Alcuni commenti all’articolo precedente sul 3+2 |
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Lo studio e la conoscenza richiedono tempo: tre anni non sono sufficienti. I corsi oggi forniscono una preparazione incompleta e insufficiente per raggiungere l'obiettivo finale che non è il conseguimento del foglio di carta, ma il riconoscimento di un certo livello di preparazione. Se al titolo conseguito non corrisponde una conoscenza consona, si crea un danno per tutta la categoria. (Commento di G. 28-04-2010)
Per Giurisprudenza è stata inutile e dannosa, con assurde duplicazioni di esami e connessa perdita di tempo, soprattutto per quelli che si sono trovati a studiare nella fase di passaggio dal 3+2 alla nuova Laurea Magistrale a ciclo unico di cinque anni. (Commento di anonimo 28-04-2010)
La laurea triennale ha comportato il disastro dell'università pubblica. Corsi dimezzati, competenze annullate e in alcuni casi, tradizioni distrutte. Aumenta la distanza tra il livello dell'università pubblica e quello degli istituti di eccellenza. Un fallimento culturale, più che legislativo. (Commento di L. 29-04-2010)
L'analisi dell'articolo è puramente statistico/quantitativa e si concentra solo nel numero delle immatricolazioni (che sono aumentate). Per valutare la portata di una riforma bisogna però valutare altri parametri. In primo luogo il numero dei laureati che produce. Ma anche la reale validità dei corsi e, soprattutto, la ricerca. Quest'ultimo punto è il vero tasto dolente. In un paese dove i fondi per la ricerca scarseggiano, la riforma utilizza i docenti dividendoli fra più corsi, spesso inutili, sottraendo in questo modo tempo alla ricerca. (Commento di Margotten 28-04-2010) |
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A proposito di un comunicato ministeriale del 24 marzo secondo il quale sono stati assunti oltre 4000 ricercatori |
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Se leggo "grazie al decreto 180 e al parziale sblocco del turn over sono stati assunti oltre 4.000 giovani ricercatori" capisco che, in seguito alle disposizioni del decreto 180, 4.000 giovani ricercatori sono stati assunti ad oggi. E non che forse fra uno o due anni saranno banditi dei concorsi e forse fra altri due riusciranno a prendere servizio e ad avere uno stipendio, sempre che nel frattempo quei fondi non subiscano ulteriori decurtazioni o dirottamenti a livello centrale o dei singoli atenei. "Sono stati assunti" dovrebbe significare "sono stati assunti" perfino in politichese, altrimenti credo converrà con me che l'uso del futuro (saranno assunti) sarebbe stato decisamente più corretto, oppure un più adeguato uso del passato ma con un altro verbo quale "sono stati sbloccati i fondi per le assunzioni di". Il Governo avrà pure completato la parte di sua competenza, ma da qui a dire che quindi sono stati assunti 4.000 ricercatori quando ancora non sono usciti neanche i bandi di concorso, mi scusi ce ne passa, soprattutto quando i futuribili 4.000 ricercatori nel frattempo rimangono senza stipendio. Ma mi rendo conto che queste, in effetti, non sono più questioni di sua competenza. Le chiederei solo il permesso di poter gentilmente girare questo nostro interessante scambio epistolare alle migliaia di precari che si sono insieme a me stupiti di quanto affermato in quel comunicato affinché anche loro possano avere queste delucidazioni. (Dalla risposta di M. Franceschin a L. Pautasso dell’Ufficio Stampa del Ministro della Gioventù, dibattito@ricercatoriprecari.org 16-04-2010) |
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Prime difficoltà nel prepensionamento dei ricercatori |
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Prime difficoltà giurisprudenziali nella c.d. rottamazione dei ricercatori universitari, introdotta dalla manovra dell'estate 2008. L'Università di Messina si è vista stoppare dal Tar del Lazio (ordinanza 1650 del 15 aprile) le procedure per il pensionamento forzato di 50 ricercatori che avevano raggiunto i 40 anni di anzianità contributiva, e anche l'Università di Siena ha ricevuto dal proprio ufficio legale un'analisi del quadro normativo condita da più di un consiglio alla prudenza. La decisione dei giudici amministrativi è una sospensiva, perché la decisione nel merito è rimandata alla fine dell’anno (l'udienza è in calendario per il 24 novembre), ma il semaforo rosso è stato acceso perché il Tar ha individuato elementi di incertezza sufficienti per fermare tutto il meccanismo. Per capirli basta leggere l'analisi degli avvocati di Siena, che ripercorrono la storia del provvedimento e ne sostengono la «probabile inapplicabilità» ai ruoli docenti. Tutto nasce dall'articolo 72 del DL 112/2008, che ha previsto la possibilità per le pubbliche amministrazioni di procedere al pensionamento unilaterale dei dipendenti che hanno raggiunto i 40 anni di contributi. Questa possibilità, come precisa il decreto anticrisi del luglio scorso (DL 78/2009, articolo 17, comma 35) avviene nell'ambito dei poteri di organizzazione e gestione del rapporto di lavoro privatizzato, come previsto dal testo unico del pubblico impiego (articolo 5 del Dlgs 165/2001). Docenti e ricercatori, però, mantengono (come i magistrati) un rapporto di natura pubblicistica, per cui non sembrano poter essere coinvolti nei pensionamenti anticipati. In università, quindi, la norma potrebbe essere utilizzata solo per il personale tecnico amministrativo e per i collaboratori linguistici. (G. Trovati, Il Sole 24 Ore 20-04-2010) |
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