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25 Giugno
RICERCA. PROSPETTIVE PER I PRECARI DELLA RICERCA PDF Stampa E-mail

Riportiamo la sintesi di un’indagine dell’Associazione Dottorandi e Dottori di ricerca Italiani (ADI) sull’entità del precariato nell’università, sulla sua evoluzione negli anni scorsi e sui possibili sviluppi nei prossimi anni.
Con la riforma Gelmini sono state abolite, per quello che riguarda gli incarichi di ricerca, le borse di studio,

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RICERCA. DUE SOLE FIGURE POST-DOC PDF Stampa E-mail
Proposte per la concentrazione di tutte le figure post-doc in due tipologie: a) Un Contratto unico di ricerca, di natura subordinata e a causa mista, di durata minima annuale (e massima quinquennale) dotato di tutte le garanzie riconosciute agli altri dipendenti delle università (ferie, maternità, previdenza) e del diritto all’accesso alle stesse forme di sostegno al reddito rivolte ai lavoratori precari nel resto del mondo del lavoro. I titolari di Contratto unico di ricerca dovrebbero avere il diritto di ricevere e gestire fondi di ricerca e dignità e prestigio pari ad analoghe posizioni all'estero. Il contratto unico di ricerca dovrebbe applicarsi agli attuali assegnisti, agli attuali contratti a TD di tipo a e ai vincitori di bandi nell'ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione finanziati dall'Unione Europea o dal MIUR, per i quali devono valere le regole di chiamata specifiche relative ai profili richiesti per ciascun progetto. b) Professori junior in tenure track: i percorsi a Tempo Determinato, a cui si accede attraverso valutazioni comparative, devono prevedere fin dall'inizio un meccanismo di tenure track ed impegnare gli atenei a offrire al titolare dei contratti la possibilità di arrivare, previe periodiche valutazioni favorevoli, all'inserimento stabile nei ruoli universitari, attraverso un meccanismo di accantonamento progressivo e scaglionato nel tempo delle risorse necessarie all'inserimento finale nel ruolo di professore associato.
(Fonte: M. Meloni 07-06-2012)
 
RICERCA. DUE PROGETTI PRESENTATI DAL CONSORZIO PER IL CENTRO DI BIOMEDICINA MOLECOLARE PDF Stampa E-mail

Un decreto del MIUR (17-01-12 in G.U.  n. 129 del 5 giugno 2012) ammette al finanziamento due progetti di ricerca presentati dal Consorzio per il Centro di Biomedicina Molecolare: DM60243 dal titolo «Sviluppo di piattaforme tecnologiche integrate nel settore della biomedicina» e DM60643 dal titolo «Dalla nutrigenetica alla nutriceutica: sviluppo di azioni sinergiche ed integrate per la realizzazione di test, diete e prodotti in grado di migliorare la salute pubblica e prevenire le principali patologie alimentari». Le risorse necessarie o sono determinate complessivamente in euro 5.658.500,00.
(Fonte)

 
RICERCA. I POOL DI RICERCA PIÙ INTERNAZIONALI PDF Stampa E-mail

Canada e Australia, Usa e Svezia, insieme alla Svizzera, che detiene il primato, sono questi i Paesi dove i pool di ricerca sono più internazionali secondo uno studio realizzato dai Politecnici di Torino e Milano e dal National Bureau of Economics Research, che ha ricostruito le rotte dei "cervelli in fuga" di 16 Stati di tutto il mondo. I risultati confermano la buona capacità attrattiva di Nord America e Australia, con percentuali tra il 38% e il 47% di paper scientifici realizzati da istituzioni di ricerca che vantano la presenza di almeno un autore di origine straniera. Ma è un Paese europeo, la Svizzera, a incassare il top di scienziati globetrotter. E in Europa hanno molto appeal anche Svezia (37,6%), Olanda (27,7%), Germania (23,2%) e Danimarca (21,8%). L'Italia mostra, invece, un'incidenza di ricercatori stranieri molto ridotta (3%), la più bassa dopo quella registrata in India (0,8%) e di poco inferiore al Giappone (5%), che ha un sistema tradizionalmente chiuso all'immigrazione internazionale.
A guidare il ranking degli Stati "esportatori" di cervelli è, invece, l'India (quasi 4 su 10 sono oltreconfine), seguita da Svizzera (33%) e Olanda (26%). Secondo lo studio, a eccezione di Usa e Giappone, tutti i Paesi con sistemi di ricerca eccellenti perdono circa il 20% di connazionali a favore di Paesi esteri. L'Italia ne perde meno: in media uno su sei. «Una perdita che può essere considerata "naturale" per la dimensione dell'Italia - commenta Franzoni -. Gli scienziati italiani hanno una minor "propensione alla fuga" di quelli tedeschi, inglesi, olandesi, australiani e canadesi. Il problema è semmai che, a differenza di questi Paesi, l'Italia attrae una quota esigua di cervelli stranieri e quindi non compensa le perdite». Gli italiani in fuga hanno fatto rotta in primis verso Stati Uniti, Inghilterra, Germania e Francia.
Le ragioni dell'esodo? «La possibilità di migliorare le prospettive di carriera» e quella di lavorare con «colleghi o gruppi di ricerca eccellenti» sono le risposte più frequenti. Nella maggior parte dei casi la scelta di emigrazione è sostanzialmente irreversibile. In media poco più di uno scienziato su quattro dichiara che tornerà nel Paese di origine (percentuale che scende al 12% per l'Italia) e altrettanti si dicono possibilisti in base alle condizioni di impiego. Ma circa la metà dichiara che non rientrerà a casa, oppure che valuterà di tornare, ma solo in vista della pensione.
(Fonte; F. Barbieri, IlSole24Ore 11-06-2012)

