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01 Aprile
La scienza, l’istruzione superiore e l’innovazione: il secondo tempo della concorrenza cinese PDF Stampa E-mail
In Cina finora l’aumento della produttività è stato l’obiettivo dominante, come se anche un modesto rallentamento di questa poderosa corsa potesse rompere in modo irreparabile tutti i delicati equilibri che hanno permesso alla Cina di percorrere il cammino dello sviluppo ad una velocità mai sperimentata in precedenza. Una velocità che si riesce a comprendere solo visitando le immense nuove università costruite negli ultimi anni. Pur avendo ormai “pascolato” per le sedi universitarie di tutto il mondo, non trovo infatti paragone con gli ultimi “campus” cinesi costruiti dal nulla, dove decine di migliaia di studenti alloggiano vicino alle aule e a immensi laboratori all’avanguardia in tutti i settori della scienza e ormai in rete con le migliori università del mondo. Da quando, nel 1998, l’allora presidente Jiang Zemin lanciò un nuovo programma per l’istruzione superiore le iscrizioni all’università sono aumentate in quattro anni del 165% e ancora del 50% nei successivi quattro anni. Fa davvero impressione visitare uno di questi nuovi insediamenti universitari, con quarantamila studenti, tremila professori e vedere tutto in piena attività in un pomeriggio di sabato. Non ci si deve perciò stupire se più di metà della crescita cinese viene attribuita all’enorme aumento dell’istruzione a tutti i livelli sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo. Entrando in contatto con queste realtà e vedendo il livello di eccellenza raggiunto e la profondità dei rapporti con le strutture produttive (dai cantieri navali alle imprese farmaceutiche, dalle biotecnologie alle energie alternative) non vi è alcun dubbio che sia già cominciato un secondo tempo della concorrenza cinese, quello fondato sulla scienza e l’innovazione. (R. Prodi, Il Messaggero 18-03-2010)
 
Dopo la “Strategia di Lisbona” si guarda all’ottavo programma quadro e a un’area europea della ricerca PDF Stampa E-mail
Il 2010 è l’anno del consuntivo, in cui constatiamo l’avvenuto fallimento di un programma, anzi di una strategia: la «strategia di Lisbona». Ma è anche l’anno che ci obbliga a guardare al futuro: sia perché ha assunto la sue piene funzioni la nuova Commissione Europea, sia perché si inizia a progettare FP8, l’ottavo programma quadro. L’analisi del decennio passato è ormai nota. Era iniziato, il decennio, con l’impegno solenne assunto a Lisbona da tutti i paesi membri di voler fare dell’Unione, entro il 2010 appunto, l’area leader al mondo nell’economia della conoscenza. A Barcellona, due anni dopo, si indicò anche un obiettivo quantitativo: aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo dal 2 al 3%. Nessuno dei due obiettivi è stato raggiunto. Le economie fondate sulla conoscenza si sviluppano altrove: soprattutto in Asia e in Nord America. Quanto agli investimenti in ricerca: nel 2009 l’Unione ha investito l’1,7% in ricerca, arretrando invece che migliorare rispetto all’anno 2000; Asia-8 (le otto economie più sviluppate dell’Asia) ha superato in investimenti assoluti l’Europa già dal 2003; da un paio di anni, per la prima volta nell’ultimo mezzo millennio, l’intensità degli investimenti in ricerca europei (1,7%) sono sotto la media mondiale (2,0%). Ma ora occorre guardare la futuro. Il nuovo Commissario per la ricerca, l’irlandese Máire Geoghegan-Quinn, ha dichiarato di voler utilizzare il prossimo programma quadro, FP8, per dare all’Europa della ricerca quella svolta qualitativa e quantitativa che nell’ultimo decennio non c’è stata. Due settimane fa, proprio a Lisbona, ha individuato le cinque aree chiave in cui il programma dovrà concentrarsi: energia, cambiamenti climatici, sicurezza alimentare, salute e invecchiamento. L’impressione è che tutto questo non basti. Occorre una svolta molto più significativa. Su cui, pare, si sta discutendo. Secondo la rivista scientifica Nature, infatti, circola tra i leader dei 27 Paesi membri la bozza di un programma di lungo termine (il 2030) con obiettivi quantitativi molto impegnativi. Creare finalmente l’Area Europea della Ricerca, con fondi che dovranno passare dal 4 al 12% del budget dell’Unione e portare l’intensità di investimenti dall’attuale 1,7% al 5,0% del Prodotto interno lordo. Si tratta di obiettivi importanti. Ma affinché non restino un miraggio, occorrono altre tre condizioni. Far sì che nell’area europea della ricerca gli 1,3 milioni di ricercatori (in media, validissimi) dell’Unione possano muoversi liberamente (e far sì da attrarre cervelli da altre aree del mondo offrendo strutture e qualità). Fare dell’obiettivo di Barcellona (3,0% del Pil) o magari del nuovo vincolo (5,0%) un vincolo economico stringente per tutti i Paesi, come i parametri di Maastricht: con tanto di sanzioni per chi non lo raggiunge. Diminuire la burocrazia e le tentazioni dirigistiche di Bruxelles e ampliare la felicissima esperienza dell’European Research Council, che premia la qualità della ricerca, senza ulteriori vincoli. (P. Greco, L’Unità 22-03-2010)
 
