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RICERCATORI A TEMPO DETERMINATO. SENTENZA DELLA CORTE UE PDF Stampa E-mail

Con sentenza 15.12.22 la Corte di giustizia UE dichiara che per il diritto dell'Unione non osta a una normativa nazionale che consenta alle università l'utilizzo di contratti da ricercatore a tempo determinato con durata triennale e prorogabili per due anni. La normativa italiana rispetta, infatti, i canoni del diritto Ue in quanto stabilisce una durata massima complessiva dei contratti a tempo determinato (12 anni) e il numero massimo di proroghe; tali disposizioni sono sufficienti per prevenire il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato, cui tende il diritto dell'Unione, sicché la dedotta mancanza di ragioni oggettive sottese alle assunzioni temporanee è irrilevante. La Corte esclude, poi, la sussistenza di profili discriminatori nel trattamento differenziato delle diverse tipologie di ricercatori universitari; il raffronto tra trattamenti differenti per verificarne eventuali profili discriminatori va effettuato fra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, mentre le questioni sollevate dal Consiglio di Stato pertengono a due diverse categorie di lavoratori a tempo determinato. Secondo il diritto UE nulla osta a legislazione nazionale che permetta ai soli ricercatorI a Tindeterminato, in possesso di ASN, e ai ricercatori a Tdeterminato di tipo B di partecipare alla procedura di valutazione specifica per l'iscrizione nella lista dei professori associati, ma ciò soltanto a condizione che il giudice nazionale accerti che i ricercatori a Tdeterminato di tipo A esercitino le stesse attività professionali dei ricercatori a tempo indeterminato. (F: imgpress.it 20.12.22)