Home 2012 10 Gennaio
10 Gennaio
RICERCATORI. CAPACI DI FORMARNE DEI BRAVI MA NON INCAPACI DI TRATTENERLI PDF Stampa E-mail
Circa il 7% dei nostri dottori di ricerca (quasi 1.300 persone) va a lavorare all’estero. La notizia si ricava da un’indagine condotta dall’Istat su un campione di oltre 18 mila giovani che hanno terminato il dottorato nel 2004 e nel 2006. È un dato che ci dice qualcosa di molto serio, cioè che il sistema universitario italiano spende somme non indifferenti per organizzare la formazione di alto livello dei giovani, appunto con i dottorati di ricerca. Ma poi quei giovani, se a volte vanno all'estero per libera scelta, nella maggioranza dei casi vi sono costretti per mettere a frutto la loro preparazione. Una preparazione spesso ottima, tanto da consentire a molti di lavorare presso alcuni dei migliori centri di ricerca del mondo. Si tratta evidentemente di un fenomeno destinato a impoverire enormemente il Paese. Alla radice del problema sta il fatto che, mentre in Italia l'accesso ai corsi di dottorato è complessivamente regolato su base meritocratica, come deve essere, la possibilità di trovare poi una collocazione lavorativa per un dottore di ricerca si scontra spesso con regole non scritte di tutt'altro tipo.
(Fonte: G. Belardelli, Corsera 28-12-2011)
 
STUDENTI. LO SCONTO IRPEF PER I FUORI SEDE ESTESO A CHI STUDIA ALL’ESTERO PDF Stampa E-mail
Una novità importante a favore di tutti gli studenti che decidono di studiare all’estero è stata introdotta con la legge comunitaria 2010: la nuova normativa, infatti, prevede una detrazione dell’Irpef (imposta sul reddito delle persone fisiche) del 19 per cento per tutti quelli che siano iscritti a un corso di laurea presso un ateneo ubicato in uno degli stati membri dell’Unione Europea o in uno degli stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo. La legge sostanzialmente estende un’agevolazione già prevista a favore degli studenti sul territorio nazionale. La norma in questione è l’articolo 16, creata al fine di ottemperare alle richieste europee che erano sfociate anche in una procedura d’infrazione. Lo sconto Irpef era originariamente previsto esclusivamente per i canoni da contratti di locazione, e solamente nel 2008, con una norma della legge finanziaria, è stato previsto che possano usufruire della detrazione anche gli studenti che alloggiano presso delle pensioni o strutture ricettive di altro tipo, quali collegi universitari ed enti per il diritto allo studio. In questo modo sono compresi anche i contratti di ospitalità e gli atti di assegnazione in godimento o locazione, mentre resta esclusa la sublocazione. Sono richiesti due requisiti al fine di usufruire dello sconto dell’Irpef: la sede dell’università in cui lo studente è iscritto deve essere ubicata ad almeno cento chilometri di distanza dal comune di residenza, oppure in un’altra provincia; l’alloggio in questione deve invece trovarsi nel comune dell’ateneo o al massimo in uno limitrofo. Vi è comunque un tetto all’agevolazione sull’Irpef, ed è impostato fino a una spesa massima di 2.633 euro. La legge comunitaria 2010 è entrata in vigore il primo gennaio 2012 e offre un incentivo sostanzioso e importante a tutti coloro che decidono di studiare in uno dei paesi dell’Unione europea. Le stesse istituzioni europee del resto stanno investendo sulla libera circolazione degli studenti, con il potenziamento del programma Erasmus. La norma resta importante comunque per tutti i fuori sede, che devono sempre convivere con l’annoso problema dell’alloggio.
(Fonte: S. Antonuccio, università.it 06-01-2012)
 
