Home 2012 12 Maggio
12 Maggio
PER L’UNIVERSITÀ PORTOGHESE A ZAGAROLO (LAUREA IN ODONTOIATRIA) NO DEL TAR LAZIO PDF Stampa E-mail
"No" del Tar del Lazio per l'università privata per dentisti di Zagarolo. L'ateneo portoghese Fernando Pessoa non potrà inaugurare la sua sede distaccata in Italia. Secondo i magistrati, infatti, «più che di filiazione, si tratterebbe di un vero e proprio trasferimento di corsi di laurea» da uno Stato all'altro. Una pratica vietata dalla normativa del ministero dell'Istruzione: gli atenei stranieri possono trasferire solo alcuni dei loro insegnamenti nelle filiali italiane. La Pessoa, invece, aveva previsto di spostare a Palazzo Rospigliosi, a Zagarolo, la quasi totalità delle materie delle lauree in odontoiatria e fisioterapia, lasciando in Portogallo soltanto tre corsi.
(Fonte: l. d'a.; laRepubblica.it Ricerca 05-05-2012)
 
NON SOLO L’INGLESE PER INTERNAZIONALIZZARE I CORSI PDF Stampa E-mail

I corsi possono anche essere insegnati in Inglese ma è anche importante un contesto di "bilinguismo sociale" come avviene all'estero. Serve che gli studenti internazionali incontrino un’amministrazione bilingue, città bilingue e ambienti bilingue. Se tutto il resto intorno rimane monolingua può addirittura avere più senso per lo studente internazionale imparare l'italiano, che tanto gli servirà comunque. Infine, serve un’organizzazione dell’accoglienza e della residenzialità, servono strutture e luoghi dove gli studenti internazionali e i ricercatori possano alloggiare (spesso con le loro famiglie), servono servizi adeguati e norme che agevolino l'ingresso di forze intellettuali extracomunitarie con gran beneficio della convivenza civile.
L'obiettivo di internazionalizzare le nostre università (e un po' anche le nostre città) è un obiettivo strategico al cui raggiungimento dovrebbero concorrere tutti gli stakeholders. È difficile parlare di investimenti in tempi di derivate negative, ma se si riconosce che con la partita dell’internazionalizzazione se ne giocano contemporaneamente diverse altre (innovazione, sprovincializzazione, apertura di nuovi mercati, networking ecc.), allora forse si può porre questa partita al top puntando risorse convergenti pubbliche e private su strumentazioni e infrastrutture di ricerca e studio, sulla ricettività e sulla visibilità nel mondo delle nostre università. Altrimenti lo sforzo lodevole di rendere più internazionale la nostra offerta formativa offrendo corsi in Inglese rischia di essere vano.
(Fonte: D. Braga, IlSole24Ore 05-05-2012)

 
DINASTIE ACCADEMICHE. DECENTRAMENTO E FAMILISMO NELL’ACCADEMIA ITALIANA PDF Stampa E-mail

Academic Dynasties: Decentralization and Familism in the Italian Academia.
Decentralization can lead to "good" or "bad" outcomes depending on the socio-cultural norms of the targeted communities. We investigate this issue by looking at the evolution of familism and nepotism in the Italian academia before and after the 1998 reform, which decentralized the recruitment of professors from the national to the university level. To capture familism we use a novel dataset on Italian university professors between 1988 and 2008 focusing on the informative content of last names. We construct two indices of “homonymy” which capture the concentration of last names in a given academic department relative to that in the underlying general population. Our results suggest that increased autonomy by local university officials resulted in a significant increase in the incidence of familism in areas characterized by low civic capital but not in areas with higher civic capital.
(Fonte: R. Durante, G. Labartino, R. Perotti, NBER Working Paper No. 17572, novembre 2011)

 
COS’È L’INDAGINE EUROSTUDENT? PDF Stampa E-mail

Il progetto Eurostudent prevede la realizzazione di indagini triennali per monitorare la condizione studentesca nelle università italiane. Le indagini sono realizzate dalla Fondazione Rui con la collaborazione del Miur - Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
Il progetto è stato avviato negli anni Novanta; da allora sono state realizzate cinque edizioni con cadenza triennale (nel 1994, nel 1997, nel 2000, nel 2003 e nel 2006). È attualmente in corso la sesta edizione. L’indagine italiana è integrata in un progetto internazionale di analisi della condizione studentesca in vari paesi europei, denominato “Eurostudent Report Project”. Il progetto viene realizzato da un gruppo di enti di ricerca e istituzioni riuniti in una rete di collaborazione denominata Eurostudent Network. Dopo una prima edizione pilota realizzata negli anni novanta, a partire dal 2000 sono state svolte tre indagini comparate. Una quarta edizione è attualmente in corso.
(Fonte: eurostudent-italia.it )

