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UNIVERSITÀ TELEMATICHE. IL RAPPORTO CRITICO E MAI RISOLTO FRA UNIVERSITÀ TRADIZIONALI E UNIVERSITÀ TELEMATICHE. LA CORSA ALL’“ACQUISTO” DEI CREDITI PER INSEGNARE PDF Stampa E-mail

Milena Gabanelli (con Adele Grossi) ha riacceso i riflettori sul mondo delle università telematiche italiane sulla Data Room, ospitata sul sito del Corriere della Sera il 28 luglio scorso. Le Università telematiche accreditate in Italia sono 11. Esse contano (nel 2019) 110.000 immatricolati a fronte dei 1.690.000 e rotti delle Università tradizionali (nel 2018). Per legge, esse possono impartire corsi di laurea in tutte le discipline, eccetto Medicina e Chirurgia, Medicina Veterinaria, Odontoiatria.
Il punto finale dell'analisi mette all'indice il vero problema, mai risolto, relativo al rapporto fra università tradizionali e università telematiche, un problema che oggi, in tempi nei quali anche le "tradizionali" devono erogare didattica in via telematica, appare farsi davvero critico, nella sua ormai patente ingiustificabilità: la diversità delle regole che disciplinano l'accreditamento di Università che rilasciano un diploma di laurea che la legge rende in tutto e per tutto equipollente a quello rilasciato dalle Università tradizionali. Le regole che le università telematiche devono osservare sono molto meno rigide di quelle imposte alle università tradizionali. Per quanto riguarda la didattica c'è un docente di ruolo per più d'ogni 521 iscritti, contro 1 ogni 36 delle tradizionali dove, per un corso di laurea, il decreto ministeriale 6/2019 ha imposto 9 docenti di cui 5 di ruolo. Tutte queste lauree, ai fini concorsuali, valgono esattamente quanto quelle conseguita in qualsiasi altro ateneo.
Poiché la tabella ministeriale, che definisce le classi di concorso per l'insegnamento e i requisiti necessari, permette di acquisire a chi non li ha i crediti per insegnare certe discipline per le quali non si ha la laurea prevista, si è assistito alla corsa all'"acquisto" di questi crediti, prontamente messi in vendita dalle università telematiche. Ci si può rivolgere a una telematica, la quale, attraverso un corso telematico e un colloquio finale, concede questi crediti a costi variabili in base al numero dei crediti richiesti. Il rischio è che si abbiano docenti che, pur sapendo poco o nulla di una data disciplina, perché mai o poco studiata nel corso regolamentare dei propri studi, vadano ugualmente a insegnarla nelle scuole, scavalcando quanti con quella materia si sono dovuti confrontare con un corso di laurea specifico impartito in modalità tradizionale. E' uno degli strumenti – tutti rigorosamente a norma di legge – con i quali oggi ci si propone di formare un corpo docente di «elevata» qualificazione nelle scuole italiane, osserva Roars https://tinyurl.com/yxrthcsv sulla scorta dell'analisi su Data Room (M. Gabanelli, CorSera). E aggiunge: Quando si dice che si è voluto distruggere la scuola (vedi anche l'articolo di E. Galli della Loggia sul CorSera del 21.08.20) non si ricorre a un'iperbole, ma si descrive la realtà dei fatti; tutto ciò è frutto di norme che qualcuno ha voluto approvare e i cui consequenziali provvedimenti qualcuno ha firmato, così come dietro il grande business delle telematiche potrebbero celarsi anche consistenti interessi politici, e non solo. (F: CorSera 28.07.20; Red.ne Roars 26.08.20)