Home 2011 23 Maggio
23 Maggio
Un corso insegna a progettare i prodotti per smartphone PDF Stampa E-mail

Insegna in dodici lezioni come realizzare le App per smartphone e per i tablet. Il corso dell'università di Pisa è diventato in poche settimane è diventato uno dei più scaricati su iTunesU Italia. Il prof in cattedra è un esperto del Cnr. Un successo inaspettato quello delle lezioni di "Sviluppo di applicazioni per iOS" organizzato dal dipartimento di Informatica dell'Università di Pisa, in collaborazione con Data Port Apple Solution Expert e frequentato "in aula" da 60 studenti. Molti di più, 4.000 nell'ultimo mese quelli che hanno scaricato gratuitamente "online" le 12 lezioni collegandosi alla pagina iTunesU dell'ateneo toscano. Il professor Goran Djukic del Cnr aiuta gli appassionati a trasformarsi in sviluppatori di applicazioni per iPhone, iPod touch e iPad, con focus specifici su linguaggio, interfaccia e design. Si tratta di una fra le prime iniziative del genere in Italia che segue il percorso avviato dall'università americana di Stanford, la prima a organizzare un corso specifico per la creazione di "App" per il sistema operativo della Apple, rendendolo disponibile sulla piattaforma iTunesU.

Il successo del corso dell'Università di Pisa, la cui responsabile è la professoressa Maria Simi, ha indotto il dipartimento di Informatica a decidere l'attivazione di un master per progettare App su smartphone e su sistemi che utilizzano Android.

"In questi mesi ci hanno contattato decine di aziende interessate a queste figure professionali - spiega Maria Sini docente di web design e d’intelligenza artificiale - e moltissimi studenti. C'è un enorme interesse verso lo sviluppo di questi prodotti e come università abbiamo pensato di dare l'opportunità a chi fosse interessato e non ha potuto seguire il corso in aula, di scaricarlo tramite iTunes". Gli studenti dell'ateneo pisano a giugno presenteranno ciascuno la propria App progettata.
(Fonte: L. Montanari, La Repubblica.it Firenze 19-05-2011)
 
Il 7° rapporto UE sui sistemi d’istruzione dei paesi membri PDF Stampa E-mail

È stato presentato lo scorso 19 aprile a Bruxelles il 7° Rapporto annuale dell'Unione europea sui sistemi d'istruzione dei Paesi membri. Dieci anni dopo gli obiettivi fissati a Lisbona e meno di dieci prima della scadenza della Strategia Europa 2020, il Rapporto ha fatto il punto sullo stato di avanzamento delle riforme nell'ambito dell'istruzione e della formazione professionale nei 27 paesi UE più Croazia, Macedonia, Islanda, Turchia, Norvegia e Liechtenstein.

Per quanto concerne l'istruzione universitaria, è abbastanza prossimo alla realizzazione l'obiettivo che fissa al 40% la quota di laureati nella popolazione in età 30-34 anni: in realtà già nel 2009 undici Paesi (Irlanda, Danimarca, Lussemburgo, Finlandia, Cipro, Svezia, Francia, Belgio, Regno Unito, Lituania e Paesi Bassi) avevano raggiunto tale risultato. L'Italia, nonostante sia quasi riuscita a raddoppiare nel decennio la qualificazione della popolazione adulta (passata dall'11,6% del 2000 al 19% del 2009), è ancora lontana dal traguardo e figura agli ultimi posti dell'ideale graduatoria così come si posiziona in basso anche a proposito degli indicatori che misurano lo stato attuativo del Processo di Bologna (degree system, quality assurance e riconoscimento accademico). La mobilità studentesca è in aumento, ma non è ancora un'opportunità per tutti: poco sviluppata a livello d'istruzione professionale, lo è molto di più a livello universitario per effetto del Programma Erasmus, dell'Azione Marie Curie e dei programmi bilaterali. Gli studenti dei 27 paesi europei che nel 2008 hanno scelto di compiere gli studi superiori al di fuori dei confini nazionali si sono distribuiti negli Usa (18,7%), nel Regno Unito (10%), in Australia (6,9%), in Canada (5,5%), in Russia (4,3%) e nei restanti paesi europei (in Italia il 2%). In crescita il numero degli studenti indiani (43.000 unità) e cinesi (116.000 unità) che preferiscono le università europee. In media la spesa pubblica europea complessiva per l'istruzione è stata piuttosto stazionaria rispetto all'inizio del decennio (4,98% del Pil, in Italia 4,29%), più alta di quella del Giappone (3,5%), ma più bassa rispetto agli Usa (5,3%). Usa e Giappone dispongono, al contrario dell'Europa, di un solido sistema di finanziamenti privati tanto è vero che, secondo il Rapporto, i 27 paesi europei avrebbero bisogno di investire annualmente più di 10 mila euro per studente (pari a una spesa complessiva di almeno 200 miliardi di euro l'anno) per raggiungere il livello statunitense.

