A partire dai lontani anni sessanta, si vedeva già la strategia, a mio parere deleteria e perversa, sul piano dei costi e sul piano della qualità, che è quella della diffusione sotto il portone di casa, possibilmente tra il tabaccaio e il salumiere di famiglia, di istituire una sede universitaria. Questo vezzo è dilagato negli ultimi 10-15 anni. Per non farla lunga, la situazione attuale, che a me risulta dai dati ufficiali, è che abbiamo in Italia circa 330 sedi universitarie, che diviso per 107 province fa circa tre sedi universitarie per ogni provincia. Allora, dai dati che ho a disposizione ma che potranno sempre essere verificati e indagati, sempre per non annoiarvi cito soltanto alcuni casi estremi che gridano scandalo e vendetta e, per non far torto a nessuno, ho inserito anche alcuni casi del mio territorio di origine, quindi non voglio proteggere nessuno, ma in molte di queste sedi universitarie le immatricolazioni sono al di sotto dei 50 studenti: Ala, 46 studenti per quattro corsi di laurea; Sant'Angelo dei Lombardi, Torrevecchia Teatina, Bressanone, tre corsi di laurea zero studenti; Busto Arsizio, Mosciano Sant'Angelo, Bosisio Parini, Figline Valdarno, Iesi, Matelica, Pietra Ligure, Faenza, Città di Castello, Voghera, Sesto San Giovanni, Ariccia, 18 immatricolazioni per due corsi di laurea; Fano, San Giovanni Rotondo, 17 immatricolazioni per due corsi di laurea; Venaria Reale, 3 immatricolazioni per un corso di laurea, iscritti totali 17; Verres, zero immatricolazioni, zero iscritti, due corsi di laurea; Lagonegro, Tortona, Vigevano, Piazza Armerina, Cava dei Tirreni... e mi fermo qua. Perché ho citato questi dati, ovviamente da verificare, ma sono i dati che sono riuscito a rintracciare rapidamente? Perché nel disegno di legge di riforma c'è un fatto fondamentale come titolo e cioè "Fusione e razionalizzazione di atenei". Ora, se non partiamo da questo punto fondamentale tutto il resto è totalmente inutile. Perché il criterio è definire innanzitutto che cosa è l'Universitas Studiorum che nella dispersione di sedi e di risorse che risulta sul territorio non ha niente a vedere con il diritto allo studio, perché questo è in realtà una mistificazione del diritto allo studio, quello cioè di portare sedi ridicole e assurde in posti altrettanto ridicoli e assurdi illudendo studenti e famiglie per un'intera generazione. E allora la responsabilità politica è quella di partire da questo punto, da una decisione responsabile del Governo nazionale, la fusione e la razionalizzazione degli atenei. Potrà e può essere concordata, ma questo è un tema strategico nazionale che non ha niente a che vedere con l'autonomia. L'autonomia viene subito dopo sul come si esercita la gestione delle sedi universitarie, ma è una decisione strategica politica nazionale quella che serve. (Dall’intervento del senatore Baldassarri nella discussione generale del disegno di legge n. 1905, luglio 2010)
|