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12 Aprile
ODONTOIATRIA. STUDENTI. SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE. RICERCA PDF Stampa E-mail

Molti i segnali indicano come gli studenti, potendolo fare, abbandonino odontoiatria per iscriversi a medicina. Una perdita di appeal della professione?

Un segnale che conferma quanto dice l’abbiamo avuto di recente. Dopo che il Ministero ha aumentato i posti a medicina, studenti di odontoiatria hanno scelto di trasferirvisi. Non saprei se sia un trend in aumento, non abbiamo la possibilità di comparare la situazione attuale con quella degli scorsi anni; il contesto è cambiato, a partire dalla graduatoria unica tra medicina e odontoiatria avviata quest’anno anche se non in tutte le sedi. Certamente, medicina attrae più di odontoiatria per vari motivi: è una laurea che consente più sbocchi professionali, oltre a offrire la possibilità di decidere la propria specialità in tempi successivi. L’odontoiatria è una disciplina più monospecialistica, quindi meno flessibile. E in un periodo di incertezza come quello che stiamo vivendo è un aspetto che pesa. Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, c’è da dire che oggi chi si iscrive a odontoiatria è estremamente motivato, visto che la scelta non viene più effettuata basandosi sui presunti facili guadagni ma, mi passi il termine, per vocazione. Ricordiamoci comunque che stiamo parlando di un corso di laurea ancora molto ambito se guardiamo i numeri degli aspiranti che ogni anno tentano i test di ammissione.

Infine due questioni ancora aperte. Le scuole di specializzazione e la possibilità per gli atenei italiani di formare i propri studenti fornendo assistenza ai pazienti del SSN. A che punto siamo?

Dopo il decreto pubblicato a fine ottobre, in cui sono state declinate le quattro nuove scuole di specializzazione, stiamo aspettando la loro attivazione che deve avvenire con un decreto interministeriale. Decreto abbozzato prima della caduta del governo precedente, ancora non abbiamo novità di rilievo.
Quest’anno, per l’aerea odontoiatrica, le sedi hanno bandito per le Scuole “storiche” in Chirurgia Speciale Odontostomatologica e in Ortognatodonzia secondo le vecchie regole. Le scuole di Specializzazione “riformate” avranno posti da mettere a bando, correlati al volume assistenziale. La ratio sta nel poter garantire una numerosità di pazienti tale da permettere agli specializzandi di fare il 70% di attività nei reparti clinici. Per rispondere alla seconda parte della domanda, la nostra proposta di garantire, attraverso le cliniche universitarie, l’assistenza odontoiatrica pubblica, nonostante i consensi ottenuti, al momento non ha visto passi concreti.

In tema di ricerca e rapporto tra industria e università, ci parla del progetto che intendete sviluppare con Unidi (Unione Nazionale Industrie Dentarie Italiane)?

L’obiettivo è quello di sfruttare i vantaggi messi a disposizione dalla norma che offre un credito d’imposta alle imprese che investono nella ricerca svolta dalle Università italiane. La ricerca traslazionale permette alle aziende di produrre e immettere sul mercato attrezzature e materiali efficaci e sicuri, in quanto testati con trial clinici codificati e certificati. La ricerca italiana in odontoiatria svolta dai nostri Atenei è tra le prime al mondo. Un lavoro recentemente pubblicato su Dental Cadmos conferma la vitalità dei nostri docenti in questo campo. La ricerca permette all’industria di realizzare e vendere prodotti apprezzati in tutto il mondo ma, non dimentichiamo, permette ai professionisti di offrire cure di qualità ai propri pazienti. Il progetto punta ad alleare gli Atenei con le aziende che vogliono innovare puntando sulla ricerca.
(Fonte: intervista di U. Maccagno ad A. Polimeni, www.odontoconsult.it 31-03-2012)
 
