Home 2012 12 Settembre
12 Settembre
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. I TEST PER GLI ATENEI SONO NECESSARI PDF Stampa E-mail
Studenti in piazza contro i test d’ingresso all’università considerati una “lotteria”. Ieri come oggi dunque nulla è cambiato? Rispetto al 1997-1998, quando furono introdotte le prime prove, adesso i quesiti sono molto più attinenti ai programmi di scuola e migliori anche qualitativamente. Quindi, da sottosegretario e da esperta di test, lei ci garantisce la qualità delle prove somministrate? Sicuramente si può ancora migliorare a breve termine, per il prossimo anno. Poi potremmo introdurre, come proposto dai presidi di Medicina, dei percorsi di orientamento già dal quarto anno di scuola superiore: sarebbe un vantaggio per i ragazzi che potrebbero già capire le proprie attitudini e scegliere di conseguenza. Ma con queste facoltà a numero chiuso non viene meno il diritto, la libertà di scegliersi il proprio futuro? Senza selezione si fa un danno ai ragazzi: prima dell’introduzione dei test si laureava il 50 per cento degli iscritti. Il numero chiuso ha migliorato la qualità della proposta didattica. Non si rischia, però, di premiare il nozionismo a danno della curiosità e della motivazione dei giovani? Non credo: di solito c’è correlazione tra punteggio ottenuto nei test e determinazione. Chi si prepara e studia ce la fa!
(Fonte: O. Ciccarelli, intervista al sottosegretario Ugolini, metro news.it 05-09-2012)
 
CLASSIFICAZIONE ARWU. PERCHÉ NESSUN ATENEO ITALIANO È FRA I PRIMI CENTO PDF Stampa E-mail

L'Arwu (Academic Ranking of World Universities) 2012 ha valutato circa 5.000 università in tutto il mondo, ed essere fra il 1000 e il 150° posto significa essere nel 3% delle università migliori al mondo», fa notare il prorettore della Sapienza Giancarlo Ruocco, «il risultato è di tutto rispetto». Allora perché gli atenei italiani ancora non riescono a entrare nel gruppo dorato dei primi cento, occupato per lo più da inglesi e americani? «Quello che ci manca è la capacità di organizzare il reperimento di fondi progettuali — spiega ancora Ruocco. Soprattutto le università generaliste, non riescono a creare dei progetti validi che attirino risorse economiche e che ci permettano di crescere, anche a livello internazionale. E, infatti, uno dei compiti che ci siamo dati — conclude Ruocco — è quello di creare esperti del settore, professionalità specifiche in grado di mettere a punto i progetti di ricerca».
In effetti, la classifica Arwu dà grande importanza alla qualità delle performance, sia accademiche sia di ricerca, considerando elementi come il numero di riconoscimenti internazionali ottenuti dallo staff accademico, il numero delle pubblicazioni e delle citazioni, i risultati conseguiti in relazione alle dimensioni dell'istituzione. Rischia di non essere obiettiva, come ipotizza la ministra francese all'Istruzione Geneviève Fioraso, secondo cui l'Arwu «non tiene conto della qualità dell'insegnamento e ignora in gran parte le scienze umane e sociali»? «Tutte le classifiche sono parziali, indicative, perché fanno riferimento solo ad alcuni indicatori — risponde il presidente della CRUI Enrico Decleva —. E comunque in Italia o si assume un atteggiamento più responsabile, e cioè ci si rende conto che bisogna investire in alta formazione, oppure le università nostrane non potranno mai essere ai primi posti della classifica». «Non a caso i primi sono sempre gli inglesi e gli americani — incalza il rettore del Politecnico di Milano, Giovanni Azzone —. In quei Paesi ci sono alcuni poli universitari che attraggono la maggior parte delle risorse e che così diventano eccellenza in settori specifici. In Italia questo non succede, è tutto molto frammentato». Come se ne esce? «Imitando il modello francese e tedesco — spiega Azzone —, dove si hanno molti centri di qualità, ma si punta sull'eccellenza di alcuni». E la strada intrapresa dall'Università di Pisa, che non a caso nella classifica Arwu ha ottenuto un risultato lusinghiero anche per quanto riguarda i macro-settori: in Scienze naturali ha confermato la leadership, essendo l'unica italiana presente tra le prime 100 al mondo. Ma numeri in classifica e graduatorie hanno davvero un senso per chi studia? «Assolutamente sì — conclude Azzone —. Sono passati da due a quattro milioni i ragazzi che ogni anno scelgono di frequentare l'università all'estero nei Paesi dell'area Ocse. Dobbiamo avere visibilità internazionale se vogliamo essere competitivi e attrarre cervelli. O non far fuggire i nostri».
(Fonte: V. Santarpia, Corsera 18-08-2012)

