Home 2010 06 Giugno
06 Giugno
Riforma delle professioni PDF Stampa E-mail
"Il testo depositato in commissione Giustizia ed Attività produttive recepisce le indicazioni espresse dal mondo professionale da oltre dieci anni, con l'intenzione non di fare solo una fotografia dell'esistente, per congelarlo in una cornice statica, e si preoccupa del futuro delle professioni intellettuali". Questa la dichiarazione dell'on.le Maria Grazia Siliquini, relatore in Commissione Giustizia del provvedimento di riforma delle professioni, durante la tavola rotonda organizzata dalla Cassa Italiana Previdenza e Assistenza dei Geometri. In realtà, il disegno di legge per la riforma delle professioni ha suscitato più malcontenti che apprezzamenti dei diretti interessati delle professioni tecniche. Ancora una volta, infatti, dopo le dichiarazioni d'intenti iniziali, è bastato che la riforma tanto agognata si sia tradotta in proposta di disegno di legge, per far esplodere la polemica soprattutto di architetti ed ingegnere che, in particolare, ne contestano l'art. 4 che, tra le altre cose, l'accorpamento in un unico albo di geometri, periti industriali e periti agrari, la cancellazione delle sezioni "B" degli ordini e la confluenza dei tecnici junior in un unico albo separato dai laureati di secondo livello. Sul punto, il presidente degli Architetti, Massimo Gallione, ha dichiarato che "non si qualifica una professione incorporando architetti con laurea triennale a periti con diploma. Senza contare i problemi di competenze che la coesistenza verrebbe a porre". In merito al reinserimento delle tariffe professionali, la Siliquini ha dichiarato che "le stesse vanno pattuite avendo riferimento alle minime e massime stabilite con decreto dal Ministero della Giustizia. Quando il committente è un ente pubblico, l'indicazione tariffaria del ministero è obbligatoria e vincolante". Su questo punto, il presidente Massimo Gallione è stato categorico affermando che "il reinserimento delle tariffe, almeno quelle per i lavori pubblici, non può ammettere deroghe". Il testo presentato dalla Siliquini contiene anche le linee portanti della professione intellettuale, caratterizzata da titolo universitario e superamento dell'esame di stato, con iscrizione all'albo professionale e obbligo di formazione continua e di rispetto del vincolo deontologico, prevedendo altresì la distinzione tra l'attività professionale e l'attività d'impresa.  Durante la tavola rotonda, la Siliquini ha affermato che "punti essenziali sono gli aspetti economici a sostegno dei giovani, che dovranno poter accedere liberamente alla professione attraverso l'unico criterio individuabile, quello della meritocrazia, e che dovranno poter svolgere un tirocinio effettivo, per la loro formazione professionale, che sia adeguatamente retribuito. Essenziale poi la previsione di nuovi strumenti, come il modello di società ad hoc per i professionisti". Sulla nota dolente, riguardante l'accorpamento di ordini e collegi, la Siliquini ha ribadito il suo concetto affermando l'importanza che ne trarrebbero in termini di snellimento e razionalizzazione degli organismi di rappresentanza. La Siliquini, infine, ha precisato che: "La richiesta di modificazione dell'impostazione del vecchio DPR 328/2001, che in Italia ha portato a confusione e alla perdita del raccordo tra formazione e indirizzo professionale, va accolta, poiché esso ha portato alla nascita di una figura ibrida e pasticciata quale quella del professionista junior, inserito nelle sezioni "B" degli albi. Ricordo che il pasticcio sorto con il DPR 328/2001 è stato sempre stigmatizzato da tutti gli ordini, rappresentando un vero e proprio monstrum nato all'indomani della riforma universitaria del 3+2, oggetto di numerosi ricorsi proposti proprio dagli ingegneri, che hanno sempre contestato il secondo livello, perché ritenuto inutile e dannoso. Tutto ciò è talmente vero che l'85% degli iscritti alle sezioni "B" prosegue e completa il percorso magistrale di 5 anni!". Su quest'ultimo punto, si attendono nuove reazioni da parte dei professionisti tecnici e da parte dei tecnici "junior" venutisi a trovare in una situazione di empasse a causa di scelte mal ponderate del governo (leggi sentenza corte dei conti sul 3+2). (Lavori pubblici.it 26-05-2010)
 
