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12 Aprile
RICERCA. CONSIDERAZIONI DEL DIRETTORE DELLA SCUOLA INTERNAZIONALE DI STUDI AVANZATI (SISSA) DI TRIESTE PDF Stampa E-mail
Non è ammissibile, per esempio, che i ricercatori vincitori di prestigiosi grant europei vadano incontro a mille ostacoli per lavorare in Italia. Quando chiesi a una quarantina di colleghi, vincitori di grant come me, di firmare una lettera al Ministro precedente con la minaccia (provocatoria) di trasferire i nostri soldi all’estero, perché qui non avremmo potuto spenderli, molti di loro mi confessarono di avere già spostato i finanziamenti in laboratori in Germania, Svizzera, Francia. Questo, pur di non passare il tempo a risolvere beghe burocratiche, facendo lo slalom tra regole concepite con il pallottoliere da qualcuno, che sembra divertirsi a complicare la vita a chi cerca di fare della buona ricerca. La nuova regola dei PRIN 2010 che prevede per ogni università un tetto massimo di progetti da poter presentare ha effetti distorsivi: un’università a cui è stato assegnato un limite di 20 progetti e se ne ritrova 60, tutti validi, dovrà buttare a mare 40 buone idee solo perché sono in esubero. Il ministro sostiene che così le università saranno spinte ad allearsi. Peccato però che l’unico criterio che guiderà la scelta del partner sarà quello delle quote ancora disponibili e non del merito del progetto. I grandi progetti di ricerca vanno sostenuti, ma non bisogna trascurare un tipo di ricerca più di nicchia, condotta da pochi individui con idee innovative. Altrimenti si rischia di finanziare solo il conformismo scientifico. Perché esiste la Big Science che si fa al CERN con migliaia di ricercatori, ma esistono laboratori di poche persone dove si può scoprire il grafene e vincere il Nobel. La qualità dell’insegnamento delle nostre università è certamente molto alta e per questo i nostri studenti ottengono posti di ricerca all’estero. Ma ciò non basta per attirare studenti e ricercatori stranieri in Italia. Se mancano gli alloggi per ospitare gli studenti anche il più prestigioso ateneo perde il suo fascino agli occhi di un dottorando con una borsa di 1.000 euro. In Inghilterra, ma anche alla Normale di Pisa, gli studenti stranieri sono invogliati a rimanere perché ci sono strutture e servizi. Come accade in altri paesi, se un dipartimento di Fisica viene classificato come A dovrebbe ricevere un finanziamento di 100, come B di 50 e come C nulla. In poche parole il merito deve essere premiato e le risorse concentrate. Nessun paese della taglia dell’Italia può permettersi decine e decine di dipartimenti di Fisica, vanno mantenuti solo quelli dove la ricerca è a livello internazionale. Non credo che da noi sia possibile, come è stato ipotizzato, distinguere gli atenei in quelli dediti alla didattica e quelli dediti alla ricerca, come accade nei paesi anglosassoni dove c’è sia l’university che il college. Non è con le etichette che si potranno classificare le università. Ma con una corretta valutazione della qualità della ricerca, a cui deve seguire un’efficiente distribuzione dei fondi.
(Fonte: da un’intervista a G. Martinelli, www.unita.it 29-03-2012)
 
