di prima fascia stanno facendo girare un documento, indirizzato al Senato accademico e al rettore, in cui si chiedono solo due dipartimenti: Medicina e chirurgia, che avrebbe sede al Sant'Orsola, e Scienze neuromotorie, tra Rizzoli e Bellaria. Fino a ieri il documento era stato firmato da circa 190 persone, tra cui nomi di peso della chirurgia e della medicina interna. Avrebbero firmato anche gran parte dei ginecologi, pediatri e neonatologi cui sarebbe stata negata la possibilità di formare un dipartimento Materno infantile ad hoc. Più forte di questo il partito degli oncologi ed ematologi che confluirebbero in Diagnostica, nell'ipotesi a quattro: un super dipartimento che gode dei finanziamenti della Fondazione Seragnoli e della Fondazione Carisbo per dar vita al futuro Polo oncologico (14 milioni di euro in ballo).

Si sono mossi anche i ricercatori, con un secondo documento firmato da 126, in cui chiedono al massimo tre strutture, le due Medicina e chirurgia, entrambe al Sant'Orsola, e il Neuromotorio. A caldeggiare i due dipartimenti di medicina al Sant'Orsola sarebbe anche il partito dei padri. Ovvero coloro che hanno figli che lavorano al Sant'Orsola. La legge Gelmini, infatti, impedisce che, per le chiamate nei concorsi, nello stesso dipartimento ci siano due persone imparentate fino al quarto grado. Un unico dipartimento provocherebbe quindi un terremoto. La patata bollente passa ora in via Zamboni 33. Saranno il Senato e il Rettore a decidere.
(Fonte: M. Amaduzzi, Il Corriere di Bologna 18-05-2011)
 
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