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8 Ottobre
IL RISCATTO DELLA LAUREA E DEI DIPLOMI PDF Stampa E-mail
Il riscatto della laurea è una facoltà che viene concessa al lavoratore per ottenere, a titolo oneroso, il riconoscimento ai fini previdenziali e pensionistici dei periodi scoperti da contribuzione obbligatoria o figurativa. Possono essere riscattati:
* i diplomi universitari (corsi di durata non inferiori a due anni e non superiore a tre);
* i diplomi di laurea (corsi di durata non inferiore a quattro e non superiore a sei);
* i diplomi di specializzazione che si conseguono successivamente alla laurea e al termine di un corso di durata non inferiore a due anni;
* i dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge;
* i titoli accademici introdotti dal decreto n. 509 del 1999, cioè la laurea con corso di durata triennale e laurea specialistica, al termine di un corso di durata biennale cui si accede con la laurea.
Per quanto riguarda i diplomi rilasciati dagli Istituti di Alta Formazione Artistica e Musicale, possono essere ammessi a riscatto ai fini pensionistici, secondo le vigenti disposizioni in materia, i nuovi corsi attivati dal 2005 che danno luogo al conseguimento dei seguenti titoli di studio: diploma accademico di primo livello, di secondo livello, di diploma di specializzazione e di diploma accademico di formazione alla ricerca.
Per i particolari si veda gazzettadiparma.it 26-09-2012.
 
RICERCA. IMPRESE SPIN-OFF DELLA RICERCA PUBBLICA PDF Stampa E-mail
Le imprese spin-off della ricerca pubblica possono svolgere un ruolo di una certa rilevanza nei processi di trasferimento tecnologico (tt) pubblico-privato e d’innovazione industriale. Queste imprese nascono per gemmazione da un’università o da un ente pubblico di ricerca (epr), in cui un gruppo di ricercatori costituisce un nucleo imprenditoriale finalizzato alla valorizzazione di competenze e risultati dell’attività di ricerca maturati all’interno dell’istituzione di origine (Conti, Granieri e Piccaluga, 2011). Esistono diverse ragioni per considerare le imprese spin-off della ricerca pubblica catalizzatori di ricchezza e conoscenza scientifica. Innanzitutto, la multidisciplinarità può essere sviluppata solo in condizioni in cui sia offerta la possibilità di accedere contestualmente a diversi ambienti e ambiti di ricerca, presupposto garantito dalle imprese spin-off della ricerca pubblica (Shane, 2002). In secondo luogo, l’organizzazione delle attività di R&S nelle grandi imprese si è evoluta verso modelli di business più aperti (Chesbrough e Crowther, 2006), guardando con sempre maggiore interesse alla possibilità di stringere alleanze strategiche con imprese di minori dimensioni e capacità scientifiche più sofisticate, come le imprese spin-off della ricerca pubblica.
(Fonte: F. Lazzeri e A. Piccaluga, universitas 125, luglio 2012)
Tabella - Localizzazione geografica delle imprese spin-off attive al 31 dicembre 2011 (n=990)

 
RICERCA. SPESA CRESCIUTA DEL 2,7% NELLA SECONDA METÀ DEL DECENNIO PDF Stampa E-mail
Gli investimenti pubblici nella ricerca dell'Italia, da sempre inferiori alla media dei Paesi industrializzati, hanno iniziato a crescere negli ultimi anni ma rimangono deboli legami tra il settore privato e i ricercatori, spesso costretti a emigrare per trovare migliori opportunità. E' il quadro tracciato dall'Ocse in un rapporto sulle evoluzioni del settore ricerca e innovazione nei diversi paesi aderenti all'organizzazione.  "Nel 2010 la spesa domestica in ricerca era pari a solo l'1,26% del Pil, circa la metà della media Ocse, una percentuale più in linea con i paesi in via di sviluppo". "Il settore privato contribuisce solo a circa la metà di tale spesa, una quota bassa per un'economia avanzata". Questa "bassa quota di ricerca pubblica finanziata dall'industria", afferma l'Ocse, "indica deboli legami tra l'industria e la ricerca: c'e' poca disponibilità di venture capital; il tasso di brevetti delle giovani imprese è basso". L'Italia ha quindi "pochi ricercatori rispetto agli standard internazionali", sebbene "la partecipazione ai network internazionali sia abbastanza forte". La spesa domestica in ricerca nella seconda metà del decennio è cresciuta di circa il 2,7%, attesta l'organizzazione di Parigi, che, con riferimento al 2009, calcola un contributo dell'industria pari al 44%, una spesa pubblica del 42% e un restante 9% legato a finanziamenti provenienti dall'estero.
(Fonte: AGI 13-09-2012)
 