 
LAUREATI E DOTTORI DI RICERCA. BONUS ALLE IMPRESE PER ASSUNZIONI PDF Stampa E-mail

Il credito d'imposta è ogni genere di credito di cui sia titolare il contribuente nei confronti dell'Erario dello Stato. Un credito di imposta può essere destinato a compensare i debiti, a diminuire le imposte dovute oppure, quando ammesso, se ne può richiedere il rimborso, per esempio in sede di dichiarazione dei redditi. In molti Stati sono offerti consistenti aiuti alle aziende che scommettono sull'innovazione. E anche in tempi di crisi, ci sono Paesi che hanno allargato il raggio d'azione: il Portogallo, per esempio, nel 2011 ha esteso il credito d'imposta del 32,5% fino al 2015 e quest'anno ha aumentato il range delle spese agevolabili. Il modello esemplare - secondo uno studio di Sts 37223M - è quello del Canada, che prevede un credito d'imposta federale del 20% per tutti i costi di ricerca e sviluppo sostenuti dalle imprese. In Europa, si distingue la Francia (che investe il 2,26 del Pil in R&S) con un credito d'imposta a quota decrescente: 40% per il primo anno, 35% per il secondo e 30% a regime, oltre a incentivi in denaro per attività di ricerca. I Paesi emergenti, invece, puntano su super deduzioni ed esenzioni fiscali. Il Brasile sconta fino al 180% dei costi in ricerca e sviluppo sostenuti dalle imprese e un ulteriore sconto del 20% sui brevetti registrati, mentre la Cina non applica la "business tax" a chi trasferisce sul proprio territorio tecnologie avanzate, offre esenzioni fiscali a società hi-tech e software house appena insediate, oltre a una deduzione del 150% delle spese di ricerca. Il Sudafrica prevede un ammortamento "sprint" per gli investimenti in R&S, mentre in Russia c'è l'esenzione totale dall'Iva per lo sviluppo di nuovi prodotti e tecnologie, o per il miglioramento di quelli già esistenti.
In Italia nel recente decreto sviluppo, nel quadro di misure a favore del lavoro, s’introduce un contributo in forma di credito d’imposta per le nuove assunzioni a tempo indeterminato di personale altamente qualificato in possesso di laurea magistrale a carattere tecnico o scientifico impiegato in attività di ricerca e sviluppo o in possesso di dottorato di ricerca, conseguito presso una università italiana o estera, senza vincoli sulle attività di impiego. L’aliquota del beneficio è pari al 35%, con un limite massimo pari a 200 mila euro annui ad impresa, delle spese calcolate sul costo aziendale con un vincolo di trattenere il personale assunto per almeno 3 anni. Sono stabilmente destinati alla misura 50 milioni di euro all’anno rivenienti dalle risorse che provengono annualmente dalla riscossione delle tasse sui diritti brevettuali. Il contributo potrebbe favorire oltre 4 mila nuove assunzioni.
(Fonte: Il Sole24Ore 11-06-2012)

 
DOTTORATO DI RICERCA DA VALORIZZARE. QUATTRO PROPOSTE PDF Stampa E-mail

In Italia il dottorato non è ancora considerato un valore aggiunto nel mondo del lavoro, non è ancora decollata una seria politica di accreditamento delle sedi, mancano linee guida uniformi, sono pressoché assenti politiche di diritto allo studio per i dottorandi. La possibilità di frequenza dei corsi di dottorato è quindi legata alle condizioni economiche individuali o familiari, dato che le borse sono insufficienti e erogate a un numero sempre minore di dottorandi. Proposte:
1) Dottorati a tempo pieno e con borse di studio. Il dottorato di ricerca è un’attività da svolgere a tempo pieno e con una dote finanziaria di base: o una borsa di dottorato, o – come accade in altri paesi – integrazione delle borse con altre forme di compenso legate ad attività didattiche o di tutoraggio/orientamento.
2) Il Dottorato di ricerca forma una nuova generazione di funzionari pubblici: a) nei concorsi pubblici, tra i titoli culturali e professionali un punteggio significativo (30%) deve essere riservato al dottorato di ricerca: b) programma “Eccellenze nelle PA” (MIUR/Funzione pubblica) per immettere studenti, selezionati attraverso valutazioni competitive all’ultimo anno di università, in percorsi di formazione per l’accesso come dirigenti e quadri nella PA (si prevedono tre anni di studio attraverso dottorato di ricerca o in forme miste dottorato universitario/scuole di formazione PA, con periodi di 6 mesi all’estero e 6 mesi di formazione attiva presso le PA).
3) Valorizzare l’aspetto formativo del dottorato attraverso controlli nell’accreditamento, in modo che tutte le sedi prevedano anche percorsi didattici e contemplino la frequenza di corsi e seminari destinati ai dottorandi.
4) Obbligo di svolgere un periodo di studio all’estero (minimo 6 mesi) per il conseguimento del titolo di dottore di ricerca.
(Fonte: M. Meloni 07-06-2012)

 
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