Home 2012 29 Ottobre
29 Ottobre
RIFORMA UNIVERSITARIA. NE PARLA IL PRESIDENTE DELLA CRUI PDF Stampa E-mail
Il blocco dei quaranta e più decreti è uscito, tutto sommato, in tempi ragionevoli, specie se si pensa alla complessità e all’importanza di alcuni di questi. Da questo punto di vista, fra mille difficoltà, il MIUR ha fatto il proprio dovere. Restiamo ancora in attesa di quello sui dottorati ma so che è stato inviato agli organismi di controllo (finalmente). Per citarne un paio tra i più delicati: la contabilità economico-patrimoniale e il ‘decretone’ (D.lg. 49/2012) che regola le questioni della programmazione e del turnover, devastate, purtroppo, dall’intervento della ‘spending review’. Se guardiamo alle questioni della governance, mi pare che le Università siano oramai al di là del guado. Molte hanno nominato i nuovi organi, non senza difficoltà naturalmente, visto che si è trattato spesso di rivedere assetti consolidati da parecchi anni. Si tratta ora di capire l’efficacia di questi interventi. Certo, bisogna pur dire che una riforma a costo non zero ma ai numeri negativi (cioè con troppi ‘tagli’ finanziari) rischia di restare al palo. Una macchina senza benzina. Di questo personalmente sono molto preoccupato. Si pensi alle carriere dei giovani: tra turnover al 20%, tagli all’FFO e via dicendo nuovi istituti come il ‘tenure-track’ corrono il serio pericolo di restare sulla carta.
(Fonte: redazione Roars 08-10-2012)
 
SISTEMA UNIVERSITARIO. RADICALI PROPOSTE DI CAMBIAMENTO PDF Stampa E-mail
Il sistema universitario nazionale, giovandosi della complicità di certi settori del mondo politico, economico e culturale, è cresciuto in modo totalmente scollegato dalle effettive richieste del mondo del lavoro. L'illusione generata da questo sistema si è potuta facilmente appoggiare alla tutta italiana moderna tendenza a considerare il lavoro manuale e tecnico meno nobilitante di quello intellettuale, alla tutta italiana tendenza a considerare chiunque idoneo a esercitare una qualsiasi attività professionale e intellettuale, e al tutto italiano disinteresse a trovare in tempi brevi un impiego che contribuisca al funzionamento del sistema economico e sociale. Aver consentito poi, indiscriminatamente a tutti, l'accesso alla maggior parte delle facoltà, ha fatto sì che dopo anni di studio molti giovani abbiano maturato aspettative che il mercato del lavoro non può soddisfare, e che anche i meritevoli e dotati si ritrovino con un'attestazione dal valore inflazionato. E' dunque, assolutamente indispensabile l’attuazione di misure drastiche per una razionalizzazione del sistema universitario allo scopo di collegarlo al mercato del lavoro. Va in primo luogo ridotto il numero di università, con lo scopo di arrivare a un sistema che crea pochi poli di eccellenza piuttosto che miriadi di centri di mediocrità. In secondo luogo andrebbe diminuito il numero dei corsi di laurea, che negli ultimi anni Il sistema universitario nazionale, giovandosi della complicità di certi settori è cresciuto in modo totalmente scollegato da quello del lavoro sono proliferati seguendo logiche di totale fantasia; quelli che non hanno un diretto collegamento con il mondo del lavoro vanno chiusi o accorpati come indirizzi ad altri corsi di studio. Infine è utile e imprescindibile l'estensione del cosiddetto "numero chiuso" a tutti i corsi di laurea; il numero massimo d’iscritti al corso, non dovrebbe, infatti, superare il numero dei laureati degli anni precedenti che nel giro di poco hanno trovato realmente un impiego attinente al percorso di studio svolto. A ciò si accompagni una modifica sostanziale dei test d'ammissione per renderli più seri e utili alla selezione, inserendo come parametro non dominante ma qualificante, i risultati ottenuti nel precedente iter scolastico. La limitazione degli accessi porterebbe beneficio in primo luogo agli studenti, in quanto facilitati in seguito a trovare occupazione; a chi oggi è già laureato in tali discipline, perché si scontrerebbe con una minore quantità di nuovi laureati.
(Fonte: A. Faustini, segretario provinciale Udc, Alto Adige 11-10-2012)
 
NUOVI STATUTI. IL MIUR RICORRE AL TAR CONTRO L’UNIVERSITÀ DI TRIESTE: «IL CDA NON VA ELETTO» PDF Stampa E-mail
Il MIUR ha citato al TAR l’Università di Trieste. Sotto accusa l’insistenza dimostrata da Trieste nel difendere criteri “elettivi” per nominare i membri interni (docenti e personale tecnico-amministrativo) del nuovo Consiglio di amministrazione post-riforma, cui sono affidati gli indirizzi strategici per l’ateneo. Secondo il MIUR, tutto il CdA (che per la prima volta inserisce anche persone esterne al recinto accademico, reclutate attraverso un avviso pubblico e non cooptate in rappresentanza di enti locali), i rappresentanti interni vanno invece vanno “scelti” o “designati”. Senza elezioni. Trieste si è “insubordinata”, ha promulgato il nuovo Statuto senza accogliere i rilievi ministeriali. Da qui la citazione al Tribunale amministrativo, di cui ancora si attende la sentenza di merito. Secondo la legge, ha scritto già nel gennaio scorso il ministero, solo i due rappresentanti degli studenti in Cda devono essere “eletti”. I quattro fra docenti, ricercatori e tecnici-amministrativi vanno “scelti” o “designati”, così come i quattro componenti esterni (di cui uno resta nominato dalla Regione). «Se il legislatore avesse voluto intendere i termini “designazione” e “scelta” come comprensivi anche di sistemi di tipo elettivo, lo avrebbe detto espressamente» dice il MIUR nel testo del ricorso.
(Fonte: G. Ziani, Il Piccolo 11-10-2012)
 
