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18 Novembre
LAUREATI IN SCIENZE MOTORIE. NUOVE NORME SULL’ACCESSO PROFESSIONALE PDF Stampa E-mail

A cercare di promuovere il profilo professionale e la valenza sociale dei laureati in scienze motorie ci sono stati, nel tempo, numerosi progetti e iniziative legislative.
Una delle più recenti e tuttora in discussione nella 7a Commissione del Senato riguarda proprio le «Norme sull'accesso professionale dei laureati in scienze motorie» (Atto senato 796). L'iniziativa parlamentare propone «nel quadro della finalità di tutela del benessere» di inserire alla direzione di strutture in cui si pratica l'attività motoria un laureato in scienze motorie che con il corso di studi ha acquisito, si legge nella relazione accompagnatoria, «le basi scientifiche per l'analisi e la valutazione della funzione motoria umana, sia con riferimento alla popolazione generale che a gruppi particolari quali gli atleti». Il punto di partenza è che per l'avvio di strutture in cui svolgere attività motorie e sportive, come palestre, centri sportivi, società e organizzazioni atletiche, è oggi sufficiente attenersi alle norme igienico-sanitarie emanate dalle singole aziende sanitarie locali di competenza, ma non c'è alcuna regola su gli aspetti concernenti la tutela della salute dell'utenza sotto il profilo della sicurezza dell'attività fisica praticata, oltre che della formazione professionale di istruttori e del personale tecnico. Un problema grave avvertito in passato anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che rilevò come in assenza di una specifica regolamentazione del settore, i gestori delle palestre possono discrezionalmente valutare ogni tipo di qualifica nella selezione degli istruttori. Secondo la proposta di legge composta di soli 5 articoli, dunque, alla direzione tecnica delle diverse strutture è preposto un laureato in scienze motorie, o titolo equipollente. Sarà lui il responsabile dell'insegnamento dell'attività fisica e per esercitare questa funzione dovrà essere iscritto in apposito elenco che le regioni e le province autonome istituiranno entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge. Agli elenchi possono iscriversi esclusivamente i soggetti in possesso del diploma di laurea in scienze motorie o titolo equipollente.
(Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 12-11-2012)

 
LAUREATI. IL QUADRO NEL XIV PROFILO DEI LAUREATI IN ITALIA DI ALMALAUREA PDF Stampa E-mail

Il numero di laureati non è aumentato in modo tale da colmare il gap che ci divide dal resto d'Europa: oggi circa il 20% della popolazione italiana fra 30 e 34 anni possiede una laurea contro un obiettivo europeo del 40% per il 2020, traguardo evidentemente non raggiungibile. Anche nella classe di età 25-34 anni l'Italia è al 20% di laureati contro la media Ocse del 37%. Ma nonostante la situazione di svantaggio, in Italia «si registra una battuta d'arresto rispetto al processo di universitarizzazione», fa notare il rapporto AlmaLaurea (XIV Profilo dei laureati in Italia), e «si riscontra una minore attrazione dei giovani verso lo studio universitario». I diciannovenni che si iscrivono all'università sono solo il 29% dei coetanei, confermando il ridotto interesse per gli studi universitari di questa fascia di popolazione. Negli ultimi otto anni le immatricolazioni si sono ridotte del 15% per effetto combinato del calo demografico (dal 1984 al 2009 la popolazione diciannovenne si è contratta di quasi 370 mila unità), della riduzione degli immatricolati in età più adulta e del deterioramento della condizione lavorativa dei laureati. A questi fattori va aggiunta la crescente difficoltà di tante famiglie a sostenere i costi dell'istruzione universitaria. In ogni caso, il quadro che emerge è abbastanza confortante. Rispetto all'università pre-riforma è aumentata la quota di giovani che terminano gli studi nei tempi previsti, durante i quali si sono avvalsi di stage e tirocini, così come di opportunità di studio all'estero. La riforma, dunque, non è stata un fallimento. Anzi, su diversi fronti ha consentito di migliorare sensibilmente la performance del sistema. Chi arriva alla laurea di primo livello viene da classi sociali meno favorite, tende a studiare sotto casa, forse anche per effetto della moltiplicazione dei corsi universitari, e raggiunge il traguardo a 24 anni. Aumenta il numero di chi lavora durante gli studi. Poche le esperienze all'estero, ma si moltiplicano per tre gli stage. E dopo la laurea? La maggior parte dei laureati del triennio intende proseguire la formazione, e chi vuole farlo con la laurea specialistica è il 61%. Si laurea in corso il 40,6% delle laureate 2011 contro il 36,4% degli uomini; differenze che si riscontrato in tutti i tipi di laurea a vantaggio delle donne (in particolare, in corso è il 48,2% delle laureate nei percorsi specialistici contro il 45,7% dei laureati).
(Fonte: P. Piccioli, ItaliaOggi 31-10-2012)

