Home 2010 26 Ottobre Università: parla il ministro Gelmini
Università: parla il ministro Gelmini PDF Stampa E-mail
''Dispiace constatare che molti giovani ancora non abbiano capito che non è difendendo la quantità dei professori che difendono il loro futuro. Bisogna guardare all'Università non come ad un ammortizzatore sociale, un luogo solo per fare occupazione''. Così, il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, nel corso della ''Telefonata'' con Belpietro su Canale5. Pur ammettendo ''qualche difficoltà legata ad una sincronizzazione fra il progetto di riforma e le risorse che sono indispensabili per il normale funzionamento dell'università''' e giudicando ''legittime'' le preoccupazioni legate allo slittamento della riforma , ''che io mi auguro sia solo di un paio di mesi, nella peggiore delle ipotesi'', Gelmini osserva: ''C'e' chi da sempre dentro l'università protesta ma avendo gli occhi rivolti al passato. Perché la verità è che l'università ha bisogno di un profondo cambiamento, di una impostazione nuova, non legata alla quantità ma alla qualità dell'insegnamento e dei corsi, alla preoccupazione di una ricaduta occupazionale per gli studenti. La riforma intercetta esattamente queste esigenze''. Quanto al tema delle risorse, ''va posto nella giusta ottica. Noi abbiamo iniziato con un piano di razionalizzazione indispensabile, contro gli sprechi, per evitare le spese inutili, per legare l'autonomia alla responsabilità. Oggi è il tempo di approvare una riforma in linea con UE e con altri provvedimenti che altri Stati come ad esempio la Francia stanno portando avanti''. ''E' compito del Governo trovare le risorse per il corretto funzionamento dell'università''', aggiunge Gelmini, ''ma io mi fido di Tremonti che ha assicurato che i fondi saranno reperiti nel Milleproroghe''. ''Nelle prime 100 università a livello internazionale sono pochissime le università italiane - ricorda il ministro - ma sbaglia chi pensa che questo sia solo un problema di risorse: è in primo luogo un problema di regole. La verità è che l'impostazione falsamente egualitaria del '68 ha portato le nostre università agli ultimi posti nelle classifiche internazionali''. Per questo è tempo di cambiare, magari anche accorpando atenei in deficit. “Qualche università purtroppo - ha spiegato - è in una situazione di dissesto finanziario. Non a caso la riforma prevede la fusione piuttosto che la federazione di atenei diversi come strumento per favorire una riprogrammazione dell'offerta formativa”. ''Non dobbiamo puntare a tante università o all'università sotto casa - avverte - ma a centri di eccellenza, collegati con il mercato del lavoro, con le imprese, con i centri di ricerca. L'Università autoreferenziale non serve ai giovani e non serve al Paese''. (ASCA 19-10-2010)