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15 Aprile
Il futuro universitario di Rimini PDF Stampa E-mail

«Non ci interessa avere l’ateneo sotto casa, con tante lauree ma scarsa qualità, come accade purtroppo in altre città d’Italia. Ci interessa avere una sede universitaria che sia sempre di più pronta ad accogliere le sfide che pone il mercato», sottolinea il vice presidente della Provincia e assessore all’Università di Rimini, Carlo Bulletti. Che immagina, tra le nuove ‘vocazioni’ dell’ateneo riminese, anche la creazione di una nuova scuola (come prevede la riforma Gelmini) universitaria dedicata «agli stili di vita e alla salute. Un progetto innovativo, e che ben si sposa con questo territorio». Un progetto cui stanno lavorando già da qualche tempo la Provincia e Uni Rimini (il consorzio che sostiene l’ateneo riminese), anche se per ora resta appunto solo tale. Quello che cambierà invece per l’università di Rimini, e molto probabilmente già dal prossimo anno accademico, sarà l’organizzazione dei corsi e dei dipartimenti. «Seguendo la riforma del ministro Gelmini — spiega il preside del polo universitario riminese, Giorgio Cantelli Forti — il nostro ateneo dovrebbe dar vita a una o due scuole, una dedicata all’area più strettamente scientifica e tecnologica (in cui però rientrerebbero anche i corsi in moda), e un’altra per gli studi economici e umanistici, o giuridici». Quello che è molto probabile è che Rimini dovrà quasi sicuramente rinunciare ad alcuni dei 19 corsi di laurea (tra lauree brevi, specialistiche e magistrali) attualmente presenti. A rischiare il taglio sono in particolare il corso di laurea in Educatore sociale e culturale, attivato dalla facoltà di Scienze della formazione, e forse anche quello di chimica industriale (dal momento che è presente in altre due sedi distaccate dell’università di Bologna). Non dovrebbero invece temere tagli le varie lauree in Scienze motorie, Infermieristica, Radiologia, Ostetricia. Rimini, con i suoi 5841 iscritti, la prima in Romagna (insieme a Forlì) e una delle più frequentate nella regione, non uscirà ridimensionata dalla riforma. E anzi è destinata, per Cantelli Forti, a crescere ancora, nel numero degli iscritti e nelle strutture accademiche. Proprio ieri il preside del polo universitario di Rimini è, infatti, riuscito a ‘strappare’ l’accordo per il nuovo, importante cantiere dell’ateneo: il completamento dei lavori al complesso dell’Alberti. «Dal pro-rettore è arrivato il via libera — conferma Cantelli Forti — Spenderemo 9 milioni di euro per quest’intervento, di cui 4 finanziati dal ministero». Il preside in questi giorni avrebbe poi voluto inaugurare il nuovo studentato ricavato all’ex hotel Palace, davanti alla stazione (76 camere per 90 posti letto totali). «Purtroppo servono ancora diversi mesi per tutti i collaudi necessari, lo apriremo in ottobre». Mentre ci vorrà più tempo per vedere all’opera gli altri due grandi interventi che l’università riminese sogna da molti anni: il recupero del complesso dell’ex convento San Francesco, vicino al Duomo, e del Lettimi in via Tempio Malatestiano. (Il Resto del Carlino 10-04-2010)

 
Lauree e laureati secondo Claudio Gentili, direttore Education (Confindustria), e Guido Fiegna (CNVSU) PDF Stampa E-mail

«Quello che non funziona da noi non è la quantità ma la qualità dei laureati e soprattutto la tipologia del corso di studi scelto - sostiene Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria - Mentre le industrie italiane raddoppiavano i loro tecnici, scuola e università dimezzavano la loro offerta di diplomati tecnici e laureati tecnico scientifici. Il vero problema italiano potrebbe essere definito “genericismo”. In terza media, indecisi tra classico e tecnico a indirizzo elettronico si sceglie lo scientifico. Poi, finito il liceo, indecisi tra Filosofia medievale e Ingegneria elettronica, si sceglie Scienze della Comunicazione. Occorre correre ai ripari. Con un maggiore e più efficace orientamento sin dalla Scuola Media. E con una maggiore informazione sugli sbocchi occupazionali che le diverse tipologie di laurea offrono».
«Sulla base dei dati Unioncamere-Excelsior 2009, la carenza di profili tecnico-scientifici - continua Gentili - è quantificabile in oltre 15.000 unità». Il mancato incontro tra domanda e offerta ha alle spalle molteplici cause. Ci sono profili in eccesso e profili carenti. Il settore giuridico, per esempio, è strasaturo. «Ogni anno sforniamo 20 mila laureati in Giurisprudenza, ma l’attività forense ne assorbe al massimo sei-sette mila l’anno - sostiene Guido Fiegna, membro del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario - Ne conseguono frustrazioni e danni pesanti, in termini sociali e individuali. Siamo il Paese al mondo con il maggior numero di avvocati! Non funziona l’orientamento. Non possiamo impedire a un giovane di iscriversi a Scienze della Comunicazione o a Legge, ma se non ne abbiamo bisogno, dovremmo disincentivarli facendogli pagare più tasse. Di contro, bisognerebbe abbassare i contributi dei giovani che decidono di iscriversi alle facoltà scientifiche. E comunque, attenti a non far passare l’idea che la laurea non serve. Se i diciannovenni disertano le università, se la disaffezione cresce, il Paese non si riprende più». Quanto ai difetti di programmazione, secondo Fiegna ci sono molte responsabilità che coinvolgono le università ma anche il mondo imprenditoriale. «Sì, ci sono buchi nell’area sanitaria, mancano infermieri e tecnici, il numero chiuso in quel caso è gestito dalle Regioni, andrebbero innalzate le quote per i posti nelle università. In ogni caso - conclude Fiegna - a un giovane uscito dal liceo che deve scegliere il suo futuro, dovremmo in modo chiaro far sapere (a tre o quattro anni dal titolo) quali e quante probabilità di occupazione ha frequentando un certo corso di laurea. Un altro aiuto, perché non sia un disoccupato, potrebbe venire da stage e tirocini, se li rendessimo obbligatori». Forse si risolverebbe anche il problema dell’incoerenza tra il lavoro svolto e il titolo di studio conseguito: «Nel confronto europeo - sottolinea Gentili di Confindustria - l’Italia mostra il valore di mismatch più elevato sia per i diplomati, sia per i laureati. Il 50% dei diplomati italiani ricopre una mansione-qualifica incoerente con il titolo di studi ottenuto a fronte di una media europea del 40%. Tra i possessori di un titolo di istruzione superiore, l’incongruenza tra lavoro e studio è meno forte in generale. Tuttavia, tra i laureati italiani il 36% svolge un’attività lavorativa non coerente con le competenze acquisite: circa 6 punti percentuali in più della media europea».(www.ilmessaggero.it 10-04-2010)