 
PROGETTO "ERASMUS FOR ALL" PDF Stampa E-mail

Francesco Profumo, ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, paragona la diffusione dell'istruzione interattiva all'invenzione di Gutenberg: «Un balzo in avanti dell'educazione. Un metodo democratico per allargare la base del sapere e selezionare meglio i giovani». Gli Stati Uniti stanno esplorando una frontiera. Da noi qual è la situazione? «I primi progetti di insegnamento online in Italia risalgono a una ventina d'anni fa. Ma credo che un'iniziativa di portata simile a quella americana debba raggiungere almeno una dimensione europea per funzionare bene. Il punto di partenza esiste già: è il progetto "Erasmus for all" previsto dall'ottavo programma quadro. E in fondo è naturale che ci s’ispiri all'iniziativa Erasmus: forse la più efficace di tutte nel formare l'Europa dal basso. Milioni di studenti hanno passato sei mesi o un anno studiando all'estero. Quando tutto iniziò, circa vent'anni fa, le università europee non si parlavano quasi. Poi hanno introdotto dei crediti comuni, si sono creati dei ponti. È naturale che tutto questo abbia uno sbocco anche online». Ma qual è l'obiettivo dell'insegnamento interattivo attraverso Internet? Le stesse università americane ammettono di essere ancora alla ricerca della formula giusta. «Uno degli obiettiviè allargare il bacino degli studenti. Alcuni corsi online negli Usa hanno registrato 120mila iscrizioni, e 20mila studenti hanno superato i primi esami. Sono numeri enormi. E ricordo che quando il MIT iniziò a muovere i primi passi in questa direzione - mettendo a disposizione di tutti i materiali dei suoi corsi undergraduate - si proponeva esattamente questo: creare un bacino di studenti molto ampio dal quale poter selezionare i talenti migliori. Chiunque, in ogni angolo del mondo, aveva l'opportunità di ricevere una formazione targata MIT e di poter competere con gli studenti iscritti ai corsi tradizionali».
La qualità della didattica è equivalente a quella tradizionale? «La didattica è garantita dall'ateneo. Gli studenti si iscrivono perché hanno voglia di mettersi in gioco. La tecnologia è migliorata moltissimo grazie ai siti di interazione online. E la possibilità che un gruppo di studenti ha di interagire con il proprio professore su una pagina wiki non è inferiore a quella di una tradizionale lezione de visu. Se anche rimarranno degli studenti che imparano poco, i numeri degli iscritti sono talmente grandi da garantire comunque un guadagno in termini di diffusione delle conoscenze». Un titolo online potrà mai avere valore legale? «Anche gli americani assegnano solo un certificato ai loro studenti online, non dei crediti veri e propri. E non mi sento in grado di esprimermi sulla validità dei meccanismi di valutazione. Ma pensiamo a tutti gli adulti che avrebbero la possibilità di proseguire la loro formazione anche dopo aver completato i loro studi tradizionali. È un sistema in formazione, le incognite non mancano. Ma le potenzialità sono enormi». (Fonte: E. Dusi, La Repubblica 07-05-2012)

 
LE UNIVERSITÀ DEVONO ADATTARSI ALLA NUOVA REALTÀ FINANZIARIA PDF Stampa E-mail

Cuts in government funding in Europe and the US have left public universities scrambling for solutions. While broad cost-cutting measures have been adopted, the most significant reaction has been to raise tuition fees. But protests from students, legislators and others about affordability and access limit the ability of universities to charge a tuition fee that is high enough to cover the loss of government funding. While the solution so far seems elusive, perhaps the answer for universities lies in following the path of their business schools. Busìness schools have for many years charged a premium for their programmes with little protest from students. Why? Business schools have adapted rapidly to their environment and they offer their students a perceived value beyond the cost of their education. The need for a market orientation, efficiency and entrepreneurial activities has never been greater for universities; much of what needs to be done can be found in business schools. Many business schools practise what they teach. They apply Michael Porter's well-known paradigm to understand their environment and react strategically. They understand how to add value in a way that captures market share. They ask tough questions: What are we really good at? Where can we be distinctive? Are there new programmes that we could offer to students? What should we not do? Why would a student choose to enrol in our school rather than our competitor? Should we extend our placing no value on the activity and it cannot be sustained. The traditional rationale for subsidy to higher education in America no longer makes sense. More than a century ago states took the responsibility to pay to develop talent and educate the population to promote state growth.
By subsidizing education, students would become productive citizens and their taxes would help repay the cost of education. This was a plausible ideology when the labour force was not as mobile as it is today. Today's public university is a different entity; it is global and sees no boundaries with respect to research, the students it attracts, or where they go once they graduate. Understandably, state taxpayers are now more reluctant to fund higher education.
Public universities have been adapting. Compared with 25 years ago, there has been a natural progression to a businesslike approach. Dorms and food services, and in some cases athletics, have become more financially self-reliant. This trend will expand to the academic core of the university, because it must. The best public universities today will not be public 10 years from now. They will follow the path already taken by business schools to be financially self-reliant with little subsidy. They will be entrepreneurial, marketfocused, more effective and more efficient. Will society be better served by public no-more universities? That remains to be seen.
(Fonte: A. Policano, Financial Times 07-05-2012)

 
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