 
RECLUTAMENTO. IL DECRETO 297 FISSA CRITERI E CONTINGENTI PER L’ASSUNZIONE DEL PERSONALE UNIVERSITARIO PDF Stampa E-mail

Sul sito del MIUR è stato pubblicato il D.M. 22 ottobre 2012 n. 297 "criteri e contingente assunzionale* delle Università statali per l’anno 2012" (tabella). Il Decreto è emanato in applicazione della Legge 240/2010 e delle norme che si sono succedute nel tempo in materia di assunzioni di personale universitario. Per il triennio 2012 – 2014 le Università statali possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. Nel 2015 tale limite è fissato al 50% mentre dal 2016 le assunzioni potranno coprire il 100% della spesa del personale cessato. Il Decreto definisce, Ateneo per Ateneo, in conformità a disposizione legislativa fissata dal Dlgs 29 marzo 2012, n. 49 e della cosiddetta spending review, i punti organico che possono essere utilizzati per l’anno corrente. Un punto organico corrisponde ad euro 120.151 ed è il costo medio nazionale di un professore di I fascia. Ogni Ateneo statale è autorizzato a utilizzare i Punti Organico nella misura in cui si determini una differenza positiva tra la rispettiva attribuzione effettuata dal decreto (tabella allegata al DLgs) e la somma dei Punti Organico eventualmente già utilizzati nell'anno in corso nel rispetto dei diversi regimi ‘assunzionali’ vigenti. In aggiunta ai Punti Organico attribuiti e utilizzabili ai sensi del decreto, è consentito a ogni Ateneo di procedere con l'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato, utilizzando: - disponibilità residue di Punti Organico riguardanti le Programmazioni degli anni 2010 e 2011 nella misura in cui negli stessi anni era possibile utilizzare le predette risorse e coerentemente con i limiti per assumere delle corrispondenti Programmazioni; - disponibilità relative ai Punti Organico attribuiti nei Piani straordinari per l'assunzione di Professori di II fascia, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 29, comma 9, della legge 30 dicembre 2010, n. 240; - disponibilità derivanti da Punti Organico relativi a finanziamenti esterni per l'assunzione di Personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato aventi esclusivamente le caratteristiche di cui all'articolo 5, comma 5, lettera a) del Dlgs 29 marzo 2012, n. 49; - punti Organico destinati alle assunzioni obbligatorie di personale appartenente alle categorie protette di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68.
L’ultimo comma del decreto prevede che le assunzioni disposte in difformità a quanto previsto dal decreto, determinano, in sede di ripartizione annuale del fondo di finanziamento ordinario, penalizzazioni disposte ai sensi dell'articolo 7, commi 5 e 6, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49 (“responsabilità per danno erariale nei confronti dei componenti degli organi dell'ateneo che le hanno disposte e penalizzazioni nelle assegnazioni del FFO da corrispondere all'ateneo nell'anno successivo a quelle in cui si verificano). (Fonte: Flc Cgil 31-10-2012)

*assunzionale: aggettivo inesistente nella lingua inventato dai burocrati ministeriali.