TIROCINIO PER L'ACCESSO ALLE PROFESSIONI REGOLAMENTATE. DISPOSIZIONI IN MATERIA DI TESORERIA UNICA PDF Stampa E-mail

Il testo del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (in Supplemento ordinario n. 18/L alla Gazzetta Ufficiale - Serie generale - n. 19 del 24 gennaio 2012), coordinato con la legge di conversione 24 marzo 2012, n. 27 (in questo stesso Supplemento ordinario alla pag. 1), intitolato: “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” (12A03524) (GU n. 71 del 24-3-2012 - Suppl. Ordinario n. 53) reca i seguenti articoli che riguardano l’università:
Art. 9 (Disposizioni sulle professioni regolamentate)
6. La durata del tirocinio previsto per l'accesso alle professioni regolamentate non può essere superiore a diciotto mesi; per i primi sei mesi, il tirocinio può essere svolto, in presenza di un'apposita convenzione quadro stipulata tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro dell'istruzione, dell'università' e della ricerca, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea di primo livello o della laurea magistrale o specialistica. Analoghe convenzioni possono essere stipulate tra i consigli nazionali degli ordini e il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione per lo svolgimento del tirocinio presso pubbliche amministrazioni, all'esito del corso di laurea. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle professioni sanitarie, per le quali resta confermata la normativa vigente.
Art. 35 (Misure per la tempestività dei pagamenti, per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni statali, nonché disposizioni in materia di tesoreria unica)
12. A decorrere dall'adozione del bilancio unico d'Ateneo, le risorse liquide delle università, comprese quelle dei dipartimenti e degli altri centri dotati di autonomia gestionale e amministrativa, sono gestite in maniera accentrata.

 
PLACEMENT UNIVERSITARIO PDF Stampa E-mail
L'ingresso nel mondo del lavoro dei neolaureati rappresenta, oggi più che mai, un tema caldo nel dibattito sul rapporto tra università e occupazione. Repubblica.it anticipa i risultati del sondaggio realizzato da Censis Servizi 1 sull'attività degli uffici placement di ventuno atenei italiani: il primo step di un progetto di ricerca più ampio, che si propone di creare un vero e proprio osservatorio nazionale per "mappare" il fenomeno in tutte le università italiane e che sarà veicolato attraverso il portale. Roberto Ciampicacigli, direttore generale di Censis Servizi, spiega il senso dell'iniziativa: "Siamo partiti con ventuno università statali, un campione-pilota che rappresenta circa un terzo della realtà accademica italiana”. Complessivamente, le ventuno università analizzate hanno stipulato forme "convenzionali" con oltre 37 mila imprese e/o Enti Pubblici, in media quindi 1.700 contatti per ciascun ateneo con punte di oltre 8.000 per quello di Verona, di oltre 5.000 per Trento e Pavia e di circa 3.000 per Cagliari. La formula d'inserimento più richiesta dalle imprese - come indicato dall'85 percento degli atenei - è lo stage, mentre l'offerta di contratto a tempo indeterminato è indicata solo nel 10 percento dei casi. Ai primi tre posti, tra i saperi più richiesti, ci sono: l'economico (76 percento), l'ingegneristico (62 percento) e - a notevolissima distanza - il linguistico (14,3 percento). I tre profili più gettonati sono dunque nell'ordine: il programmatore (47,6 percento), il responsabile marketing (33,3 percento) e l'ingegnere (28,6 percento). Nonostante l'importanza "strategica" del placement universitario, su cento persone addette ai servizi amministrativi - ad esclusione dell'intero corpo docente - solo lo 0,5 percento è incardinato nella funzione di placement, con punte di 1,7 percento alla Statale di Torino e di 1,4 percento per quanto riguarda le università di Bergamo e Campobasso. Un elemento di criticità, questo, visto che - nel 76,2 percento dei casi analizzati - l'équipe tecnico-amministrativa dedicata al placement universitario è composta da un massimo di cinque persone.
(Fonte: M. Massimo,  www.repubblica.it/scuola 04-04-2012)
 