 
NUOVO RAPPORTO SIR (SCIMAGO INSTITUTIONS RANKING) PER L’ANNO 2012 PDF Stampa E-mail

E’ stato pubblicato il nuovo Rapporto SIR (Scimago Institutions Ranking) per l’anno 2012. Il SIR World Report mira a fornire un’importante analisi e valutazione degli istituti di ricerca di tutto il mondo e mostra dati quantitativi relativi alle citazioni e alle pubblicazioni di tutti gli organismi di ricerca che abbiano pubblicato almeno 100 documenti scientifici nel database scientifico Scopus. E’ interessante notare come in cosi pochi anni (dal 2009 a oggi) si siano aggiunte ben 1166 (+ 64,5%) nuove istituzioni (erano 2124 nel 2009, oggi sono 3290) che hanno prodotto almeno 100 lavori. Sintomo inequivocabile di una conoscenza che ‘circola’ più facilmente (grazie alle nuove tecnologie e al web) creando nuove occasioni per la proliferazione delle idee e per l’innalzamento dell’asticella della frontiera della conoscenza.
Gli indicatori selezionati sono i seguenti:

• Output (O). Rappresenta il numero di documenti pubblicati sulle riviste scientifiche nel periodo considerato.

• International Collaboration (IC). Rappresenta le pubblicazioni realizzate in collaborazione con istituti stranieri.

• Impatto Normalizzato (NI). Questo indicatore mostra il rapporto tra l’impatto medio scientifico di un’istituzione e l’impatto medio mondiale delle pubblicazioni nello stesso periodo di tempo dei soggetti della stessa area. I valori sono espressi in percentuale e mostrano il rapporto della media dell’istituto e la media mondiale (che è pari a 1), per cui: un punteggio di 0,8 significa che l’istituzione è citata il 20% sotto la media, mentre un punteggio di 1,3 significa che l’istituzione è citata il 30% sopra la media.

• Pubblicazioni di alta qualità (Q1). Rapporto delle pubblicazioni di un’istituzione pubblica nelle più influenti riviste scientifiche del mondo. Le riviste considerate per questo indicatore sono quelle classificate nel primo quartile (25%) delle loro categorie, così come classificate in base agli indicatori di SCImago Journal Rank SJR;

• Con i nuovi parametri Excellence e Leadership si prendono in considerazione rispettivamente il 10% dei paper più citati al mondo e la percentuale di lavori in cui i docenti/ricercatori dell’Istituzione siano i principali contributori.
(Fonte: statoquotidiano.it 06-09-2012)
 
CLASSIFICA SCIMAGO*. IL POLITECNICO DI BARI PRIMA UNIVERSITÀ STATALE IN ITALIA PER LA QUALITÀ DELLA RICERCA SCIENTIFICA PDF Stampa E-mail

Il Politecnico di Bari si conferma la prima università statale in Italia per la qualità della ricerca scientifica. Anche per il 2012 l'ateneo pugliese ha sbaragliato tutte le altre sedi pubbliche nazionali, sono 58 quelle considerate, compresi i due politecnici concorrenti di Milano e Torino, nell'ambito della classifica mondiale stilata annualmente dal centro studi «Scimago», il più autorevole centro studi in materia a livello globale, riuscendo anche a migliorare le prestazioni del 2011. Il calcolo si basa sull'impatto che le ricerche condotte presso Ingegneria e Architettura hanno sulla comunità scientifica mondiale. Secondo gli analisti che hanno compilato il «World report institutions rankings», le pubblicazioni scientifiche dei docenti e ricercatori del Politecnico hanno registrato il più alto indice d'impatto normalizzato, un metro di misura che esprime la rilevanza delle pubblicazioni presso la comunità scientifica internazionale, rispetto alla media mondiale.
(Fonte: L. Barile, La Gazzetta del Mezzogiorno 04-09-2012)

* The SCImago Institutions Rankings (SIR) project is a Research Evaluation Platform and Ranking Generator to analyze research outputs of universities and research-focused institutions. The SIR platform aims at designing analytical tools to help institutions monitor and assess their research outcomes and make decisions to improve their research performance and funding opportunities.
 