 
RECLUTAMENTO. LE CONSEGUENZE DELL’AUTONOMIA IMPERFETTA PDF Stampa E-mail

Benché sia sempre più evidente e pressante, a livello mondiale, l’utilizzo anche di parametri quantitativi per la valutazione dei docenti, in USA (terra delle statistiche e classifiche) questi parametri non sono mai utilizzati per le assunzioni. Si utilizza, al posto di questi parametri, un beauty contest basato su seminari e lettere di raccomandazione. Ora perché il sistema americano di reclutamento universitario tutto sommato funziona bene mentre il nostro no, tanto è vero che la classe politica ha sentito il bisogno dell’introduzione di queste benedette mediane? Secondo me questo deriva dall’autonomia imperfetta che caratterizza il nostro sistema universitario. Facciamo un breve excursus storico.
Prima che Ruberti introducesse l’autonomia, il sistema di reclutamento era fortemente centralizzato. I concorsi da ordinario e da associato (che si sarebbero dovuti bandire con cadenza biennale) erano banditi, nella pratica, ogni 4-6 anni e la commissione era nominata con un sistema misto (la comunità votava una rosa di commissari e i commissari erano estratti da questa rosa; o viceversa, prima l’estrazione e poi la votazione). I pregi di questo sistema erano tanti: il commissario si trovava a operare sotto l’occhio attento di tutta la comunità; i posti a disposizione erano sufficienti a coprire gli eventuali “appetiti”; il commissario rappresentava un’area scientifica che lo aveva eletto ed era costretto a rispondere ai suoi elettori. Il sistema così congegnato non era perfetto, ma aveva il pregio che, almeno nelle discipline scientifiche, i concorrenti molto bravi risultavano vincitori. Gli evidenti difetti erano un periodo troppo lungo di attesa (se non avevi successo, dovevi aspettare 4-6 anni, per un’altra chance) e l’eccessiva rigidità verso le sedi. Come fatto notare da Eco in una celeberrima bustina, la sede doveva de facto accettare il concorrente, anche se aveva bisogno di altro. Se ci fosse stato un fantomatico raggruppamento che avesse compreso tutti i giochi di carte, magari alla sede che aveva bisogno di un esperto di bridge, gli poteva capitare un campione di poker (e la sede non aveva alcuno strumento per opporsi). Al fine di ovviare a questo inconveniente, fu introdotta da Ruberti l’autonomia universitaria. Come fatto notare da Figà Talamanca in un intervento su Roars, Ruberti non fu messo in condizione di completare l’iter della riforma, e l’autonomia partì non come pensata dal Ministro. L’autonomia universitaria che ne uscì, a mio parere, ha ricalcato nei pregi (pochi) e nei difetti (tanti ed evidenti) quella delle Regioni. Si sono create così strutture con grande autonomia di spesa ma sostanzialmente senza capacità impositiva. Quindi le Università ricevevano, a babbo morto, i soldi dallo Stato che erano libere di spendere in modo autonomo e sostanzialmente senza controllo. I concorsi divennero locali e frammentati. Abbiamo avuti molti casi di concorrenti bravissimi che non sono mai riusciti vincitori pur partecipando a moltissimi concorsi di fila. Potendo puntare a vincere solo i concorsi banditi dalla propria sede, i concorrenti finirono per fare carriera solo in una sede ingenerando un pericoloso fenomeno di incesto culturale (si scrisse su Il Mulino di “inarrestabile ascesa del cretino locale”). Per ovviare a questa situazione prima Mussi e poi la Gelmini ritennero che la creazione di un’Agenzia di Valutazione rendesse possibile l’introduzione di incentivi per sedi che si comportassero in modo virtuoso. L’esperienza dell’ANVUR e delle mediane, ci fa supporre che questa strada non sarà di facile percorribilità
A mio parere il problema nasce da un’autonomia sbagliata: o si toglie parte dell’autonomia, realizzando concorsi nazionali, evitando la frammentazione e focalizzando l’attenzione della comunità scientifica di riferimento sui commissari del concorso nazionale o si percorre la strada opposta. Cioè si dà potere impositivo alle singole Università (ossia gli si permette di alzare le tasse), si abolisce il valore legale del titolo di studio e si mettono le Università in concorrenza fra loro lasciando che sia il Mercato a decidere sul ranking delle Università (esattamente come succede in USA). Personalmente preferirei di gran lunga un sistema centralista a quello americano (non fosse altro che con tasse universitarie alte, non sarebbe facile garantire il diritto allo studio). (Fonte: V. Vespri, roars 01-11-2012)
Un commento (rmotta): I docenti USA hanno una qualità che nel nostro sistema é quasi sconosciuta: una onestà intellettuale per identificare il candidato più idoneo (indipendentemente da indici bibliometrici o altri indici quantitativi) a ricoprire un posto. L’uso di indici bibliometrici in Italia é “necessario” perché é l’unico antidoto alle degenerazioni del sistema (come é sempre avvenuto nel passato). Un altro commento (F. Bizzarri): Secondo me è un ragionamento che vale per molte altre categorie … mi viene in mente ad esempio quella dei politici … forse è un problema culturale del nostro popolo.
Per altri interessanti commenti link all’articolo.