STUDENTI. RICONOSCIUTO ALLO STUDENTE CHE NON LAVORA IL DANNO DA RIDOTTA CAPACITÀ LAVORATIVA PDF Stampa E-mail
Cassazione civile, sez. III, sentenza 30.11.2011 n° 25571 (Simone Marani). Anche lo studente che si trovi privo di un'attività lavorativa ha diritto al risarcimento del danno da ridotta capacità lavorativa. E' quanto ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 30 novembre 2011, n. 25571. Premesso che la prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento, potendo essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno, la Suprema Corte sottolinea che, ove occorra valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o che si stanno portando a termine.
(Fonte: S. Marani, Altalex  21-12-2011)
 
DEVONO ESSERE COPERTI TUTTI I POSTI DISPONIBILI PER LA FORMAZIONE DEI FUTURI MEDICI PDF Stampa E-mail
Anche quelli lasciati vacanti dagli studenti extra-comunitari. È questa in sostanza la decisione del Tribunale regionale della Lombardia (n. 03189/2011) che accoglie l'appello di una studentessa non ammessa alla facoltà di medicina e chirurgia dell'università di Pavia perché collocata oltre il 60esimo posto in graduatoria. Una pronuncia che assume tanto più valore alla luce del decreto ministeriale (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 15712/2011) che ha disposto l'ampliamento del 10% dei posti disponibili nelle facoltà di medicina e chirurgia (963), con la possibilità di recuperare í posti lasciati vacanti dagli extra-comunitari. Sono gli stessi giudici amministrativi lombardi a dichiarare che «in mancanza della completa copertura dei posti riservati agli studenti extracomunitari, l'università avrebbe dovuto provvedere alla saturazione della copertura dei posti disponibili, consentendo, quindi, l'iscrizione agli studenti italiani utilmente collocati in graduatoria». Dunque un precedente che dovrebbe mettere in allerta quegli atenei contrari all'aggiunta dei posti. Tra questi la Statale di Milano che ha deciso di non sfruttare la possibilità offerte dal MiUR che ha messo in gioco 40 posti in più, l'università di Milano S. Raffaele (14), Modena (15) e Roma Campus biomedico (11), per un totale di 80 posti. Le stesse Università di Milano negano agli studenti l’opportunità di recuperare almeno i 22 posti lasciati vacanti dagli extracomunitari, di cui 5 alla Statale e 17 al S. Raffaele. La motivazione portata dai diversi atenei è legata alle difficoltà logistiche di impossibile soluzione immediata e sul fatto che i corsi del primo anno sono iniziati da metà settembre e che quindi il primo semestre di insegnamento è già in fase avanzata. Ci sono, poi, altri quattro atenei che hanno ridotto la soglia del 10%: Siena, Ancona, la Cattolica di Milano e Varese. «La decisione di non concedere l'ampliamento», dice Angelo Mastrillo, dell'Osservatorio per la formazione universitaria delle professioni sanitarie, «non ha molto senso visto che si tratterebbe di posti che rientrano nel potenziale formativo e che pertanto non andrebbero a intaccare il rispetto dei requisiti minimi. Per questo, ricorsi che perderebbero facilmente, come dimostrato dalla recente giurisprudenza».
(Fonte: B. Pacelli, ItaliaOggi 04-01-2012)
 
