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27 Dicembre
ASSEGNAZIONE ALLE UNIVERSITÀ DEI CONTRATTI DI FORMAZIONE SPECIALISTICA A FINANZIAMENTO REGIONALE E/O PRIVATO ALLE SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE NELL'A.A. 2010/2011 PDF Stampa E-mail
Decreto 11-11-2011.  Art. 1. C. 1. Per l'anno accademico 2010/2011 il numero di medici da ammettere, con assegnazione dei contratti di formazione specialistica finanziati dalle Regioni o derivanti da finanziamenti comunque acquisiti dalle università, e' stabilito, secondo quanto comunicato dagli atenei, nella tabella allegata, che costituisce parte integrante del presente decreto. C. 2. I medici extracomunitari non abitualmente residenti in Italia, in possesso del riconoscimento, tramite il Ministero della salute, dell'abilitazione professionale conseguita nel Paese di origine e con borsa di studio finanziata dal proprio governo, o da istituzioni italiane o straniere riconosciute idonee, sono indicati nella richiamata tabella, secondo quanto comunicato al riguardo dalle università.
(Fonte: G. U. n. 289 13-12-2011)
 
DOCENTI A CONTRATTO. INTERROGAZIONE ALLA CAMERA PDF Stampa E-mail
L’on.le E. Savino ha rivolto la seguente interrogazione al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
‘Premesso che nel 1998, per decreto firmato dall'allora Ministro dell'università, Berlinguer, nasce la figura del docente a contratto con il compito di «sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche»;  grazie a questa norma, le università hanno iniziato a stipulare contratti di diritto privato con «studiosi od esperti di comprovata qualificazione professionale e scientifica» per l'insegnamento di corsi ufficiali o per attività didattiche integrative; tale norma nasceva per rispondere ad esigenze eccezionali, ma, con il passare degli anni, la figura del docente a contratto è diventata la regola; i ministri interrogati avrebbero dovuto emanare atti per definire limiti, modalità e condizioni di utilizzazione di questo strumento contrattuale da parte delle università, ma ciò non è stato fatto; la mancata emissione di questi atti ha portato ad un abuso di questi contratti e ad una loro reiterazione di dubbia legittimità oltre il limite temporale; ciò costituisce violazione dei principi di non discriminazione e di prevenzione dell'abuso di reiterazione dei contratti a tempo determinato; in riferimento alla retribuzione, la legge 4 novembre 2005, n. 230, ha riconosciuto alle università la possibilità di conferire incarichi di insegnamento gratuiti o retribuiti, ma ha rimesso la definizione del trattamento economico a ciascuna università nei limiti delle compatibilità di bilancio e sulla base dei parametri stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, università e ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro della funzione pubblica; in attuazione di ciò, il decreto interministeriale 16 settembre 2009, n. 94, attualmente vigente, prevede che il trattamento economico minimo dei contratti di lavoro subordinato di diritto privato a tempo determinato è stabilito nella misura del 120 per cento del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno; tale norma, nonostante il carattere cogente ed inderogabile, è rimasta lettera morta; le università hanno interpretato l'inciso della norma del decreto interministeriale «nei limiti delle compatibilità di bilancio» nel senso di poter assumere gratuitamente e non nel senso invece corretto di non assumere più docenti di quelli che si possono permettere di pagare regolarmente, ossia, si ripete, il 120 per cento del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno; di fatto i docenti a contratto, pur avendo gli stessi compiti e gli stessi obblighi dei professori di ruolo, non ricevono una giusta retribuzione, spesso, anzi, hanno contratti a titolo gratuito e sono del tutto privi di copertura previdenziale e assistenziale; il Codacons, secondo cui i docenti a contratto risultano circa il 55 per cento dei docenti italiani, avrebbe promosso un'azione nei confronti dei Ministri interrogati volta ad ottenere l'emanazione degli atti generali obbligatori vincolanti per le università; i Ministri interrogati sono tenuti a vigilare sulla corretta applicazione della normativa de qua e ad assicurare ai docenti a contratto la corresponsione della giusta e legittima retribuzione ex articolo 36 della Costituzione. Per sapere quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere affinché le università provvedano: a) alla determinazione delle motivate e particolari esigenze per cui ricorrere a questi contratti, condizioni e limiti; b) al riconoscimento del rapporto di impiego subordinato a tempo indeterminato a favore di tutti i docenti a contratto in possesso dei requisiti di legge e alla definizione della copertura finanziaria necessaria a trovare i fondi per il riconoscimento del dovuto compenso’.
(L. Pascale, Atto Camera. Interrogazione a risposta scritta 4-14197 presentata da Elvira Savino. 14-12-3011)
 