 
Web-Learning, nuova frontiera dell'apprendimento PDF Stampa E-mail

I tempi in cui bisognava girare le aule universitarie a caccia degli appunti delle lezioni mancate in vista di un esame o setacciare gli scaffali delle biblioteche alla ricerca del volume indispensabile per la bibliografia della propria tesi stanno per finire. Adesso si può fare tutto, o quasi, dal proprio computer di casa. Dai podcast delle lezioni su "iTunes U", dai servizi su social network agli archivi elettronici come ArXiv, crescono le iniziative d'interazione tra Università e web. Nel 2007, al lancio negli USA, erano appena 16 le istituzioni a offrire gratuitamente su iTunes U -  l'area dedicata all'interno dello store online di Apple  -  gli audio e i video di corsi, laboratori, singole lezioni, letture in lingua straniera, etc. Oggi sono oltre 600 sparse in 18 Paesi. Tra queste anche la Federico II di Napoli, il primo ateneo italiano ad avere aperto un proprio canale accanto a quello delle Università di Oxford, Cambridge e Yale. "Il tutto secondo la filosofia "Open Access". Non servono password. Chiunque, anche un semplice curioso, può accedere ai contenuti", precisa il professore Mauro Calise, direttore scientifico del progetto Federica, la piattaforma di web-learning dell'ateneo che a un anno dalla sua presentazione conta già 10mila utenti unici giornalieri da 108 Paesi diversi. C'è poi chi si affida anche ai social network. Se sulle pagine ufficiali delle maggiori Università su Facebook, gli studenti possono oramai trovare veri "servizi di sportello", i 25 allievi del Master di secondo livello in Diritto del Lavoro e relazioni industriali inaugurato a gennaio dall'Università Statale di Milano sono stati obbligati a creare un proprio profilo su Twitter. La loro valutazione si baserà anche sulla loro capacità di interagire tra loro e con il docente sul sito di microblogging.  Anche l'archivio di pubblicazioni scientifiche arXiv si espande in proporzioni vertiginose: sviluppato nel 1991 dal professor Paul Ginsparg della Cornell University, attualmente contiene oltre 595mila articoli, nell'ultimo mese ha ricevuto 6000 nuove proposte e solo ieri è stato visitato da circa un milione e 500mila persone. Numeri che fanno concorrenza alle riviste scientifiche per due motivi: il primo, la gratuità dell'accesso gratuito per chi vuole leggere e pubblicare contro gli esosi costi degli abbonamenti scientifici; secondo, la pubblicazione in tempo reale di una ricerca in tutto il mondo contro i lunghi tempi di selezione e pubblicazione dei periodici. Sulla scia di Ginsparg, anche le Università stanno aprendo i loro archivi creando delle biblioteche digitali dove poter leggere gratuitamente pubblicazioni accademiche e articoli scientifici, come le italiane http://almadl.cib.unibo.it/ dell'Università di Bologna, UnissResearch dell'Università di Sassari o Padis della Sapienza. L'obiettivo è sempre lo stesso: una diffusione del sapere gratuita e accessibile a tutti illimitatamente 24 ore su 24, sette giorni su sette. "La nuova frontiera dell'apprendimento è il web-learning, ossia la forza dell'e-learning trasferita in un ambiente di rete", commenta il professor Calise, convinto che una delle vie più efficaci per parlare alla nuova generazione di studenti "nativi digitali" sia proprio questa: "Sfruttare la ricchezza della rete". (La Repubblica 10-04-2010)

 
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