Home 2011 8 Maggio
8 Maggio
Università telematiche PDF Stampa E-mail

Le università telematiche italiane non fanno squadra, ciascuna fa il proprio gioco, una vera e propria corsa alla massimizzazione degli iscritti a spese delle altre telematiche, stringendo accordi con sindacati, enti, ordini professionali e concedendo vantaggi agli iscritti.

Se guardiamo più da vicino le università telematiche, ci accorgiamo che la scarsa propensione di iscritti dipende anche dal “brutto” esempio che hanno dato in passato gli atenei telematici, non dimentichiamoci che prima del 2006 le telematiche hanno sfornato centinaia di laureati "precoci", che erano riusciti a strappare in pochi mesi una triennale grazie a un riconoscimento di crediti formativi molto "generoso". Una realtà, quella italiana, che si discosta da quella spagnola o inglese, che risultano in un’organizzazione compatta e ben funzionante. La nostra si traduce invece in tante piccoli istituti a scopo di lucro. Si diventa dottori in tempi brevissimi, si ottengono titoli in tutto e per tutto uguali a quelli conseguiti in modo tradizionale in termini di concorsi, punteggi e avanzamento di carriera. L’unica differenza è, ovviamente, la qualità dell’istruzione ricevuta. Ma per la nostra società questo non sembra essere un problema.

Fortunatamente nel 2006 il ministero ha dato il via a un "tetto dei crediti”, un atto dovuto visto che nei primi anni di attività, in completa assenza di paletti e con assoluta discrezionalità, si otteneva il massimo risultato con il minimo sforzo, dato che il titolo conseguito aveva e ha pieno valore legale. Ma spezziamo adesso una lancia a favore. "Uninettuno", l’Università Telematica Internazionale è l’unica ad aver ottenuto un risultato positivo alle visite ispettive del Cnvsu (Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario). Il ministro Maria Stella Gelmini dal canto suo promette che "è in arrivo un nuovo regolamento che finalmente metterà ordine anche in questo settore" perché "sono necessarie regole certe, affidabili e improntate al massimo rigore".
(Fonte: Controcampus 26-04-2011)
 
Un nuovo modello per la pianificazione strategica in università PDF Stampa E-mail

In tutti i principali Paesi del mondo le università attraversano un periodo di forte trasformazione, le cui ragioni profonde vanno ricercate essenzialmente in due fenomeni. Primo. La tendenza verso una più agguerrita competizione tra imprese e tra sistemi territoriali differenti genera una maggiore pressione sulle università cui, in poche parole, si chiederà sempre di più in termini qualitativi e quantitativi. sia nella formazione sia nella ricerca. Secondo. Tutto ciò avverrà in una dimensione globalizzata. E cioè in un grande mercato della conoscenza in cui le barriere territoriali non necessariamente proteggeranno gli attori locali. Non deve stupire ad esempio che la New York University apra una propria struttura ad Abu Dhabi, o che sei università nord americane avviino iniziative specifiche in paesi come il Qatar, o ancora che quasi tutte le università occidentali abbiano accordi di collaborazione con università cinesi o indiane.

Si propone alle università un modello per progettare la loro specifica strategia, perché ogni singola università dovrà diventare, se già non lo é, un attore strategico in grado di fronteggiare con competenza e consapevolezza il contesto competitivo. Il passaggio è epocale e nei fatti va ben oltre le università, poiché interessa e coinvolge direttamente il tessuto economico di ciascun territorio e, in primo luogo, le imprese e le relative associazioni imprenditoriali. Infatti, nello scenario che si sta delineando, la posta in gioco è così alta che l'avvicinamento tra università e sistema produttivo non può limitarsi a un incontro, pur fondamentale, tra domanda e offerta di servizi avanzati, ma deve spingersi oltre, verso una partecipazione attiva delle imprese nella definizione di alcune scelte di fondo, che troveranno appunto nella pianificazione strategica la loro espressione e sintesi.

In Italia si è ancora in una fase iniziale, ma già si vedono alcune realtà già operative sul territorio. Anche nel mondo delle università statali come ad esempio a Vicenza il Polo Scientifico didattico "Studi sull'Impresa", fondato dall'Università degli Studi di Verona insieme alla Fondazione Studi Universitari di Vicenza, nel quale il governo è affidato ad un Comitato di coordinamento in cui siedono universitari e rappresentanti del territorio. La sfida che i sistemi universitari nazionali devono oggi affrontare è molto impegnativa, perché, in ultima analisi, e la sfida che investe i Paesi in quanto sistemi complessi: dare un senso al futuro e creare la conoscenza, a tutti i livelli, per procedere nella direzione scelta. Ma se ciò può sembrare altisonante, non va dimenticato che la qualità strategica delle università impatta direttamente sulle imprese, perché contribuisce (bene o male) allo sviluppo delle conoscenze e delle capacità di innovazione: e tutto ciò è destinato ad avere effetti significativi sulla produttività dell'intero sistema economico.

