LAUREE. CON 20MILA EURO LAUREA PORTOGHESE PER ODONTOIATRI |
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Duecentocinquanta aspiranti odontoiatri potranno scavalcare la lista degli ottocento previsti per legge iscrivendosi all'università Fernando Pessoa di Lisbona. Costo per accedervi: 20mila euro l'anno, che diventano 18 se la domanda viene presentata prima dei termini ultimi d’iscrizione. La denuncia arriva dagli esperti riuniti a Torino per il IXX Congresso Nazionale del Collegio dei Docenti di Odontoiatria. Un «business della formazione a discapito del diritto allo studio» che ha fatto insorgere sindacati e organismi istituzionali della professione e del mondo universitario odontoiatrico, preoccupati della possibilità che un'università estera privata possa aprire una sorta di succursale in Italia per far studiare gli iscritti all'Ateneo portoghese. La querelle, iniziata alcuni mesi fa, sembrava chiusa lo scorso 24 febbraio con la firma, da parte del ministro Profumo, del decreto di revoca dell'autorizzazione per l'università portoghese. A riaprirla, tuttavia, è stata la presentazione, pochi giorni fa, da parte dell'Ateneo di Lisbona di un ricorso al Tar del Lazio. «L'istituzione di un corso, che parrebbe di fatto privo dei requisiti minimi che garantiscono la qualità della formazione universitaria- affermano Antonella Polimeni, presidente del Collegio dei Docenti di Odontoiatria e Marco Ferrari, presidente della Conferenza permanente dei corsi di laurea di odontoiatria - rischia di omettere il controllo degli organi ministeriali chiamati a vigilare sugli aspetti di contenuto, strutturali e organizzativi del corso di laurea in odontoiatria. Ciò che inoltre ci preoccupa è la possibilità che sia riservata a un ateneo privato una cospicua fetta di aspiranti odontoiatri». (Fonte: Il Messaggero 16-04-2012) |
Il presunto scandalo delle lauree “comprate” di noti personaggi politici ha suscitato un’ondata di sdegno e d’ironia. Queste lauree “finte” non fanno per niente a pugni con una diffusa etica del sapere, ma anzi compendiano perfettamente una visione dell’”istruzione” che in Italia è persino maggioritaria – la visione di quell’Italia che individua nell’avere o meno una laurea un elemento fondamentale di discrimine sociale. Quello che queste élites prefigurano è piuttosto una società burocratizzata in cui si deve avanzare solo per titoli ed esami – considerati gli unici elementi oggettivi di “meritocrazia”, rispetto alla presunta vocazione “anticulturale” di un libero mercato che “tollera” che un idraulico guadagni più di un laureato in conservazione dei beni culturali. La cultura del valore “intrinseco” del titolo di studio non provoca solo tentativi patetici di comprarsi una laurea “privata” tanto per anteporre un qualche prefisso al cognome, ma fa sì che l’intero sistema universitario pubblico diventi sempre più un “diplomificio”. Contro questa inflazione cartacea, occorre affermare una visione più ampia di società della conoscenza e difendere un’idea d’istruzione che non s’identifichi con, né si riduca a un processo di educazione formale. Occorre riscoprire la bellezza di studiare per imparare e per migliorarsi, più che per appendere una pergamena alla parete – sapendo che in un mondo globalizzato e competitivo servirà soprattutto saper fare le cose. (Fonte: libertiamo.it 16-04-2012) |
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MANCANO PROFILI ADEGUATI DI LAUREATI PER LE IMPRESE INTERNAZIONALI |
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A criticare la scuola e l'università made in Italy sono le società internazionali, aderenti al comitato investitori esteri di Confindustria, in un documento presentato la scorsa settimana a Milano e realizzato in collaborazione con Eni. Del gruppo fanno parte società come Alcatel-Lucent, Alstom, American Express, Bristol Meyers Squibb, British Petroleum, Edt. General Eletric, Hon*m, Shell, Novartis. Il comitato confindustriale, presieduto dal presidente dell'Eni Giuseppe Becchi, ha stimato che rispetto al numero di laureati che le società sono disposte ad assumere restano scoperti 19.700 posti da ingegneri, 14.600 di esperti economico- statistici, 7800 medici, 3.800 dell'area giuridica. Le università continuano invece a formare in eccesso rispetto alle richieste delle aziende laureati nel settore politico-sociale (14 mila di troppo, nel campione confindustriale), 10.200 nelle materie letterarie, 7 mila per il settore linguistico, 3.700 in architettura, 3.200 nell'ambito geobiologico, e poi seguono quello scientifico, quello agrario e gli insegnanti. Certo il tutto è parametrato rispetto ai fabbisogni di colossi internazionali, ma altre indagini, da quelle annualmente realizzate da Almalaurea per esempio, emergono analisi non troppo dissimili. «Nonostante la riforma del 3+2 abbia permesso l'aumento di laureati nel paese», si legge nel report coordinato da Pietro Guindani, presidente Vodafone Italia, «le imprese con un orizzonte operativo globale spesso faticano a indentificare profili adeguati rispetto alle esigenze poste dal contesto internazionale e a inserirli rapidamente in azienda». Lo studio conferma che esistono al tempo stesso un surplus e un deficit di professionalità, che si traduce in uno spreco di risorse e in opportunità mancate. «Il problema è l'orientamento professionale fatto già a scuola, sia per quanto riguarda la scelta dell'università». (Fonte: ItaliaOggi 17-04-2012) |
CORSI DI LAUREA. DIMINUITI DEL 17% IN CINQUE ANNI |
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Secondo i dati elaborati da ItaliaOggi, su fonte MIUR (v. Tabella), i corsi di laurea per l'anno in corso hanno subito un ulteriore taglio passando da 5.108 del 2010/2011 a 4.830 del 2011/12 con un taglio del 5,4%. La sforbiciata ha toccato 278 corsi di laurea, 169 lauree triennali di primo livello o cosiddette a ciclo unico e 109 lauree magistrali o specialistiche. Del resto tra il nuovo quadro di regole che ha imposto agli atenei di razionalizzare l'offerta formativa, il taglio al fondo del finanziamento ordinario e le assunzioni ancora ferme, la sforbiciata dei titoli è praticamente d'obbligo. In ogni caso la retromarcia iniziata nel 2007 (picco massimo dell'offerta formativa) oggi ha portato a risultati concreti: i corsi di laurea, fra triennali e specialistici, sono scesi sotto la soglia di 5mila passando dai 5.823 del 2007 agli attuali 4.830 con un calo del 17%. Ma quali hanno subito i maggiori tagli? Su un ideale podio suddiviso in quattro aree (sanitaria, scientifica, sociale e umanistica) in cui il Miur suddivide la torta dei corsi si collocano primi tra tutti quelli dell'area scientifica, erano 2.005 lo scorso anno sono arrivati a 1.914 nel 2011 (- 91 corsi di laurea), seguono quelli dell'area sociale, da 1.316 a 1.242 (-74) e umanistica da 824 a 762 (-62 corsi). Diverso il caso delle lauree dell'area sanitaria e quelle a ciclo unico (medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, medicina veterinaria, farmacia, chimica e tecnologie farmaceutiche, architettura, ingegneria edile e giurisprudenza) che non subiscono riduzioni perché afferenti a professioni regolamentate e, talvolta, con programmazione nazionale degli accessi. (Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 20-04-2012)

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