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REPORTERS SANS FRONTIÈRES CLASSIFICA LA LIBERTÀ DI STAMPA NEL MONDO PDF Stampa E-mail

Secondo Reporters Sans Frontières, "il numero dei paesi considerati sicuri, dove un giornalista può lavorare senza temere per la propria vita diminuisce ancora, mentre i regimi autoritari continuano ad aumentare il controllo sui media". La notizia arriva in occasione della presentazione della classifica sulla libertà di stampa che l'organizzazione non governativa redige oramai dal 2012, sulla base di un questionario distribuito agli esperti di settore e un set di informazioni reperibili in rete. Come ogni anno, la classifica si riferisce ai 365 giorni precedenti: l'elenco appena presentato riguarda quindi la situazione nel 2018. Per accorgersi di quanto è grave la situazione, basta guardare la mappa allegata al report di Rsf: la maggior parte degli stati è colorata di arancione o rosso, due colori che segnalano un livello di allerta alto. Ma il colore che evidenzia la condizione peggiore per la libertà di stampa è il nero, che ricopre tutto il territorio cinese. Si salvano solo i paesi nordici, la Costa Rica, la Jamaica e la Nuova Zelanda: in questi luoghi, un giornalista non rischia la pena di morte, e la categoria non è considerata in pericolo quando esercita il suo mestiere. Cosa che succede invece a chi vive in Turkmenistan, che quest'anno ha rimpiazzato la Corea del Nord all'ultimo posto della graduatoria (oggi lo stato di Kim Jong-un è penultimo). In Europa, sono cinque gli stati dove i giornalisti hanno dovuto fare i conti con crescenti difficoltà rispetto agli anni precedenti: Serbia, Montenegro, Ungheria, Malta e Slovacchia. La situazione nel nostro paese resta sempre molto critica. L'Italia guadagna 3 punti ma non riesce a superare la 43esima posizione. Reporter Senza Frontiere giustifica la sua scelta citando la proposta del ministro dell'Interno Matteo Salvini di togliere la scorta a Roberto Saviano, gli attacchi dei politici del Movimento 5 stelle che hanno definito alcuni rappresentanti della categoria in modi poco lusinghieri, le continue minacce nei confronti di alcuni professionisti, soprattutto nel Sud Italia, e casi come quello di Paolo Borrometi. Il giornalista siciliano, collaboratore di Agi e fondatore de La Spia vive sotto scorta 24 ore al giorno dal 2013. L'unica buona notizia? Tutte queste persone secondo l'organizzazione continuano a svolgere il loro lavoro "con coraggio". (Fonte: G. Giacobini WIRED 18-04-19)