ACCREDITAMENTO DEI CORSI E DELLE SEDI. TARDA IL DECRETO ATTUATIVO PDF Stampa E-mail
Uno dei capitoli dell'attuazione della riforma Gelmini è il sistema di accreditamento dei corsi e delle sedi con il quale il ministro dell'università intendeva sanare i mali del sistema premiando i virtuosi (con fondi in più) e sanzionando gli inadempienti (con la chiusura degli stessi corsi). Il tutto sarebbe dovuto partire già dall'anno in corso, giacché entro l’aprile 2013 i nuclei di valutazione interna degli atenei avrebbero dovuto trasmettere all'ANVUR la relazione annuale con gli esiti delle loro attività valutative per ogni corso di studio e per la sede, a giugno poi, consegnare la compilazione finale dei corsi di laurea contenente la programmazione didattica per l'anno accademico 2013-14. Tutta quest’attività sarebbe stata sintetizzata dall'ANVUR in una relazione da mandare al MIUR, sulla base del quale sarebbe avvenuta la distribuzione di una quota premiale del Fondo del finanziamento ordinario. Ma ancora per quest'anno le risorse in base al merito restano sulla carta. Perché il decreto attuativo sull’accreditamento che avrebbe dovuto regolare tutto questo non è stato ancora promulgato. Il risultato è che ogni ateneo sta cercando di organizzarsi come meglio può in maniera autonoma e casuale. La legge prevede nello specifico l'introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio universitari fondato sull'utilizzazione di specifici indicatori definiti ex ente dall'ANVUR per la verifica del possesso da parte degli atenei di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca, nonché di sostenibilità economico-finanziaria; in sostanza il ministero, su parere conforme dell'ANVUR autorizza o non autorizza, nel caso dell'accreditamento iniziale, conferma o revoca, nel caso dell'accreditamento periodico, l'attività di corsi di studio o di interi Atenei.
(Fonte: ItaliaOggi 13-10-2012)
 
RIFORMA UNIVERSITARIA. ADDIO ALLE FACOLTÀ PDF Stampa E-mail
Dall’ottobre 2012 la riforma Gelmini ha decretato la fine delle facoltà universitarie, trasformate in dipartimenti dai nomi più diversi. Il cambiamento può apparire di poco conto o anche un'inutile e forse frivola questione di parole che non cambia la realtà delle cose. In realtà ha comportato un rimescolamento delle carte nell'università, con una rimodulazione dei poteri. Sembra che la fine delle facoltà confermi l'osservazione di Hegel che «ogni cambiamento culturale si riduce a un cambiamento di classificazione»: il classificare e ordinare gli studi non più per facoltà ma per dipartimenti sottintende un profondo mutamento culturale. Si tratta di capire quale sia la direzione di questo cambiamento. Il termine «facoltà» è medievale e connesso con l'origine stessa dell'università come istituzione atta all'elaborazione del sapere (la ricerca) e la sua trasmissione ai giovani (la didattica). La «facultas» era una parte dell'anima umana, e le diverse facoltà rappresentavano la traduzione istituzionale circa gli studi di quella dimensione dello spirito. Col tempo l'istituzionalizzazione si è arricchita, ma in tutto il mondo la partizione in «facoltà» è rimasta centrale e costituisce la struttura portante dell'università.
(Fonte: M. Mori, L’Unità 15-10-2012)
 
STUDENTI. COSTI DEGLI ATENEI ITALIANI NEL RAPPORTO NAZIONALE FEDERCONSUMATORI PDF Stampa E-mail
Il secondo Rapporto Nazionale Federconsumatori sui costi degli Atenei italiani, riferito all’anno 2011, evidenzia come sia leggermente aumentato, rispetto all’anno precedente, l’ammontare delle tasse per gli studenti appartenenti alle fasce più alte (+4% per la quarta fascia, +10% per la quinta). Discorso inverso per le fasce di reddito minori, laddove, per lo stesso anno, si è registrata una lieve diminuzione (-1% per la prima fascia, -4% per la seconda). Lo stesso Rapporto Federconsumatori mette in luce una netta differenza tra Atenei del Nord e del Sud, con i primi più cari, in media, del 28,3% rispetto ai secondi. Se invece a essere presa in considerazione è la fascia più alta di contribuzione, allora il differenziale tra Atenei settentrionali e meridionali raggiunge quota 68%. Non stupisce, dunque, che, prendendo come riferimento la prima fascia, l’Ateneo più caro sia risultato quello di Parma, con una retta di 1005,87 Euro annui per le facoltà scientifiche e di 890,05 Euro per quelle umanistiche. Vale a dire il 103% in più rispetto alla media nazionale, che corrisponde a 464,85 Euro per le facoltà umanistiche e 473,99 Euro per le facoltà scientifiche. Lo scettro di Ateneo meno caro è andato invece, sempre secondo Federconsumatori, all’Università Aldo Moro di Bari, dove la contribuzione per la fascia minima si attesta, sia per le facoltà scientifiche sia per quelle umanistiche, intorno ai 290 Euro. Alla contribuzione destinata all’Ateneo, si aggiunge la Tassa Regionale Universitaria, aumentata quest’anno, in alcuni casi, di oltre il 50%. Questa tassa ha raggiunto, perciò, una soglia minima di 120 Euro, fino a un massimo di 140 Euro, anche in quelle regioni, tra cui Puglia e Campania, in cui, fino all’anno 2011, si attestava sui 62 Euro.
(Fonte: S. Aurino, lindro.it 09-10-2012)
 
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