 
RECLUTAMENTO. POCHI E FAVORITI COME SEMPRE GLI AVANZAMENTI INTERNI PDF Stampa E-mail

A coprire i «punti organico» distribuiti fra le università statali secondo il metodo scritto nella riforma Gelmini non saranno i titolari dell'«abilitazione nazionale», il nuovo titolo previsto dalla stessa riforma. Per avere i primi abilitati occorrerà infatti aspettare. E sperare che i tanti inciampi nella costruzione di indicatori e procedure, e il rischio ricorsi che pende sull'intero meccanismo, non allunghino ancora i tempi che già hanno superato le previsioni iniziali del Governo. Le poche assunzioni rese possibili dal decreto del ministero pescheranno quindi ancora fra gli idonei dei vecchi concorsi, che negli anni scorsi hanno prodotto centinaia di aspiranti professori ancora senza la cattedra "vinta" nelle selezioni. La riforma Gelmini avrebbe voluto incoraggiare la mobilità fra gli atenei, ma nei fatti il meccanismo finisce per aprire ancora una volta una corsia preferenziale alle "promozioni" interne. La ragione è semplice e risiede nei criteri di calcolo dei punti organico. In generale, un ordinario vale un punto organico, un associato 0,7, un ricercatore 0,5. La misura, però, è piena solo per chi viene dall'esterno, perché se un ateneo "promuove" a ordinario un proprio associato, deve conteggiare solo la differenza di costi fra i due stipendi. La conseguenza, ovvia, è che l'avanzamento interno costa meno ai fini dei punti organico, e permette di occupare più caselle rispetto a un'assunzione dall'esterno. Per evitare che il meccanismo si traducesse solo in promozioni interne la riforma ha imposto quote minime di assunzioni dall'esterno, ma ovviamente se il contatore si azzera all'inizio di ogni anno, il vincolo finisce per avere un'efficacia limitata.
(Fonte: G. Tr., IlSole24Ore 12-11-2012)

 
RETRIBUZIONI. 13 MILIARDI A FINE 2014 IL RISPARMIO DAL BLOCCO RETRIBUZIONI NEL PUBBLICO IMPIEGO PDF Stampa E-mail

Nel pubblico impiego il blocco dei contratti deciso due anni fa non solo ha prodotto una frenata di questa voce della spesa corrente, ma ha anche ridotto le retribuzioni reali. Secondo un calcolo realizzato per Il Sole 24 Ore da Aran, l'agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, se si prende come indicatore la retribuzione media contrattuale annua del 2009, pari a 27.613 euro, si scopre che tra il 2010 e il 2012 i dipendenti hanno perduto 1.602 euro di reddito a causa dell'erosione monetaria prodotta dall'inflazione, che nel periodo, in termini cumulati, è crescita del 7,5 per cento. Se si passa dalla media alla variazione percentuale, la limatura alle retribuzioni contrattuali – prese in esame al posto delle retribuzioni di fatto visto che nel nuovo modello l'Ipca e poi l'inflazione effettiva si applica solo alla parte fissa – equivale al 5,8 per cento. E poiché il blocco dei rinnovi sta per essere prorogato anche per il biennio 2013-2014, con un trend invariato dei prezzi al consumo la prospettiva è di un raddoppio della perdita di potere d'acquisto, fino a superare l'11% in termini cumulati in cinque anni.
A contenere la massa salariale nel pubblico (167 miliardi, pari al 10,7% del Pil quest'anno, destinato a scendere al 9,9% nel 2015 secondo l'ultima nota aggiuntiva del Def) è il blocco del rinnovo dei contratti scattato con il DL 78/2010. Misura rafforzata l'anno passato con altri quattro interventi successivi. Il risultato è una riduzione extra delle retribuzioni pubbliche che ha portato a un sostanziale allineamento con la crescita cumulata degli stipendi privati.
In termini monetari il blocco delle retribuzioni determina un risparmio di 6,5 miliardi nel biennio, che saliranno a 13 miliardi a fine 2014, termine dell'ulteriore proroga che sarà confermata con un decreto ministeriale atteso nelle prossime settimane. Con questo atto sarà confermato anche il congelamento della vacanza contrattuale, il che significa che se nel 2015 sarà possibile l'apertura di una nuova stagione di rinnovi contrattuali, il potere d'acquisto perduto a causa degli ultimi cinque anni di inflazione non verrà mai più recuperato.
(Fonte: D. Colombo, IlSole24Ore 12-11-2012)

 
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