FINANZIAMENTI. LE QUOTE PER LA PREMIALITÀ PDF Stampa E-mail

Gli stanziamenti per la premialità, prelevati dall’intero FFO, sono stati pari a:

a) 523,5 ml€, pari a ca. il 7% dell’intero FFO, per il 2009:

b) 720 ml€, pari a ca. il 10% dell’intero FFO, per il 2010;

c) 832 ml€, pari a ca. il 12% dell’intero FFO, per il 2011;

d) 910 ml€, pari a ca. il 13% dell’intero FFO, per il 2012.

Le percentuali d’incremento della quota premiale sono state rispettivamente pari a: 37,54%, per il 2010; 15,55% per il 2011 e 9,37% per il 2012.

Le modalità di ripartizione delle risorse così individuate sono impostate sulla valutazione della “qualità dell’offerta formativa”, dei “risultati dei processi formativi” e sulla “qualità della ricerca scientifica”. Le risorse sono ripartite a monte per il 34% pariteticamente tra offerta formativa e risultati; per il 66% alla qualità della ricerca scientifica. Dal confronto dei dati del 2012 sul 2011 (Figura), a parità di criteri e pesi utilizzati per entrambi gli anni considerati, si riconfermano nella graduatoria con il segno positivo solo 11 atenei, ai quali se ne aggiungono altri 16 che nel 2011 figuravano nella graduatoria con il segno negativo. Analogamente si riconfermano nella graduatoria 2012 con il segno negativo 14 atenei ai quali se ne aggiungono altri 12 che nel 2011 figuravano nella graduatoria con il segno positivo. Quindi a parità di criteri e pesi, gli spostamenti nella graduatoria di merito verso l’alto o verso il basso, corrisponderebbero a miglioramento/peggioramento dell’efficienza complessiva dell’ateneo rispetto al 2011.
(Fonte: E. Rucci, roars 08-09-2012)

 
FINANZIAMENTI. UN TAGLIO DEL 2,5% AL FFO NELLA BOZZA DI REVISIONE DELLA SPESA STATALE PDF Stampa E-mail
Per la spending review le forbici di Enrico Bondi non si sono dedicate solo alle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, ma anche agli atenei e ai centri di ricerca. Secondo la bozza di revisione della spesa statale (ormai nota come spending review), la massa aggredibile nel comparto universitario pubblico è di 532 milioni di euro e poco più del 30% di questa cifra può, anzi deve essere tagliata subito (per la precisione Bondi punta a un risparmio di circa 170 milioni di euro, che è quasi il 2,5% di quanto lo Stato trasferisce alle università attraverso il Ffo, acronimo che sta per Fondo per il finanziamento ordinario delle Università, il capitolo di spesa del ministero dell'Istruzione che rappresenta il principale canale di finanziamento per gli atenei statali). Alla quantificazione della spesa eccessiva Bondi e i suoi sono arrivati calcolando attraverso il Siope (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici), la grande banca dati della spesa pubblica, il totale dei costi intermedi di ogni ateneo (dentro questa voce finiscono tutte le spese di produzione, al netto degli stipendi per il personale a tempo indeterminato). Si va dalle collaborazioni alle spese di formazione, dalla manutenzione degli immobili agli affitti, dal riscaldamento alle licenze software. La cifra complessiva di questi costi è stata poi divisa per il numero di dipendenti di ogni amministrazione e, dopo aver calcolato la media nazionale, le spese superiori al costo standard sono state considerate eccessive e pertanto aggredibili. Segue la tabella dei tagli proposti all'università dal commissario Bondi.
(Fonte: A. Satta, Milano Finanza 01-09-2012)

 
Altri articoli...
« InizioPrec.12345678910Succ.Fine »

Pagina 6 di 14