La CRUI chiede 2000 assunzioni di docenti universitari l'anno PDF Stampa E-mail
Sono necessarie 2000 assunzioni l'anno per riequilibrare le fasce di docenza: è indispensabile un piano pluriennale di assunzioni e progressioni di carriera per i ricercatori che dovranno diventare professori associati. Lo chiede in una nota la CRUI, la Conferenza dei Rettori Italiani, dopo la riunione del 25 marzo, e ribadisce, "con forza quanto già manifestato, in sede di audizione alla VII Commissione del Senato e con la delibera del 25 febbraio, sulle procedure di reclutamento di cui all'art. 9 del ddl, "Organizzazione e qualità del sistema universitario, di personale accademico e di diritto allo studio", presentato dal Ministro Gelmini e ora all'esame del Parlamento". La CRUI ritiene poi "l'adozione di un piano straordinario pluriennale di reclutamento di personale docente universitario, nell'ambito del quale garantire una quota consistente alle assunzioni di professori associati, tra i punti qualificanti dell'indispensabile intervento riformatore. E ciò anche nella prospettiva, prevista dal ddl in discussione, di riequilibrare la numerosità delle diverse fasce di docenza. Il suddetto piano dovrà essere sostenuto da un idoneo finanziamento MIUR e far leva, sul piano normativo, per i primi sei anni, sulla possibilità per gli attuali ricercatori a tempo indeterminato, una volta conseguita l'abilitazione scientifica nazionale, di usufruire delle medesime procedure di chiamata da parte degli atenei previste al termine dei percorsi di tenure track per i futuri ricercatori a tempo determinato. Un tale intervento, che consenta l'immissione ogni anno, all'interno di un sistema di reclutamento e di ordinamento tra le fasce finalmente stabilizzato nelle norme di riferimento, di non meno di 2000 abilitati alla posizione di professore associato, secondo le esigenze e la programmazione di ciascun ateneo, si rende necessario sia per far fronte alle numerose uscite dal ruolo che sguarniranno rapidamente gli atenei delle competenze scientifiche e didattiche indispensabili, sia per riconoscere e valorizzare gli oggettivi apporti dell'attuale personale ricercatore a tempo indeterminato (i cui obblighi didattici non possono comunque essere equiparati a quelli dei professori), già investito in larga misura del titolo di professore aggregato, di cui all'art. 1, comma 11 della legge 230/05, e responsabile, in tale veste, di funzioni essenziali per la vita universitaria". (AGI 25-03-2010)
 
La promozione dell’istruzione secondo Confindustria PDF Stampa E-mail
Tra i temi prioritari indicati da Marcegaglia, e su cui Confindustria intende concentrarsi, rientrano la riforma degli ammortizzatori sociali e l’attuazione della riforma degli assetti contrattuali per quanto riguarda il mercato del lavoro e il sistema di welfare; la velocizzazione dei tempi di decisione e realizzazione delle opere nell’ambito degli investimenti infrastrutturali; la promozione dell’istruzione attraverso la valorizzazione degli istituti tecnici e della cultura tecnica, l’aumento dei finanziamenti pubblici per quanto riguarda la riforma universitaria così come l’aumento dell’autonomia organizzativa e finanziaria delle istituzioni scolastiche e universitarie. L’associazione degli industriali intende puntare su ricerca e innovazione favorendo la partecipazione delle imprese italiane ai programmi quadro dell’Unione Europea e rendendo operative le risorse per gli investimenti sulla banda larga e il piano e-government. (AGI, 25-03-2010)
 
Le direttrici del programma nazionale della ricerca (PNR) PDF Stampa E-mail
Il Programma nazionale della ricerca (PNR) 2010-2012 avrà "quattro direttrici": "invecchiamento e salute, energia e nucleare, agroalimentare e beni culturali". In particolare sul nucleare, "bisogna far ripartire le competenze perché ormai i giovani migliori sono andati all'estero". E' quanto annuncia in una intervista al Sole 24 Ore, il ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini che spiega come sul piano ci sia "ormai una bozza consolidata da condividere con gli altri ministeri" anche "costituendo dei tavoli di studio". Resta il nodo delle risorse. "Possiamo reperire i fondi in diversi modi - afferma Gelmini - innanzitutto facendo una programmazione sinergica tra enti e ministero". "Destineremo 90 milioni - cita ad esempio Gelmini - a uno studio sui legami tra Dna, genoma e invecchiamento". (Unionesrada.ilsole24ore  26-03-2010)
 
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