Leggi il comunicato stampa sul sito dell'Unione europea.
(Fonte: M.L. Marino, rivistauniversitas 12-05-2011)
 
Nella classifica delle migliori università britanniche Cambridge batte Oxford PDF Stampa E-mail
Non è un riferimento all’annuale gara di canottaggio, bensì all’University Guide, l’annuale classifica delle migliori università britanniche (che sono poi fra le migliori d’Europa), compilata dal quotidiano Guardian di Londra. Dopo sei anni di dominio di Oxford, nella graduatoria 2011-2012 Cambridge balza in testa: qualcuno sostiene che le due storiche università sono in realtà una cosa sola, “Oxbridge”, ma tra loro la rivalità per il primato accademico rimane accesa. Per tutti quelli che vogliono, sperano o sognano di mandare i figli a studiare da queste parti (purtroppo non più a buon prezzo: le iscrizioni possono ora arrivare fino a 9 mila sterline l’anno, circa 11 mila euro), ecco la classifica delle prime venti: 1.Cambridge, 2.Oxford, 3.St Andrews (l’università dove si sono conosciuti William e Kate), 4.London School of Economics, 5.UCL, 6.Warwick, 7.Lancaster, 8.Durham, 9.Loughborough, 10.Imperial College, 11.Exeter, 12.Sussex, 13.Soas, 14.Bath, 15.York, 16.Edimburgh, 17.Leicester, 18.Uea, 19.Nottingham, 20.Surrey.
(Fonte: E. Franceschini, Repubblica.it blog 18-05-2011)
 
Critiche alle classificazioni internazionali degli atenei PDF Stampa E-mail

Dai due lati dell'Atlantico si riaccende la discussione sulla valutazione delle università. Il Times Higher Education pubblica la graduatoria 2011 delle università del mondo, fornita dal data provider Thomson Reuters sulla base del "largest global survey of academic opinion" di 13mila personalità. In realtà Reuters usa anche altri criteri meno opinabili delle opinioni (aree disponibili, rapporto numerico docenti studenti, eccetera). Continua però a mancare un parametro oggettivo importante per i paesi meno ricchi e per l'Italia: la quantità di risorse finanziarie pubbliche e di privati sostenitori di cui le università dispongono.

Negli Stati Uniti, Washington Monthly e Community College Survey of Student Engagement rafforzano e tarano i criteri già sperimentati che sconvolgono le graduatorie di Reuters o di Shanghai: raccogliere le notizie (oggettive) sui processi di formazione, sullo studio e l’effettiva  oflife degli studenti. Sul País, José Luis Pardo Torto, filosofo e saggista spagnolo, punta il dito contro i criteri di "eccellenza" da supermercato usati nei ranking delle università che lasciano fuori la storia, il prestigio secolare di Oxford, Harvard o Sorbona. Non si discute l'opportunità di valutare e, se può servire, graduare. Si chiedono migliori criteri adatti al complesso processo di elaborazione della conoscenza e formazione di nuove leve.
(Fonte: T. De Mauro, Internazionale 19-05-2011)
 
Formazione executive «su misura». Due università italiane in evidenza PDF Stampa E-mail
Due le università italiane nel ranking Financial Times (Ft) dei migliori programmi al mondo di formazione executive «su misura», ossia l'offerta formativa progettata dalle scuole di management congiuntamente con le aziende clienti ed erogata ai manager delle imprese stesse. Si aggiudica, infatti, il 37° posto nella classifica mondiale la Sda Bocconi (14° in Europa) e il 40° la School of management del Politecnico di Milano (16° in Europa). Per il secondo anno consecutivo il primo posto va, invece, alla Duke corporate education, università statunitense con campus in Sud Africa, Regno Unito e India. Secondo posto alla francese Hec Paris, e terzo alla brasiliana Fundagao dom Cabral che nel 2011 sale di cinque posizioni. La classifica, redatta ogni anno, dal quotidiano inglese si basa su 15 parametri: preparazione; design del programma; metodi e materiali di insegnamento; corpo docente; nuove competenze e materiali; follow up; obiettivi raggiunti; strutture; rapporto qualità prezzo; uso futuro; clienti internazionali; partecipanti internazionali; programmi internazionali; scuole partner; diversità del corpo docente. Quella del Politecnico di Milano è la prima scuola italiana per molti criteri, tra cui: collaborazione con le aziende nella progettazione dei corsi, obiettivi raggiunti dalle aziende e dai partecipanti, corpo docente, metodi di insegnamento. Alla voce «follow up» (ovvero la continua interazione della scuola con i partecipanti dopo il corso), si colloca addirittura al 7° posto al mondo, davanti a scuole quali Duke corporate education, London business school, Harvard business school, Esade, Boston university school of management, Insead, Wharton, Cranfield, Kellog.
(Fonte: ItaliaOggi 16-05-2011)
 
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