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01 Settembre
L’annuale classifica mondiale delle università (Academic Ranking of World Universities) PDF Stampa E-mail

Tra le cento università migliori al mondo nella ricerca non ce n’è neppure una italiana. Almeno secondo quanto rivela l’annuale classifica stilata dall’ateneo Jiao Tong di Shanghai (l’Academic ranking of world universities, Arwu) che è già stata anticipata ai media. Tra le cinquecento realtà al top per incontrarne una del Belpaese bisogna superare la numero cento: la Statale di Milano, Pisa e la Sapienza di Roma si collocano tutte e tre fra la 101esima e la 150esima posizione. Tra la 151esima e la 200esima c’è Padova. Fra il posto 201 e il 300 figurano il Politecnico di Milano, Bologna, Firenze, Torino. La Normale di Pisa, l’ateneo di Genova, quello di Napoli Federico II, Palermo e un’altra romana, Tor Vergata, sono tra la posizione 301 e la 400. Ancora più giù, verso la coda del ranking cinese, tra i posti 401 e 500 ci sono l’università del Sacro Cuore, il Politecnico di Torino, l’università di Bari, quella di Ferrara, Milano-Bicocca, Parma, Pavia, Perugia e Siena. A conti fatti, comunque, l’Italia piazza nella nota classifica ben ventidue atenei, quanto la Francia. Alcuni, come il Politecnico di Torino, le università di Bari, Parma, Perugia, sono in risalita. Anche se il vero salto verso l’alto lo fa Tor Vergata, che passa dalla fascia tra la posizione 402 e 501 del 2009 a quella fra il posto 300 e 400. Una scalata. Ferrara scende. Le prime tre università restano sostanzialmente stabili come posizione a livello mondiale ed europeo. In testa alla classifica cinese c’è il trio di colossi americani formato da Harvard (che primeggia da otto anni), Berkeley e Stanford, che si classificano nella stessa sequenza anche a livello nazionale. Il podio presenta comunque una piccola novità: Berkeley sorpassa Stanford.

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Riserve sulla classificazione presentata dall´Academic Ranking of World Universities PDF Stampa E-mail

La graduatoria stilata ogni anno dall´Institute of Higher Education dell´ateneo Jiao Tong di Shanghai è una delle più note insieme a quella del Times Higher Education, la rivista londinese specializzata nel mondo accademico: la lista comprende cinquecento università scelte in base a indicatori di qualità come il numero di riconoscimenti internazionali e le pubblicazioni.
Per trovare un’università italiana, tra quelle presentate dall´Academic Ranking of World Universities (ARWU) di Shanghai, bisogna scendere al 136esimo posto, dove compare la Statale di Milano. Seguono Pisa e la Sapienza di Roma, rispettivamente ai posti 140 e 141.

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Perchè bisogna poter valutare la ricerca PDF Stampa E-mail

Il sapere si scontra col potere; il potere plasma il sapere; e lo stesso sapere veicola in sé varie forme di potere. Nulla di nuovo, certo; ma il tema sta tornando prepotentemente alla ribalta sotto la rubrica "valutazione della ricerca scientifica", all´ordine del giorno sia per l´inizio di un nuovo ciclo di valutazione nazionale (2004-2008) per opera del Civr (un comitato ministeriale), sia per l´istituzione di un´Agenzia nazionale di valutazione (Anvur) che sostituisce il Civr con poteri e finalità più estese, sia infine per il ruolo che la riforma universitaria attribuisce alla valutazione, in termini di finanziamento degli Atenei, dei progetti di ricerca e perfino di retribuzione dei docenti.

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Nel Regno Unito, la valutazione e il finanziamento sono separati PDF Stampa E-mail
Per la valutazione della ricerca un paese “virtuoso” è il Regno Unito, con il suo RAE (Research Assessment Exercise). Nel Regno Unito, la valutazione e il finanziamento sono separati. Il RAE valuta separatamente ogni dipartimento di ogni università.
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Quanto valgono la ricerca e l’università italiana? PDF Stampa E-mail
Negli ultimi anni c’è stata una sistematica denigrazione dell’università e della ricerca in Italia. L’argomento è che entrambe sono mediocri o pessime. Alcuni, con un certo spregio del pericolo, hanno anche sostenuto che questa mediocrità è anche più grave in quanto “la spesa italiana per studente universitario è la più alta del mondo dopo USA, Svizzera e Svezia” (R. Perotti, “L’università truccata” Einaudi 2008). In genere queste critiche vengono da economisti completamente appiattiti al mainstream americano, che, come in tante altre occasioni, hanno una visione del problema molto parziale e mediata da preconcetti ideologici.
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