Home 2011 28 Marzo
28 Marzo
Deregulation del dottorato senza borsa PDF Stampa E-mail
Sarà presto realtà: cade il vincolo di copertura con borsa "di almeno il 50% dei posti banditi". Questo l'orientamento emerso durante l’incontro che il ministro Mariastella Gelmini e alcuni dirigenti del Miur hanno avuto con una delegazione del Cnsu (Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari) e dell'Adi (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani). Mentre del regolamento interpretativo ministeriale annunciato come imminente ormai da quasi due mesi ancora non c'è traccia. Sul punto più controverso della Legge 240/2010 di Riforma dell'Università - quello sulla corretta interpretazione dell'articolo 19, comma 1, lettera b) relativo alle borse di dottorato - la presa di posizione comunicata dal Miur è netta: non ci sarà più alcun limite numerico al dottorato senza borsa. Su questo punto, l'interpretazione autentica della legge non lascia adito a dubbi e dà "mano libera" agli atenei: potranno bandire i nuovi dottorati, decidendo senza alcun vincolo il rapporto tra numero di posti con borsa e senza borsa. Come certifica l'ultimo Rapporto del Cnvsu, la condizione di "senza borsa" riguarda ancora il 39,3% dei dottorandi che hanno vinto il concorso nel 2008. Su queste basi appare evidente che nei prossimi anni si andrà verso una proliferazione di questa figura.
(Fonte: M. Massimo, La Repubblica.it Scuola 25-03-2011)
 
Limiti alla autorizzazione alla frequenza dei dottorati PDF Stampa E-mail
Circolare ministeriale del 22-02-2011
 
Borse post doc e assegni di ricerca per stranieri PDF Stampa E-mail
L’articolo 18, comma 5 della legge 240/10 cancella tutte le borse tranne gli assegni di ricerca. Le borse post doc sono indispensabili per favorire lo scambio con l’estero. Ma ora, non potendo offrire posizioni di questo tipo, per un ateneo diventa più difficile attrarre studenti da fuori. La legge spiega che si possono fare se le università straniere o chi per esse finanzia la borsa. Ma è un sistema inutilizzabile perché demanda a regole scritte nei bandi. In genere gli atenei stranieri, per non dover emettere un bando specifico per ogni Paese, si affidano ai regolamenti, e quindi all’articolo 5. Anche per gli assegni di ricerca la strada appare poco percorribile per gli stranieri: vanno bene per gli italiani, ma comportando una trattenuta del 30% in gestione separata – quindi al di fuori dell’Inps – gli stranieri non hanno alcun interesse a versare contributi pensionistici che non possono recuperare. Già fatichiamo a tenere i nostri, fuori c’è un mercato, ora non possiamo neppure ricevere dall’estero. Eppure il post doc è un ruolo previsto in tutte le università occidentali, noi lo abroghiamo.
(Fonte: La Repubblica Parma 24-03-2011)
 
I nuovi dipartimenti PDF Stampa E-mail
I dipartimenti, oltre che della ricerca, dovranno farsi carico dello svolgimento delle attività di formazione fin qui gestite dalle facoltà attraverso i corsi di studio. Questa convergenza richiederà una profonda riorganizzazione dei processi (accoglienza studenti, attività di segreteria, piani di studio, ecc.) e in parte dei luoghi (laboratori, biblioteche, aule ecc.) attualmente gestiti in maniera separata e distinta dalle strutture didattiche e di ricerca. La conseguente riconfigurazione gestionale, soprattutto nei mega atenei, avrà un impatto non indifferente sull'organizzazione del lavoro del personale tecnico e amministrativo oltre che dei docenti. I dipartimenti saranno cosa ben diversa da quelli attuali. La confluenza della didattica e della ricerca porterà nei dipartimenti anche il budget del personale docente. Si potrà così superare l’attuale stravaganza di "posti" banditi dalle facoltà sulla base delle esigenze didattiche mentre i luoghi di afferenza univoca e di ricerca sono i dipartimenti. Il dualismo dipartimento-facoltà/ricerca-didattica è un po' all'origine di molti dei problemi dell'Università, non ultimo quello della valutazione della didattica e della ricerca.
(Fonte: D. Braga, Il Sole 24 Ore 21-03-2011)
 
La riorganizzazione dipartimentale PDF Stampa E-mail

In alcune aree la dipartimentalizzazione ha creato strutture alternative alle facoltà, con una tendenziale prevalenza dei dipartimenti, anche rispetto a competenze didattiche che non spettavano loro. In altre aree, i dipartimenti sono rimasti, essenzialmente, “istituti” (spesso dopo la scomposizione di istituti “seminariali”), subordinati alle facoltà anche sul piano delle politiche scientifiche.

La cancellazione per legge delle facoltà elimina il problema della duplicazione funzionale. Resta il problema della riorganizzazione dipartimentale in coerenza con le funzioni attribuite. La legge prescrive che i nuovi dipartimenti organizzino la ricerca e la didattica, ma non prevede gerarchie tra le due attività: le esigenze didattiche, e quindi l'organizzazione/riorganizzazione dei corsi di laurea, non possono essere tenute in secondo piano nella progettazione. Si tratta di garantire strutture di dimensioni significative e omogenee per aggregazione scientifico-didattica. La norma dell’art. 2, 2° c, lett. a) e b) l. 240/2010, apparentemente, cambia molto poco rispetto all’omologa norma dell’art. 83 del dpr 382/80: l’omogeneità era richiesta nella seconda, come è richiesta, oggi, nella prima; la fissazione della numerosità minima era devoluta al CUN nella seconda, è fissata per legge nella prima. Si può forse affermare che la legge, fissando un numero minimo particolarmente elevato rispetto all’esperienza, ha introdotto un’innovazione molto più significativa di quanto non appaia a prima vista. La previsione di un numero significativo impone una profonda revisione delle ragioni di aggregazione e responsabilizza rispetto alle funzioni didattiche direttamente attribuite al dipartimento.

La norma deve essere letta in tutta la sua portata innovativa: i dipartimenti dovranno essere costituiti con consistenza e composizione scientifica tali da garantire l’integrale assunzione delle responsabilità della didattica e della “combinazione” (art. 1, l. 240/2010) con la ricerca. Il legislatore ha ritenuto necessaria la “combinazione” di didattica e ricerca all’interno di ciascun dipartimento, ha ritenuto eccezionale la “combinazione” esterna ai dipartimenti in strutture di coordinamento, limitandone espressamente il numero massimo. Si può dire che nella legge è prevista la possibilità di differenziare l’articolazione interna degli atenei secondo due modelli:

a) il dipartimento tipico che integra al suo interno didattica e ricerca, sulla base di una “omogeneità ordinaria” correlata agli obiettivi didattici e, quindi, alle caratteristiche dei corsi di studio gestiti;

b) il dipartimento caratterizzato da “omogeneità ristretta”, qualificato dall’aggregazione interna tra settori “affini” e dal coordinamento esterno per concorrere alle funzioni didattiche.
(Fonte: G. Vecchio, Step1 01-03-2011)
 
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