DIPLOMI ACCADEMICI NEI CONSERVATORI DI MUSICA PDF Stampa E-mail
Nel 1999, la legge 508 trasformò i gloriosi quanto vetusti Conservatori di musica in istituti superiori di livello universitario. Nasceva l'Alta Formazione Artistica e Musicale. I Conservatori, come le Università, adottarono il modello 3+2: diplomi accademici di I livello e specialistici di II livello, con la loro brava sequela di esami, crediti formativi, tesi di laurea ecc. Col disegno di legge da poco approvato al Senato i diplomi accademici di I e II livello sono dichiarati equipollenti per l'accesso ai concorsi alle «corrispondenti» classi di laurea universitarie. Nel merito, nonostante l'entusiasmo dei legislatori, il CUN ha espresso un giustificato parere negativo, pur senza entrare nel merito di un altro comma dinamitardo: quello che infine sancisce l'equipollenza fra i vecchi diplomi di Conservatorio e i nuovi diplomi specialistici di II livello. Il dubbio, atroce, è: ma i senatori che hanno tanto applaudito questo provvedimento non ne capiscono l'iniquità e le conseguenze? Chi ha a cuore il futuro dell'insegnamento musicale nel nostro Paese, non può non capire che quell'equipollenza è una sciagurata invenzione a fini di una mal congegnata sanatoria. Inesistente nei fatti poiché assimila percorsi formativi radicalmente diversi. E per di più offensiva per quelle migliaia di studenti che sono tornati a studiare nei Conservatori spendendo qualche migliaio di euro per conseguire un diploma... che avevano già! Senza contare che ora, di fronte a questa equipollenza, i diplomati del vecchio ordinamento (cioè l'80% dell'attuale popolazione studentesca) non avranno più nessun motivo di iscriversi al biennio specialistico, col risultato di un immediato smagrimento del già anoressico livello accademico che sembra avviarsi verso un'equipollenza ben più curiosa: 8.000 gli iscritti attuali ai corsi accademici, 6.000 i docenti: ci si prospetta forse un'Alta Formazione con più docenti che studenti?
(Fonte: Unità 05-01-2012)
 
STUDENTI. TASSE ELEVATE E PIU’ BORSE DI STUDIO PDF Stampa E-mail
Molti opinionisti ed esperti sostengono la necessità di tutelare l’istruzione superiore pubblica, mantenendo una sostanziale gratuità dell’università, altri invece invocano tasse elevate per finanziare gli studi superiori. Un sistema di istruzione universitaria gratuito (o quasi), come quello attuale, è molto iniquo. Per essere gratuito, il sistema deve essere finanziato dalla fiscalità generale ossia, per definizione, anche da coloro i cui figli non frequentano l’università. Poiché, in media, i figli delle famiglie meno abbienti hanno meno probabilità di frequentare l’università, il finanziamento pubblico agli atenei è di fatto regressivo. Inoltre, l’ottenimento di un titolo universitario comporta un beneficio in parte privato (maggiore reddito, migliore status sociale), pertanto sarebbe più equo che i diretti beneficiari sostenessero anche il costo dell’istruzione per l’ottenimento di questo titolo; da questo punto di vista, la retta pagata dagli studenti non si configura come una “tassa”, ma come il corrispettivo di un servizio (beneficio). Si potrà obiettare che, in assenza di sussidi per i soggetti più poveri, questi ultimi non potrebbero iscriversi all’università a causa di rette troppo elevate. Questa obiezione è non solo ragionevole, ma corretta; tuttavia, la soluzione non può risiedere nel finanziamento pubblico indiscriminato, bensì nell’aumento delle borse di studio disponibili per gli studenti “capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi” (articolo 34 della Costituzione). In questa prospettiva, sarebbe a mio avviso auspicabile un sistema universitario basato su rette elevate e numerose borse di studio (o prestiti, o forme miste di questi strumenti). La presenza di rette elevate ha il doppio vantaggio di stimolare gli studenti a dare il meglio (per non dilungare la propria permanenza all’università) e di far emergere in modo indiretto la qualità delle università. Infatti, le università con minore reputazione non potrebbero fissare rette troppo elevate, poiché altrimenti perderebbero studenti; mentre le università migliori potrebbero imporre rette elevate senza correre questo rischio (come avviene in molti paesi, Uk e Usa in primis). Le borse di studio (e i prestiti) di cui sopra garantirebbero l’equità del sistema, per evitare che gli studenti si distribuiscano tra gli atenei sulla base del censo (disponibilità economiche per il pagamento delle rette). Se, invece, si continuerà con la retorica e il tabù delle “tasse basse”, la qualità delle università sarà sempre più a repentaglio, e a rimetterci saranno gli studenti e lo sviluppo del Paese.
(Fonte: T. Agasisti, www.ilsussidiario.net 06-01-2012)
 
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