La riduzione dei corsi di laurea PDF Stampa E-mail
Oltre 470 lauree, tra brevi e specialistiche, cancellate in due anni accademici, dal 2007. Un lavoro di potatura, su cui erano pochi a scommettere, reso inevitabile dalle difficoltà economiche e dall’assoluta irrazionalità di certe proposte di laurea, peraltro bocciate dagli stessi studenti con un basso numero di immatricolazione. Sono stati fatti centinaia di accorpamenti. In estrema sintesi si sono salvati i corsi che rappresentano il core business dell’ateneo e quelli a ciclo unico (Medicina e Chirurgia, Odontoiatria, Medicina Veterinaria, Farmacia, Chimica, Architettura, Ingegneria edile e Giurisprudenza), corsi di 5 o 6 anni che aprono le porte di professioni regolamentate. In tre anni i corsi di laurea sono diminuiti del 9 per cento, passando da 5.460 (anno accademico 2007-2008) agli attuali 4.986. Secondo i dati del Consiglio universitario nazionale (Cun) le lauree di primo livello che tre anni fa erano 2782 oggi sono ridotte a 2411 (13,3 per cento in meno), quelle specialistiche sono passate da 2401 a 2304 (4 per cento in meno). «La riduzione ha riguardato soprattutto le lauree triennali - ha dichiarato Andrea Lenzi, Presidente Cun -. E’ stata realizzata per offrire ai giovani un percorso di studio di base più completo e meno frammentato rispetto alla situazione precedente». La cura dimagrante più severa è avvenuta negli atenei dell’Italia settentrionale: 53 nelle università del Nord-Ovest e 87 in quelle del Nord Est. Ammontano a 139 i corsi di laurea soppressi negli atenei del Centro. I tagli più significativi, in termini assoluti, sono stati fatti da «La Sapienza» di Roma. Sono 108 i corsi eliminati negli atenei del Sud e  87 quelli nelle isole dove però i corsi sono decisamente sotto la media nazionale. (A. Ba., Corsera 26-05-2010)
 
Rientro dei cervelli. Incentivi fiscali PDF Stampa E-mail
La Camera dei deputati ha approvato il 25-05-2010, con 485 sì e 5 astenuti la proposta di legge bipartisan (tra i primi firmatari Enrico Letta del Pd e Stefano Saglia del Pdl) sugli incentivi fiscali per giovani talenti che scelgono di tornare in Italia a lavorare. «È significativo e decisamente di buon auspicio - afferma Enrico Letta - che, in una giornata segnata ancora una volta dalla crisi economica e dalla durezza delle sue conseguenze, si sia giunti ad approvare con una larghissima maggioranza un testo legislativo che pensa al futuro dell'Italia, alla sua capacità di guardare lontano e di essere nuovamente attrattiva per quei tanti talenti giovani che oggi sono all'estero e che vorrebbero poter tornare a dare un contributo al proprio Paese». L'agevolazione è rivolta agli under 40, studenti e lavoratori, italiani e comunitari e consiste in una sostanziale riduzione delle imposte fino al 2013. In particolare, i redditi da lavoro dipendente, d'impresa e di lavoro autonomo percepiti da coloro che rientrano, saranno imponibili nella misura del 20% per le lavoratrici e del 30% per i lavoratori. Va detto che l'aula ha limitato la misura all'Irpef mentre la versione della commissione finanze riguardava tutte le imposte sui redditi. Il nuovo beneficio, inoltre, non è cumulabile con quelli già previsti per i ricercatori. Per agevolare il rientro le pratiche amministrative necessarie saranno svolte dalle sedi consolari, inoltre l'Italia si impegna a fare accordi bilaterali previdenziali per consentire la totalizzazione dei contributi con i paesi esteri. Il Parlamento, insomma, sembra davvero intenzionato ad arginare l'esodo dei talenti che caratterizza il nostro paese. «Negli ultimi dieci anni - racconta l'ideatore della proposta Guglielmo Vaccaro, del Pd - abbiamo visto partire 50.000 giovani laureati che potrebbero considerare la possibilità di tornare anche grazie a questi incentivi. Si pensi - prosegue Vaccaro -che il costo sostenuto dal nostro paese per formare questi talenti è pari a 5 miliardi di euro». La proposta di legge ora passa al Senato dove, si spera, riesca ad avere un iter altrettanto facile. Come ha sottolineato il ministro della gioventù Giorgia Meloni questo provvedimento dà un messaggio importante per il merito e per il metodo: «Nel merito si tratta di un segnale forte ai giovani talenti italiani, nel metodo è il frutto di un lavoro trasversale compiuto dai giovani deputati di maggioranza e opposizione insieme». Anche la relatrice del provvedimento Alessia Maria Mosca pone l'accento sulla convergenza tra maggioranza e opposizione «spero - afferma - che costituisca un esempio per le future riforme che attendono il parlamento». (Il Sole 24 Ore 26-05-2010)
 
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