Un recente studio. commissionalo dalla CRUI a TEH-Ambrosetti, ha stimato che se il gap di produttività con i principali Paesi concorrenti (ad esempio la Francia) fosse colmato anche parzialmente, l'impatto positivo per l'Italia si tradurrebbe in una crescita aggiuntiva cumulata equivalente a oltre 11 punti di Pil potenziale (rispetto al Pil potenziale di partenza nel 2009), che a valori del 2009 corrisponde a oltre 15 miliardi di Euro. La singola istituzione universitaria sarà chiamata, pur all'interno di cornici legislative, a compiere scelte su ciò che intende diventare e su come ritiene possibile realizzare i proprio obiettivi. Fare strategia significa per l'appunto scegliere cosa raggiungere e come, in un contesto di tipo competitivo. Occorre innanzitutto acquisire questa consapevolezza: quando la pressione competitiva aumenta, e questo e il caso, la risposta non può che essere strategica. Contestualmente è necessario compiere un ulteriore sforzo. Le strategie possono essere buone o cattive, stupide e intelligenti, vincenti o perdenti, secondo la qualità di chi le elabora. Detto ciò, le strategie andrebbero progettate secondo alcuni criteri che possiamo definire di tipo tecnico, il cui compito consiste nel massimizzare la probabilità che le scelte assunte siano corrette e che l'organizzazione sia in grado di realizzarle. Gestire un processo di elaborazione strategica richiede, oltre che consapevolezza, anche conoscenza tecnica ed esperienza, mentre è ben chiaro il pericolo costituito da improvvisazione o disordine metodologico.

(Fonte: A. Beretta Zanoni e P. Borzatta, HarvardBusiness 31-05-2011)
 
Piano strategico. Missione e visione in università PDF Stampa E-mail
(Fonte: HarvardBusiness 31-05-2011)

 
Titolo di studio elevato e formazione universitaria nella ricerca del posto di lavoro PDF Stampa E-mail
Il futuro guarda ancora alla formazione universitaria e post laurea: solo chi sarà in possesso di qualifiche alte riuscirà nei prossimi dieci anni a trovare un impiego ben remunerato e con buone prospettive di crescita futura. Questo è il dato principale emerso dal Rapporto Il lavoro che verrà, a cura del Forum Internazionale dei Giovani (YIF) e presentato durante il convegno iniziale della terza edizione del Forum, svoltosi a Roma dall'11 al 13 aprile. Il Rapporto si basa sui dati del Cedefop ed Eurostat relativi al 2010. Dai dati in esso contenuti si evidenzia come la crisi economica abbia comportato un aumento della disponibilità di lavoro nel settore dei servizi, a scapito dell'attività manifatturiera primaria e di base. Un ruolo chiave avranno la formazione e l'aggiornamento di qualifiche, competenze e conoscenze, considerato che la forza lavoro in aumento è quella relativa alla fascia tra i 45 e i 64 anni. Per adesso in Italia tali attività non godono di un'alta considerazione: nel 2010, solo il 9,5% della forza lavoro tra i 25 e i 64 anni ha intrapreso attività di formazione, contro un benchmark europeo del 12,5%. Il suggerimento che ne deriva è che migliore sarà la formazione e più alto sarà di conseguenza il livello di benessere. (22-04-2011 Fonte)
 
Il calo delle iscrizioni all’università e l’aumento della disoccupazione nel sud Italia PDF Stampa E-mail
La Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno) ha pubblicato un paper redatto da un proprio ricercatore (Giuseppe Provenzano) dal titolo "Le nuove generazioni: «frontiera» tra opportunità e declino. Analisi e proposte a partire da Sud". Nel rapporto viene indicato come la crisi abbia influito sul mercato del lavoro meridionale, penalizzando i giovani a formazione elevata e interrompendo il processo di crescita della scolarizzazione, soprattutto universitaria. L'indagine riguarda i giovani tra i 15 e i 35 anni ed evidenzia come la penalizzazione delle giovani generazioni del Sud derivi dalla forte riduzione delle iscrizioni alle Università, dalla crescita del precariato e dall'aumento dell'inoccupazione giovanile.
(19-04-2011 Fonte)

 
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