LAUREA IN INFERMIERISTICA. AUMENTATI I POSTI NEI CORSI PDF Stampa E-mail
Con un Decreto del 23 novembre, il MIUR ha stabilito l'ampliamento di 168 posti nei corsi di laurea in Infermieristica, che si vanno ad aggiungere ai 15.781 messi a disposizione con bando agli inizi di settembre. L'aumento dei posti interessa 3 università rispetto alla tabella pubblicata con precedente decreto: l'Università di Messina (120 posti in più, da 150 a 270), Roma "Tor Vergata" (40, dagli attuali 970 a 1.010) e Torino (8, da 470 a 478).
(Fonte: Il Sole 24 Ore - Sanità 23-11-2011)
 
RIFORMA. UN’IDEA FUTURISTA DELL’UNIVERSITA’ PDF Stampa E-mail
Per dare all’Italia l’università che meriterebbe un Paese di tanta profondità storica e culturale bisogna essere capaci di esaminare delle riforme di sistema capaci di liberare il sistema universitario italiano. Bisogna partire da un concetto essenziale: le università devono competere l’una con l’altra, devono avere la più ampia autonomia e responsabilità finanziaria e quelle inefficienti devono chiudere. E a questo sistema in concorrenza deve affiancarsi una rete di protezione costituita da strumenti che favoriscano la meritocrazia. Quali possono essere le riforme da perseguire? Cominciamo dalla proposta più antica e rivoluzionaria: l’abolizione del valore legale del titolo di studio. Questo ha prodotto un vuoto di competizione tra le scuole e le università italiane trasformandole in veri e propri diplomifici. Si è prodotta così la rincorsa al pezzo di carta piuttosto che a una seria formazione. Abolire il valore legale produrrebbe un’iniezione di competizione, libertà di scelta e meritocrazia. Perché? Perché gli istituti scolastici e universitari, pubblici e privati, sono posti in concorrenza tra loro con un conseguente miglioramento qualitativo. Gli studenti saranno più liberi di scegliere come e dove istruirsi, si porrebbe fine ai “diplomifici” e le selezioni per il pubblico impiego non saranno più basate sul pezzo di carta imposto dalla legge, ma sulla conoscenza effettiva.  Conseguentemente a questa riforma possiamo pensare a una liberalizzazione delle rette universitarie. Partiamo da una considerazione di mera politica economica: lo Stato lavora in perdita sull’università, spende cioè più soldi rispetto a quelli che incassa con il pagamento delle rette. Le università inoltre sono piuttosto vincolate al centralismo ministeriale, possono, infatti, discostarsi solo per il 20% del Fondo di finanziamento ordinario nella determinazione autonoma delle rette. Questo penalizza le università più efficienti e di qualità rispetto a quelle poco performanti e con una scarsa offerta didattica. Il tetto va alzato, bisogna lasciare più autonomia alle singole università nel determinare i costi della retta. Quali vantaggi offre la liberalizzazione? Più indipendenza e responsabilità finanziaria e amministrativa delle università, maggiori investimenti dei privati con conseguente sviluppo di sistemi meritocratici (Borse di studio) e stipulazione convenzioni con istituti bancari per prestiti agli studenti (prestiti d’onore).
(Fonte: L. Castellani, www.ilfuturista.it 07-12-2011)
 