RICERCA. BANDO SUI CLUSTER TECNOLOGICI PDF Stampa E-mail
11 domande e 44 progetti, articolati in 9 settori strategici della ricerca. Per un valore complessivo di 408 milioni di euro. E’ stata positiva, e i numeri lo dimostrano, la risposta al bando sui cluster tecnologici  pubblicato il 30 maggio scorso dal MIUR. E con la conclusione, venerdì 28 settembre, dei tempi per la presentazione delle domande e dei progetti, inizia la fase di valutazione. Obiettivo del bando è superare la frammentazione del mondo dei distretti e dei poli tecnologici, aggregando tutta la filiera dell’innovazione, composta di università, aziende, centri di ricerca pubblici e privati, intorno a dei grandi cluster nazionali nelle seguenti nove aree d’intervento: chimica verde, aerospazio, mezzi e sistemi per la mobilità di superficie e marina, scienze della vita, agrifood, tecnologie per gli ambienti della vita, energia, fabbrica intelligente, tecnologie per le smart communities. Sul piatto, 408 milioni di euro così composti: 368 milioni che provengono dal fondo per le agevolazioni alla ricerca (Far), destinati all’intero territorio nazionale. Mentre gli altri 40 milioni di euro giungono dal Pon “Ricerca e competitività” 2007-2013 e sono dedicati alle 4 Regioni della convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia). Il valore dei progetti presentati, tuttavia, è più alto delle risorse a disposizione: 499,6 milioni. La selezione sarà effettuata da una commissione di esperti internazionali. Le procedure si concluderanno entro un mese.
(Fonte: informazionescuola.it 01-10-2012)
 
RICERCA. CER: MAGGIORE PERMEABILITA' DELLE ISTITUZIONI. BRACCO (CONFINDUSTRA): CREARE IL RUOLO DEL RICERCATORE INDUSTRIALE PDF Stampa E-mail
''In Italia avete ottimi ricercatori che stanno raggiungendo livelli superiori alle medie europee, ma servirebbero maggiore permeabilità delle istituzioni, innovazione ecologica, sistemi di ricerca''. Lo ha affermato Helga Nowotny, presidente del Consiglio Europeo della Ricerca (CER), che ha aperto la prima edizione di Trieste Next, Salone Europeo dell'Innovazione e della Ricerca Scientifica. La Nowotny ha tracciato il quadro della ricerca a livello europeo. ''Il CER ha finanziato 3102 progetti fino al 2012, con un tasso di successo medio del 12%. Un quinto dei ricercatori finanziati è donna. Dal 2007 l'Italia ha presentato 4512 progetti, di cui 189 finanziati, soprattutto starters (il 38% di donne), ma anche progetti di ricerca avanzata (19%). Il soggetto che ne ha proposti di più è il Cnr, seguito dall'Università La Sapienza di Roma. Nel futuro del CER c'e' una proposta di bilancio di 15 miliardi di euro per i prossimi 7 anni''. E' seguito il dibattito sul tema ''Le nuove politiche europee della ricerca'' che ha visto anche l’intervento di Diana Bracco vice presidente Confindustria con delega alla Ricerca e Innovazione. ''La ricerca libera è fondamentale per trovare dei filoni nuovi - ha detto Diana Bracco - ma certamente le imprese devono poi fare i conti con anni d’investimento prima di arrivare ad avere dei risultati. Ci sono temi che deve portare avanti il sistema pubblico se vuole avere un paese protagonista nella ricerca. Nel momento in cui riapriranno il tema credito d'imposta, devono dare un segnale distintivo sulla collaborazione tra ricerca e industria, è un forte incentivo. L'obiettivo è creare il ruolo del ricercatore industriale, che passi per alcuni periodi dall'università all'industria''.
(Fonte: ASCA 28-09-2012)
 
RICERCATORI. SENTENZA DEL TAR. AL RICERCATORE VA RETRIBUITA LA SUPPLENZA CHE SUPERA IL MONTE ORE GRATUITO PDF Stampa E-mail
I giudici della prima sezione del Tribunale amministrativo di Lecce hanno dato ragione a una ricercatrice alla facoltà di Scienze Matematiche fisiche e naturali dell’Università del Salento, che chiedeva di essere pagata per il corso tenuto nell’anno accademico 2007-8.
La ricercatrice aveva ottenuto, con delibera del Consiglio di facoltà del 19 settembre 2007, di svolgere la supplenza a titolo retribuito in matematica generale (classe M-Z) nel corso di laurea in Management aziendale della facoltà di Economia. Il bando, nello specifico, prevedeva che il pagamento dell’attività svolta fosse subordinato all’entità dei finanziamenti in Bilancio, e quindi informava gli interessati che la supplenza avrebbe potuto avere una retribuzione ridotta. Ma al momento di riscuotere i 10mila euro previsti, la ricercatrice ha avuto notizia che non solo il compenso era stato ridotto, ma era stato azzerato del tutto. Da qui la scelta di ricorrere contro l’Università del Salento. E i giudici del TAR le hanno dato ragione: nonostante i termini del contratto previsti dal bando, infatti, il Collegio ha rilevato che “per pacifica e condivisa giurisprudenza di legittimità, non è ammissibile una rinuncia preventiva al compenso da parte del lavoratore, sicché la stessa va ritenuta nulla, e come tale non è vincolante nei confronti dell’odierna ricorrente. Infatti, la rinuncia, come fattispecie estintiva, deve riguardare una situazione giuridica completa di cui il soggetto è titolare o, in specifiche fattispecie, una situazione in divenire, come il diritto di accettare l’eredità. E’ privo di un elemento essenziale il negozio che riguardi qualcosa di cui non si è titolari”.
La ricorrente, precisano poi i giudici, aveva diritto a essere pagata per il lavoro svolto anche perché le lezioni superavano il monte orario massimo previsto per le attività didattiche dei ricercatori, che arriva a 250 ore, entro il quale possono essere svolti insegnamenti a titolo gratuito, mentre lei aveva lavorato per 317 ore.
(Fonte: ilpaesenuovo.it 13-09-2012)
Link al testo integrale della sentenza del TAR Lecce.
 
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