Il Rapporto 2010 della Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), presentato a Roma il 20 luglio, conferma che i giovani pagano un prezzo alto in termini di occupazione nei periodi di crisi, specie nelle regioni meridionali, che fanno guadagnare al nostro paese «il non invidiabile primato del tasso di disoccupazione giovanile in Europa». La laurea paga, ma in ritardo. Nel 2009 il tasso di occupazione dei laureati in età 25-34 anni si è fermato al 53% rispetto al 75% del Centro-Nord. Solo dopo i 40 anni il tasso occupazionale di chi ha completato gli studi al massimo livello si allinea con il resto del paese: 90,3% al Sud, 92% al Centro-Nord. Eppure, per quanto concerne il sistema universitario, emergono segnali contrastanti. La partecipazione universitaria è aumentata nel suo insieme (il tasso d’iscrizione è passato da circa il 33% del 2001 a quasi il 40% nel 2008, con il Mezzogiorno su livelli addirittura più elevati del Centro-Nord - 43,3% rispetto al 36,5%), ma il tasso di passaggio all'università è tornato nel 2008-09 ai livelli d’inizio 2000 (62,4% nel Sud e 63,4% nel Centro-Nord) perdendo una decina di punti percentuali. L'incremento degli abbandoni e il calo delle iscrizioni all'università paiono evidenziare un rapporto diverso tra l'istruzione, specialmente quella universitaria, e il sistema economico. Mentre in un recente passato la convinzione della spendibilità del titolo di studio e la legittima aspettativa di retribuzioni migliori avevano favorito l'espansione delle iscrizioni, affiorano ora segnali di scoraggiamento tra i giovani che contribuiscono a "ingessare" il sistema economico e sociale meridionale. Anche nel settore Ricerca&Sviluppo (Pil, occupati, brevetti) la situazione non è delle migliori: in base agli ultimi dati disponibili (2007) il Sud spende solo lo 0,87% rispetto all'1,28% del Centro-Nord, comunque distanti dal parametro del 3%, fissato nella Strategia di Lisbona per il 2010. Indubbiamente l'Italia continua a presentarsi "come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio, con un Sud, che espelle giovani, anche con trasferimenti temporanei, i cosiddetti pendolari di lungo raggio, che fisicamente lavorano e vivono per buona parte della settimana al Centro Nord, ma che mantengono casa e famiglia al Sud". Una possibile soluzione per uscire da questa situazione la suggerisce il Rapporto laddove avanza la proposta di un "progetto Paese", in grado di valorizzare le aree deboli con politiche nazionali più efficienti e politiche specifiche riformate, capace di passare attraverso il concetto di Mezzogiorno come "frontiera" verso il Mediterraneo e le nuove opportunità di sviluppo, che vengono soprattutto dai settori innovativi. (Universitas 22-08-2010)
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