Home 2010 01 Settembre Profitti derivanti da brevetti nelle università degli Stati Uniti
Profitti derivanti da brevetti nelle università degli Stati Uniti PDF Stampa E-mail

Sono le università in America a possedere generalmente la titolarità dei brevetti registrati da un loro ricercatore, una prassi stabilita negli atenei pubblici e privati sin dagli anni '20. I proventi, invece, sono divisi tra l'università e l'inventore con formule che variano da ateneo ad ateneo ma che riflettono un principio riconosciuto universalmente nel paese: parte dei proventi va ad arricchire, infatti, il ricercatore, ma una parte ancor più consistente è reinvestita nella ricerca.

Anzi, con il passare degli anni la percentuale devoluta all'inventore è scesa. Esemplare è il caso dell'University of California, i cui dieci campus (tra cui Berkeley, Los Angeles e San Diego) costituiscono il più grande centro pubblico di ricerca degli Stati Uniti, con un budget di 2,9 miliardi di dollari. L'adozione ufficiale di una formula di spartizione dei profitti derivanti da un brevetto sviluppato nel corso dell'attività di ricerca finanziata dall'università risale al 1963 e prevedeva una suddivisione al 50% meno il 15% per le spese amministrative; la percentuale devoluta al ricercatore è scesa nel corso degli ultimi cinquant'anni e oggi è pari al 35 per cento.

Analoga è la formula degli atenei privati, anche se alcuni hanno adottato nuovi e creativi espedienti per sfruttare a proprio vantaggio la commercializzazione delle invenzioni sfornate dai loro laboratori di ricerca. All'università di Stanford, fucina di cervelli e imprenditori high tech della Silicon Valley, l'ateneo in molti casi cede la titolarità del brevetto all'inventore in cambio di una partecipazione azionaria nella società da lui fondata. Il vantaggio per l'ateneo è palese nei casi eclatanti di straordinario successo di una tecnologia, basti pensare al caso Google. Stanford aveva ceduto a Larry Page e Sergei Brin il brevetto del loro algoritmo PageRank in cambio di una quota nell'azienda che oggi ha un valore di mercato di 150 miliardi di dollari.
Anche il governo americano ha deciso di esigere una partecipazione ai profitti derivanti da invenzioni fatte nel corso di progetti di ricerca universitari ma finanziati da fondi statali provenienti generalmente dal Ministero della Difesa o della Sanità. Nel 1980 la legge Bayh-Dole ha stabilito che l'università ha il diritto di mantenere la titolarità di un brevetto ma ha l'obbligo di commercializzare l'invenzione (o almeno tentarci) e di spartire i proventi non solo con l'inventore ma anche con il governo. (D. Roveda, Il Sole 24 Ore 21-08-2010)