LE STATISTICHE DELL’UNIVERSITÀ. INDAGINE DEL MIUR “UNIVERSITÀ IN CIFRE 2009/10” PDF Stampa E-mail
Nell'indagine statistica annuale “Università in cifre 2009/10” pubblicata dal MIUR, si delinea l'evoluzione delle principali attività del sistema universitario nei suoi diversi punti di vista: fonti ed entità del finanziamento; diritto allo studio; reclutamento e consistenza del personale docente e amministrativo; ricerca scientifica e offerta formativa. La spesa per l'istruzione universitaria nel 2008 è stata di 19.542 milioni di euro (+7% rispetto all'anno precedente e +4% rispetto al 1999); nell'ultimo decennio si è approfondito il divario tra la quota di finanziamento proveniente dal settore pubblico e quella di fonte privata, diminuita del 18%. Il costo medio per studente (poco più di € 7.200) è stato inferiore - a parità di potere di acquisto - alla media Eurostat. In relazione al rapporto tra spesa per studente e PIL, l'Italia assume un valore (28%) ben al di sotto della media UE (39%). È aumentata la contribuzione studentesca (+20% tra il 2005 e il 2009 negli Atenei statali) e più significativamente (+41%) nelle Università non statali ove tale voce rappresenta un quarto delle entrate complessive. La distribuzione del carico per tasse e contributi, commisurata alle condizioni economiche individuali e alla tipologia del corso di studio prescelto, appare disomogenea sia per tipologia d'istituzione formativa (in media € 910 nelle Università statali e € 3.591 in quelle non statali) sia per area geografica (più alta nelle Regioni del Nord e soprattutto nel Veneto con una media di 1.381 euro, in Lombardia e in Emilia e Romagna) mentre Puglia e Calabria (media € 550) figurano come le più economiche. Piuttosto stazionaria è apparsa l'entità destinata al diritto allo studio: interventi in calo dell'1% in valori assoluti e in termini pro capite (€506 rispetto a € 514 dell'anno precedente). Circa il 22% degli studenti complessivamente iscritti ha usufruito di qualche tipologia di aiuto; il 13% in media ha beneficiato di una borsa di studio pari a €2.821. L'elemento territoriale influenza peraltro anche la distribuzione della spesa per la ricerca scientifica universitaria (in valori assoluti €6.098 milioni con un aumento di €603 milioni rispetto all'anno precedente), tenuto conto che poco meno della metà (46%) del totale si concentra in sole quattro regioni: Lombardia (12,8% del totale), Lazio (12,6%), Campania e Toscana (10,1%).
È diminuito del 10%, rispetto ai valori dello scorso decennio, il tasso dei diplomati intenzionati alla prosecuzione degli studi, ma che sono risultati meno propensi agli abbandoni precoci. È aumentata anche la quota dei laureati in età inferiore ai 25 anni. Costantemente in crescita la componente femminile: nella componente studentesca (60% del totale) e nel corpo docente (+36% in dieci anni). Ridotta l'offerta formativa a seguito della politica volta a contenere la proliferazione dei corsi (228 in meno rispetto all'anno accademico 2008-2009, pari a una diminuzione del 4%), è diminuita la consistenza dei docenti di ruolo (-8% rispetto al 2008 ma + 11% rispetto al 2000), anche se nell'ultimo triennio è aumentata di due punti l'incidenza della relativa spesa. Non a caso sia la forte dipendenza delle Università statali dal finanziamento ordinario che la rigidità della struttura di tali costi fissi rappresentano due degli indicatori, che fanno collocare il nostro Paese nella fascia medio bassa di autonomia universitaria, rilevata dal recente studio dell'EUA University Autonomy in Europe II.
(Fonte: M. L. Marino,  http://www.rivistauniversitas.it/ 06-12-2011)
 
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