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ATENEI DI SERIE A. A-, B+ e B? PDF Stampa E-mail

«La ricerca ad alto livello non può essere distribuita uniformemente tra università» e i finanziamenti vanno concentrati sulle università migliori o «eccellenti». E' la sintesi della tesi di Tito Boeri e Roberto Perotti (lavoce.info). In Italia i prodotti di qualità scientifica più elevata non sono concentrati in pochi atenei di punta (come quelli del Golden Triangle inglese), ma sono relativamente dispersi fra molte sedi. Il fatto che la migliore ricerca sia frammentata fra diversi atenei ci aiuta a spiegare come mai le università italiane risultino pressoché assenti fra le top 100 in tutti i ranking internazionali basati su produttività e impatto della ricerca, mentre sono molto numerose (più di quelle francesi e spagnole) fra le top 500 o le top 1.000. Una possibile spiegazione sta appunto nell'elevata dispersione dei migliori ricercatori italiani fra atenei diversi, che fa sì che molti atenei risultino di buona qualità scientifica, ma (quasi) nessuno «eccellente» attività. Come si può fare allora a costruire dei poli di attrazione senza rinunciare alla buona qualità scientifica media dei nostri atenei? La risposta è che si può cercare di valorizzare (anziché appiattire) le differenze esistenti all'interno di uno stesso ateneo. Un primo modo per farlo è quello di riconoscere e incentivare una specializzazione di ciascuna università in alcune aree scientifiche, cioè una differenziazione interna a ciascun ateneo per quanto riguarda l'intensità e la qualità della ricerca. Un secondo è quello di prendere atto della pluralità di funzioni che le università sono oggi chiamate a svolgere (dalla formazione di base a quella specialistica, dalla ricerca pura a quella applicata, dal contributo allo sviluppo territoriale alla presenza in network internazionali) e di valorizzare questa pluralità premiando quelle strutture universitarie che svolgono al meglio alcune di queste funzioni anche a scapito di altre, anziché quelle che hanno una performance media su tutte. Nessun ateneo, del resto, può svolgere tutte quelle funzioni allo stesso livello di qualità in tutti i campi del sapere. Mentre la possibilità di dare vita ad alcuni poli di specializzazione è aperta alla maggior parte degli atenei, in cui esistono nicchie potenzialmente molto competitive. La pluralità ed eterogeneità delle aree scientifiche su cui ciascun ateneo può provare a costruire dei poli di attrazione consentirebbe una certa distribuzione su tutto il territorio nazionale, frenando la tendenza a creare pochi atenei di serie A collocati nelle aree più dinamiche del Paese e una maggioranza di teaching universities nelle zone più periferiche. (F: M. Regoni, CorSera q18.03.21)
Risposta a Regini di Boeri e Perotti: "Gli atenei e i dipartimenti non d'eccellenza avranno sempre un ruolo importante". Quindi tutto quello che scriviamo è consistente con la proposta di Regini, che vuole dipartimenti (e non atenei) di serie A e B. Anche noi. Questo risulterà presumibilmente in atenei di serie A. A-, B+ e B».