Il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) potrebbe avere presto un nuovo statuto. Il consiglio di amministrazione del più grande ente di ricerca italiano è tornato a riunirsi per analizzare le osservazioni che il ministro Gelmini ha formulato sulla bozza approvata il 9 agosto scorso. Il parere inviato a fine ottobre dal ministero prevede che la nomina del direttore generale dell'ente, cioè del custode della sua gestione giuridica e amministrativa, sia affidata al ministero. Essa dovrebbe avvenire fuori da ogni procedura concorsuale, sorvolando sulle esigenze della comunità scientifica cui sarà sottratto anche il controllo sui progetti di ricerca e sulle risorse reperite a livello nazionale e internazionale (il 50% di un bilancio annuale di 1,1 miliardi di euro). Nello statuto è inoltre stabilita la riduzione dei dipartimenti da undici a sette e quella degli oltre cento istituti - anche se il ministero non ha ancora comunicato il numero esatto. La logica di questi accorpamenti è dettata da esigenze di bilancio. Il nuovo assetto del CNR che entrerà in vigore nel 2011 trova un riscontro in altri paesi europei come la Francia. Il governo Sarkozy ha, infatti, imposto al CNRS, l'analogo transalpino del CNR, una riorganizzazione della governance scientifica in senso manageriale. In Italia il CNR dovrà rispettare una norma che vincola il costo del personale al 75% del fondo ordinario di finanziamento di 550 milioni che lo Stato eroga ogni anno. (Ro. Ci., Il Manifesto 11-11-2010) |
La forma di valutazione della ricerca più usata nel mondo |
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La forma di valutazione della ricerca che più è usata nel mondo, anche per i finanziamenti, è quella preordinata alla selezione di specifici progetti di ricerca proposti dalla stessa comunità scientifica (singoli, gruppi, o reti di gruppi di varie istituzioni), ed effettuata tipicamente da appositi enti pubblici istituiti a tale scopo, o anche da privati, come le fondazioni. Basta solo visitare i siti internet di queste agenzie per rendersi conto che è lì che si giocano le partite importanti per identificare i buoni ricercatori e la buona ricerca. E’ con la previsione di numerosi e ben dotati programmi di finanziamento su progetti, nella loro concezione e nella loro gestione, che s’interviene per valutare e sostenere la ricerca di qualità, ovunque si trovi. I Research Councils britannici, la DFG e la Fraunhofer tedesche, l’ANR francese, i NIH e la NSF statunitensi, sono tutti esempi classici o recenti di agenzie di finanziamento della ricerca - condotta poi materialmente da Università, enti pubblici e privati, imprese - su progetto. Per selezionare i migliori progetti per ciascuna tipologia di finanziamento si ricorre a procedure di valutazione che fanno quasi sempre ricorso a giudizi esperti di scienziati, colleghi dei proponenti (responsabili e/o esecutori dei progetti). Tali ricercatori agiscono da arbitri e valutatori per questi veri e propri “concorsi d’idee”, e determinano quindi, in una forma o in un’altra, l’assegnazione d’ingenti quantità di denaro all’interno delle diverse comunità scientifiche di riferimento. Si tratta, né più né meno, di un’estensione funzionale del processo di revisione tra pari che ha luogo nelle decisioni editoriali relative alla pubblicazione di articoli, saggi monografici, atti di convegni, ecc. e che realizza quel controllo di qualità che una comunità di ricerca esercita su se stessa per mantenere degli standard scientifici appropriati alla disciplina, giudicando ciò che è buono o meno buono secondo canoni opportunamente formalizzati in base allo specifico programma. (http://cronaca.anvur.it/2010/11/come-ti-vedo-e-rivedo-la-ricerca.html 11-11-2010) |
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La valutazione comparativa della ricerca nell’ambito delle scienze umanistiche |
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Sotto la denominazione di scienze umanistiche di seguito saranno intese: Filosofia, Lingue, Scienze Letterarie, Storia, Scienze Teologiche, Etnologiche, Scienze dei Media, dell’Arte, del Teatro e della Musica. Questo corrisponde nella categorizzazione dell’ente statale statistico ai due settori di Lingue, Scienze dell’Arte e Scienze Culturali (eccetto Psicologia e Scienze dell’Educazione e Pedagogiche). All’interno di queste discipline si possono distinguere diverse prassi di ricerca: storico-ermeneutiche, empiriche e logico-sistematiche. Le differenze tra le singole prassi di ricerca non si manifestano solo nei metodi adottati, ma anche nel come i risultati della ricerca sono descritti e comunicati. In particolare differiscono nelle prassi di pubblicazione. Infatti, nelle discipline storico-ermeneutiche e logico-sistematiche, la monografia di un autore singolo costituisce la più importante forma di pubblicazione. Nei campi di ricerca empirici, invece, sono gli articoli in riviste internazionali, spesso redatti con diversi collaboratori, che hanno più rilevanza. L’esistenza di queste differenze, e le conseguenti discrepanze per quanto riguarda l’importanza dei singoli criteri di valutazione, devono essere presi in considerazione nella valutazione della ricerca nell’ambito delle scienze umanistiche.
Raccomandazioni relative ai presupposti generali per la valutazione della ricerca nell’ambito delle scienze umanistiche nel testo integrale all’url http://www.professoriassociati.it/?p=238/ (13-11-2010) |
Indicatori bibliometrici per le scienze sociali |
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Se per le scienze naturali e la medicina gli indicatori bibliometrici sono riconosciuti – pur con qualche voce dissenziente – e il dibattito ruota attorno al loro affinamento, nelle scienze umane e sociali il riconoscimento stesso degli indicatori bibliometrici è oggetto di dibattito. È messa in questione la validità dei grossolani indicatori utilizzati ma soprattutto l’attendibilità delle basi dati, troppo opache o inadatte a cogliere una produzione scientifica che passa più attraverso i libri che attraverso le riviste ed è in gran parte a carattere nazionale. Di là da queste condivisibili valutazioni ex ante, sono pochi i lavori empirici che hanno cercato di verificare le effettive ripercussioni di questo stato di cose sulla possibilità di utilizzare indicatori bibliometrici nelle scienze sociali e gli eventuali accorgimenti utili a tale scopo. È proprio in tale direzione che si muoverà questo working paper cercando, a partire da un caso di studio ben definito, di raccogliere il maggior numero possibile di appropriati indicatori bibliometrici per studiarne l’attendibilità e la validità. (F. Biolcati-Rinaldi, v. all’url http://www.sociol.unimi.it/papers/2010-02-09_Ferruccio%20biolcati-Rinaldi.pdf) |
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