PRECARI DELLA RICERCA. RIDOTTI A MENO DELLA METÀ PDF Stampa E-mail
''La riduzione dei finanziamenti ministeriali agli atenei dal 2008 in poi si e' tradotta in un crollo del numero dei precari della ricerca. Nel solo ultimo anno si e' passati da 33.000 precari della ricerca a soli 13.400. La Riforma Gelmini, a un anno dalla sua introduzione, ha praticamente bloccato le assunzioni nel mondo universitario. Si stima che l'85% dei 13.400 assegnisti odierni non potrà continuare la propria carriera nell'Università'''. E' quanto emerso oggi nel corso della conferenza ''A un anno dalla riforma: presente e futuro di dottorandi e precari della ricerca'', presso la ''Sala Nassirya'' del Senato, organizzata dall'Adi, Associazione dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani. ''Più' di metà di questi abbandonerà la Ricerca senza alcuna forma di ammortizzatori sociali (neppure quelli ipotizzati nella nuova Riforma del Lavoro). Dunque - ha concluso l'Adi - diminuiscono i posti di dottorato, diminuisce anche il personale strutturato ma soprattutto decine di migliaia di precari vengono espulsi ogni anno a causa del blocco del turn-over.
(Fonte: ASCA – Roma 27-03-2012)
 
RICERCA. BUONA MA POCHI FONDI PDF Stampa E-mail
L’Italia è sesta al mondo nella produzione di paper scientifici in tema di medicina, settima nella matematica e ottava nella fisica e nella computer science. Eppure, secondo i dati Ocse, è la trentunesima su 34 paesi quanto a investimenti in ricerca e istruzione avanzata rispetto al Pil. Un paradosso tutto italiano. Secondo Sylos Labini, un ricercatore del Cnr e uno dei fondatori di Roars.it (un nome che sta per return on academic research), questo potrebbe sembrare a prima vista un enorme ritorno sugli investimenti invece si tratta solo di un paradosso: non solo quantità ma anche qualità visto che l’Italia si posiziona bene anche nell’H-index, lo standard internazionale per la valutazione di un singolo ricercatore, un’istituzione o tutte le istituzioni di un paese. Il problema sta nel fatto che gli investimenti sono sotto la media Ocse e che con la Riforma Gelmini diminuirà il numero dei docenti universitari. Sempre Sylos Labini (Cnr) sottolinea che le classifiche sulle migliori università sono discutibili: la prima è, quasi sempre, Harvard. Il budget annuale di Harvard è un ottavo dell’intero finanziamento pubblico della ricerca italiana, visto che i privati latitano. “Negli ultimi due anni – racconta Labini – il 70% dei concorsi del Cnrs (Cnr francese) in fisica e matematica sono stati vinti da italiani. Vanno via i migliori e nessuno viene dall’estero. Il sistema in questo modo è destinato a deperire”.  L’obiettivo di Roars.it, un blog collettivo scritto da docenti e ricercatori universitari, è “dimostrare che nel mondo accademico italiano non è tutto da buttare via e che ci sono grandi sacche di inefficienza: meglio dire gente che non fa niente. Ma che la maggioranza degli scienziati lavora sodo e bene”.
(Fonte: Imprese & Territori de Il Sole 24 Ore, 17-03-2012)
 
