Home 2012 12 Settembre
12 Settembre
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. PERCORSI DI ORIENTAMENTO GIÀ DAL QUARTO ANNO DI SUPERIORI PDF Stampa E-mail
Sono efficaci i test di selezione universitari? «La mia impressione è che mancano alcune caratteristiche». Quali? I test non aiutano a verificare «la capacità di problem solving, ad esempio. E poi la creatività e la capacità d’innovazione che sono caratteristiche trasversali a tutte le facoltà, anche a quelle a indirizzo scientifico. I test di sicuro non aiutano a identificarle». Dunque i test non sono adeguati per sondare l'effettiva attitudine a un percorso di studi? «Bisognerebbe concentrarsi sul periodo precedente l'università, da quando si lascia la scuola media per le superiori. Perché l'orientamento è fondamentale e invece viene lasciato esclusivamente alle famiglie. Così si rischia di fare una grande discriminazione tra chi ha genitori ricchi o acculturati e chi proviene da una famiglia semplice. È difficile scegliere bene quando si hanno 14 anni. Eppure è da quella decisione che poi dipenderà il futuro, non solo universitario. È quello il tempo in cui iniziare a incanalare il proprio talento e le inclinazioni personali». «Non è uno slogan, ma la realtà. Il futuro di un Paese inizia dai banchi di scuola».
(Fonte: intervista a J. Morelli, presidente dei giovani industriali, La Stampa 05-09-2012)
 
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. L’OPINIONE DI UN CHIRURGO PDF Stampa E-mail

Favorevole o contrario al numero chiuso a Medicina? «Favorevole. In qualche modo è necessario prevedere un numero ristretto. Assurdo pensare di avere 1500 matricole, come accadeva negli Anni Ottanta. È un facile populismo quello che dice "tutti dentro"». Molti suoi colleghi sostengono sarebbe almeno opportuno spostare in avanti lo sbarramento. È d'accordo? «Sarebbe meglio creare un anno propedeutico, alla fine del quale si sostiene l'esame. E chi non entra, può deviare verso altre facoltà». Si dice però che in questo modo l'Italia, fra meno di un decennio, non avrà più specialisti. Come assumerà i medici?  «La verità è che siamo stati abituati all'abbondanza. Ricordo che negli Anni Ottanta servivano 15 o16 chirurghi per coprire il pronto soccorso di un ospedale di provincia, in modo che tutti i turni fossero supercoperti».
C'è chi le risponderebbe che oggi siamo passati da un eccesso all'altro, anche grazie al numero chiuso. Che cosa ribatte? «È vero, siamo passati da un eccesso all'altro. Soprattutto, il rischio è che si trovino sempre meno "vocazioni" per le specialità difficili, quelle che oltre ad essere complesse sono più a rischio dal punto di vista giudiziario. Penso alla chirurgia o alla ginecologia». Lei è dunque d'accordo con i test, anche se un anno dopo. Ma come giudica le domande? «Darei più spazio ai quesiti scientifici, ma non si può prescindere da quelli di logica e di cultura generale».
(Fonte: intervista a M. Salizzoni, responsabile di un centro trapianti, La Stampa 05-09-2012)

 
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. L’OPINIONE DI UNO STUDENTE DI MEDICINA PDF Stampa E-mail

Se si eliminasse il test di ammissione a Medicina, quale sarebbe il risultato? Degli oltre 70 mila che ogni anno s’iscrivono a questa facoltà, una percentuale considerevole non riuscirebbe a sostenere i ritmi di studio martellanti e la complessità di base delle materie, per ritirarsi poi durante il percorso accademico; dei molti che invece raggiungerebbero il traguardo della laurea, più della metà non troverebbe lavoro in quanto il Sistema Sanitario non necessita certo di un numero così alto di nuovi medici ogni anno. Per non parlare poi dei servizi che sarebbero offerti alla fiumana di studenti, che si troverebbero senza aule adeguate, senza i docenti necessari per far loro lezione e senza alcuna attività tutoriale che una facoltà come Medicina necessita.
Così com’è somministrato oggi, il test di ammissione verte su argomenti e campi disciplinari che possono essere sicuramente rivisti, come riveduto può essere anche il numero degli ammessi: si legge in continuazione di come, con un quantitativo così ristretto di medici neolaureati l’anno, vi sarà un deficit nel futuro. Se tuttavia si eliminasse completamente il numero chiuso, il primo danno si farebbe proprio a quegli studenti che ora protestano e s’indignano. Nella mia (per ora) breve esperienza universitaria, mi sono reso conto che quel test, che ho sostenuto ormai un anno fa, non era che la prima e la più piccola di una lunga serie di difficoltà che mi aspettano sul cammino che ho intrapreso, prima e dopo la laurea!
(Fonte: M. Calabresi, La Stampa 05-09-2012)