DIECI MESI PER IL RICONOSCIMENTO ECONOMICO DELLA CONFERMA IN RUOLO PDF Stampa E-mail
Ci sono voluti dieci mesi e quattro interpellanze parlamentari urgenti per venire a capo  della questione del riconoscimento economico della conferma in ruolo, dopo il triennio di prova, dei ricercatori e docenti universitari. Alla fine anche la Ragioneria Generale dello Stato e l'Ufficio legislativo del Ministero dell'Economia hanno dovuto ammettere che la conferma "è esclusa dall'applicabilità dell'articolo 9, comma 21, del decreto legge 31 marzo 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122". Ora anche gli atenei più reticenti, tra cui Unibo, si stanno finalmente adeguando.
(Fonte: S. Vassallo 04-04-2012)
 
ACCORDO CRUI – MICROSOFT PER ACCESSO A NUOVE TECNOLOGIE PDF Stampa E-mail
Creare un clima di progresso tecnologico e culturale tra gli studenti, facilitare l'accesso alle tecnologie avanzate disponibili sul mercato, aumentare le iniziative di ricerca e mettere a disposizione delle Università innovativi strumenti tecnologici. Questi gli obiettivi dell'Accordo Quadro Education Alliance Agreement Istruzione Superiore presentato oggi da Microsoft e Crui - Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. L'Accordo Quadro Education Alliance Istruzione Superiore, in vigore fino al 2015, si prefigge di ottenere maggiore efficacia ed efficienza dall'applicazione della Ict all'insegnamento, all'apprendimento e all'amministrazione degli Atenei: grazie alla tecnologia e a nuovi programmi di apprendimento, gli studenti potranno arricchirsi di esperienze formative più intense. Gli studenti avranno quindi la possibilità di avvicinarsi al mondo del lavoro, grazie a programmi di sviluppo delle competenze. Marco Mancini, presidente Crui ha rilevato che ''attualmente quello tecnologico e' un bisogno prioritario. Studenti con competenze informatiche di primo livello, amministrazioni efficienti, servizi funzionali e ricercatori connessi con le reti internazionali. Nel III millennio l'Università' non può permettersi di essere niente di meno di questo. Uno scenario che non può prescindere dall'aggiornamento tecnologico. In quest'ottica, lavoriamo ormai da più di un decennio affiancando aziende come Microsoft che rappresentano una garanzia di qualità e continuità delle quali gli Atenei non possono fare a meno''.
(Fonte: ASCA 04-04-2012)
 
LE UNIVERSITÀ ITALIANE SONO SQUALIFICATE. LO SMENTISCONO I DATI PDF Stampa E-mail
Le università italiane sono squalificate. Lo smentiscono i dati: la Statale di Milano si colloca tra le cento migliori università del mondo e ne troviamo 6 tra le prime duecento. Le scienze in Italia sono trascurate. Questo assunto è contraddetto dalle eccellenze presenti nelle facoltà scientifiche di molte università italiane. Le università private sono migliori di quelle pubbliche. Nessuna università privata italiana si colloca tra le prime 500 del mondo. I ricercatori italiani producono poco. Saranno pochi e mal pagati ma sono all’ottavo posto nel mondo. Se pochi li conoscono e li citano forse il motivo sta nella scarsa internazionalizzazione del nostro paese. E ancora: Il nostro paese deve adeguarsi al modello americano, l’università deve spostarsi verso il finanziamento dei privati piuttosto che vivere dei finanziamenti pubblici. E qui i dati sono tali da ribaltare tutte le nostre presunte certezze. Negli USA, infatti, è il governo federale a farsi carico del 60% delle spese per l’università. I governi locali ne sostengono il 7%, lasciando che ogni singola università cerchi il restante 20% dei finanziamenti. Solo il 6% dei costi viene sostenuto dalle industrie private. Come se non bastasse, la ricerca di Coniglione ci chiarisce che negli Stati Uniti il 75% degli interventi dello stato vanno non, come potremmo aspettarci, alla ricerca applicata, ma alla ricerca di base, senza trascurare l’indirizzo umanistico e rivelando un’idea lungimirante della qualità del sapere: lo sviluppo culturale nasce, infatti, da un sapere raffinato e interconnesso.
(Fonte: P. Leocata, intervento nella discussione sul libro di F. Coniglione, “Maledetta Università”, ed. Di Girolamo. 23-03-2012)
 
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