RICERCA. IL FINANZIAMENTO DEGLI UNDER 40 PDF Stampa E-mail

Il decreto legge su semplificazioni e sviluppo avrebbe cancellato i principi di trasparenza e merito alla base delle norme che dal 2006 hanno consentito di finanziare i progetti di ricerca dei giovani scienziati under 40 attraverso il meccanismo della peer review. Come mai il governo avrebbe eliminato la norma a favore dei giovani ricercatori? Ha risposto il ministro Profumo: «Quando ce ne siamo accorti non siamo più riusciti a recuperare, ma lo faremo in un prossimo provvedimento. Il principio che il sistema voleva affermare - il riconoscimento del merito e della trasparenza, oltre alla valorizzazione dei giovani ricercatori - è giusto e va salvaguardato». Quindi l'esecutivo reintrodurrà la norma abrogata? «Non nelle attuali forme. Credo che il meccanismo abbia bisogno di essere ripensato. Ha dimostrato di non funzionare alla perfezione: si riscontravano grandi difficoltà al momento di allestire le commissioni miste che devono valutare i progetti, soprattutto nella ricerca dei membri stranieri. Bisogna trovare un sistema per renderlo più snello e meno dispersivo». In che modo? «La soluzione più semplice sarebbe costruire una sorta di database da cui attingere per comporre gli organismi che valutano. Stiamo per avviare un processo per la valutazione del sistema universitario e della ricerca, e in questo frangente credo possa essere realizzato il database con un indice che aiuti a individuare le caratteristiche delle persone da selezionare. Altrimenti tocca andare a cercarli ogni volta daccapo, come succede ora, ed è complicato. Serve una soluzione strutturale». Inoltre il ministro ha assicurato il proprio impegno a “proporre entro un mese un disegno di legge che consenta, innanzitutto, di introdurre un sistema che sia effettivamente funzionante di peer review” di cui, ha detto Profumo, “abbiamo bisogno come Paese e nei rapporti con l'Europa”. All'interno del ddl, ha aggiunto il ministro, “sarà affrontato anche il problema degli scambi dei ricercatori e dei professori all'interno del nostro sistema universitario e della ricerca, in Italia, ma anche rispetto all'estero, con una grandissima attenzione alla possibilità che i vincitori di Grant ERC possano essere richiamati all'interno del sistema dell'università e della ricerca con percorsi che non passino attraverso le tradizionali regole concorsuali”.
Il decreto semplificazioni è stato poi approvato il 5 aprile e nell’articolo 31 si legge: “Una percentuale del 10 per cento del Fondo Investimenti per la Ricerca Scientifica e Tecnologica …è destinato a interventi in favore di giovani ricercatori di età inferiore a 40 anni, secondo procedure stabilite con decreto MIUR”. Pertanto non vi è stata cancellazione del progetto giovani che è già bandito, ma un cambiamento nella gestione della valutazione, necessaria dopo il 15 giugno. Il ministro Profumo presenterà entro un mese le nuove norme. La novità proposta dal sen. Marino (che aveva ribadito in questi giorni sui media che l’iniziativa era stata cancellata dal DL sulle semplificazioni) consisteva nel far giudicare ai giovani i progetti dei giovani e questa parità sarebbe alla base della sua peer review (revisione tra pari) molto diffusa al mondo e non in Italia. Mentre è vero che è diffusissima al mondo, e lo è anche in Italia, non risulta molto diffusa la procedura di giovani che giudicano i giovani. Nel mondo il significato di peer review è quello di “parità di sapere”. I progetti giovani gestiti dal Ministero della Salute e dal Ministero della Ricerca solo apparentemente sono stati giudicati dai giovani. Infatti, la sezione del NIH al quale l’ex ministro Fazio si è affidato, consisteva di 15 giovani che di fronte a 3000 progetti hanno dovuto fare affidamento su 9000 revisori senza discriminazione di età. Così è avvenuto per i progetti gestiti dal Ministero della Ricerca. Si può essere d’accordo con il ministro Profumo che questo sistema non può funzionare e il nuovo bando giovani emanato il 12/1 ha già subito cambiamenti. Ma ve ne sono altri da fare anche per gli altri progetti.
(Fonte: A. Rossi, La Stampa, 26-03-2012; www.quotidianosanità.it 29-03-2012; P. G. Strata, notizie.radicali.it 06-04-2012)