 
ACCESSO AI CORSI DI MEDICINA. IL BUSINESS DEGLI ESCLUSI AL TEST PDF Stampa E-mail
"Per non entrare bisogna essere dei fenomeni al contrario". La promessa è di quelle che accendono qualcosa di più di una speranza nei ragazzi che vogliono a tutti i costi fare Medicina e nei loro familiari, pronti a spendere cifre anche importanti per permettere ai figli di inseguire un sogno. Ed è su quella promessa, sulla maggiore facilità di accesso ai corsi in alcune università europee, che si basa il business degli esclusi al test italiano di Medicina. L'agenzia Dire ha indagato e ha scoperto che il business degli esclusi vale fra gli 84mila e i 120mila euro a ragazzo per l'intero corso escluse le spese per vitto e alloggio. Un esborso spartito fra gli atenei e i mediatori che indirizzano fuori i nostri ragazzi. Vieni da noi, paga e il posto è praticamente assicurato: è questa, in sintesi, l'offerta che alcune università straniere, società private e Centri di preparazione universitaria stanno sventolando sotto il naso degli aspiranti camici bianchi che in questi giorni sono alle prese con i quiz. Ma quanto costa la via 'parallela'? Ovvero entrare a Medicina senza fare il test o, al massimo, sostenendo colloqui e prove più semplici rispetto alla selezione che c'è da noi? Ecco quanto raccolto dalla Dire: http://www.diregiovani.it/news/15553-universita-medicina-test-bocciati-business-.dg 05-09-2012)
 
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. ESTENDERE IL NUMERO CHIUSO A TUTTI I CORSI PDF Stampa E-mail
Anziché chiedere l’abolizione del numero chiuso, sarebbe il caso di studiarne l’introduzione anche nelle facoltà che sinora non l’hanno sperimentato. Mi chiedo, per citare un caso che conosco bene, che senso abbia ammettere a una facoltà umanistica studenti che non conoscono l’ortografia e la sintassi, per non dire della punteggiatura. Si obietta che in Italia il numero dei laureati è, nonostante tutto, inferiore alla media dei Paesi industrializzati. Ma questo dipende non tanto dal basso numero delle iscrizioni, quanto dall’alto tasso di «mortalità» universitaria degli iscritti. Lasciamo dunque l’università a quelli che possono e vogliono studiare sul serio. Risparmiamo spazi e risorse, scarsi gli uni e le altre, a vantaggio dei «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi»: come ci suggerisce, anzi ci impone, il dettato costituzionale.
(Fonte: G. Sabatucci, Il Messaggero 06-09-2012)
 
ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ. DI DIRITTO AI CAPACI E MERITEVOLI PDF Stampa E-mail
Un test di ammissione a un corso universitario non può vertere sullo specifico delle materie che poi in quel corso saranno insegnate (e che il candidato ha tutto il diritto di non conoscere, soprattutto se non fanno parte del bagaglio scolastico), ma deve stabilire l'idoneità dello studente ad affrontare quel tipo di studi: dunque valutarne la preparazione di base (un compito cui la scuola superiore troppo spesso abdica, viste le altissime percentuali dei promossi alla maturità), oltre alla capacità di ragionare e di dare risposte in tempi rapidi. Operazione quanto mai delicata e inevitabilmente soggetta a errori, per quanto sofisticate possano essere le tecniche di elaborazione e valutazione dei test. Ma un vaglio basato sul merito, per quanto imperfetto, è comunque preferibile a una selezione dettata dal caso o, peggio, dal privilegio economico. Sempreché, naturalmente, si convenga sulla necessità di un vaglio. E qui veniamo alla questione di principio, quella del diritto allo studio, sollevata alquanto impropriamente. L'istruzione «obbligatoria e gratuita» di cui parla l'art. 34 della Costituzione è quella di base, relativa ai ragazzi dai sei ai quattordici anni (il limite è stato alzato a sedici e dovrebbe secondo me essere elevato ulteriormente fino a coincidere con l'ingresso nella maggiore età: ma questo è un altro discorso). Per quanto riguarda gli studi superiori, lo stesso art. 34 si limita ad affermare il diritto ad accedervi dei «capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi» e il dovere dello Stato di facilitare questo accesso «con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Dunque per merito, e non per una sorta di diritto innato: come dire che tutti possono partecipare a una gara, ma a nessuno è garantito in partenza di vincerla. In Italia come in qualsiasi altro Paese.
(Fonte: G. Sabbatucci, Il Messaggero 06-09-2012)
 
Altri articoli...
« InizioPrec.12345678910Succ.Fine »

Pagina 4 di 14