 
RICERCA E FORMAZIONE. ACCORDO CRUI-CNR PER CORSI DI ALTA FORMAZIONE E PROGRAMMI DI RICERCA NAZIONALE E INTERNAZIONALE PDF Stampa E-mail
E' stato firmato da Marco Mancini, presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane e Luigi Nicolais, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) l'accordo quadro che punta alla cooperazione fra le Università e la rete scientifica dell'Ente di ricerca. Lo scopo è indirizzare e coordinare corsi di alta formazione e programmi di ricerca nazionale e internazionale, anche attraverso il coinvolgimento del mondo industriale, per la promozione delle conoscenze scientifiche e tecnologiche e per la condivisione di infrastrutture. La massima valorizzazione e la trasformazione in innovazioni tecnologiche dei risultati scientifici generati dal sistema della ricerca pubblica e' l'obiettivo principale dell'iniziativa, che punta a promuovere la nascita e la crescita di imprese high-tech sull'intero territorio nazionale. In quest'ottica, i partner agevoleranno la mobilità del personale universitario verso gli Istituti del Cnr e del personale dell'Ente verso gli Atenei. La collaborazione impostata dall'accordo si caratterizzerà per le seguenti tipologie di azioni: mappatura delle collaborazioni in atto sul territorio nazionale; individuazione di priorità per la formulazione e la messa a punto di progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione congiunti, individuati anche attraverso un'attenta analisi della domanda espressa dalle diverse componenti della realtà industriale; partecipazione alla formulazione di proposte di tematiche di ricerca, sviluppo e dimostrazione in sede nazionale, comunitaria e internazionale; sviluppo di interventi congiunti di informazione, formazione professionale e alta formazione. Insieme, Istituti del CNR e Atenei, potranno rendere più fluide le relazioni con i territori e le imprese, favorire l'attrazione di nuove risorse, umane ed economiche, garantire maggiori opportunità di crescita professionale e proporre avanzamenti scientifici in tutti i settori disciplinari.
(Fonte: ASCA 04-04-2012)
 
VALUTAZIONE. IL METODO DELLA REVISIONE PARITARIA (PEER REVIEW) PDF Stampa E-mail

Nella ricerca non applicata (quasi appannaggio esclusivo dei centri di ricerca pubblici) il prodotto della ricerca consiste nelle cosiddette “pubblicazioni scientifiche”, ovvero nella redazione di articoli piuttosto dettagliati nei quali vengono illustrati metodi, strumenti e procedure impiegate nello svolgimento delle ricerche, ed ovviamente i risultati di queste. Il passo successivo alla redazione dell’articolo consiste nella sua valutazione prima della pubblicazione nell’opportuno contesto (conferenza o rivista), e tale valutazione viene operata mediante il metodo della peer review (revisione paritaria). La peer review prevede che l’articolo in questione venga letto (in genere questa procedura è anonima, anche se non è una regola assoluta) da due o tre (il numero dipende dall’editore della rivista o dell’organizzatore della conferenza) esperti dell’argomento, esperti che non appartengono esclusivamente al mondo accademico (quantomeno per le pubblicazioni in ambito ingegneristico) ma possono anche essere provenienti da aziende attive nel settore, i quali esprimono un giudizio sul lavoro presentato e richiedono delle integrazioni, chiarimenti, modifiche e quant’altro ritengono necessario ai fini della pubblicazione, fatto salvo l’avere espresso un giudizio comunque positivo del lavoro. Tali richieste giungono all’autore che gestisce la corrispondenza con l’editore (corresponding author) e si provvede alle modifiche del lavoro corredandole laddove necessario con delle considerazioni che meglio illustrano le scelte fatte, e questa procedura termina quando il lavoro viene definitivamente considerato accettato o rifiutato.
In caso di articolo per conferenza il lavoro verrà successivamente presentato da uno degli autori in quella occasione e verrà in genere inserito nei cosiddetti atti del convegno, ovvero una raccolta (un tempo cartacea, oggi sempre più spesso limitata ai soli abstract in questo formato, oppure elettronica), mentre nel caso si tratti di un articolo per rivista si avrà la sua pubblicazione (gratuita) in essa (in forma cartacea e/o elettronica). Tali articoli divengono in entrambi i casi di dominio pubblico (previo acquisto presso l’editore) e chiunque voglia può leggere quanto fatto dai ricercatori, ripetere gli esperimenti, contestarli e smentirli laddove individua degli errori sfuggiti alla revisione, ecc. Questo approccio mette a disposizione di tutti il frutto delle proprie ricerche.
(Fonte: Comunicato del GEV13 02-04-2012)

 
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