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RIFLESSIONI CRITICHE SULL'INTERPRETAZIONE GIURISPRUDENZIALE DEL REGIME DI INCOMPATIBILITÀ DEI PROFESSORI UNIVERSITARI A TEMPO PIENO NELLA LEGGE "GELMINI": LA NOZIONE DI ''CONSULENZA'' E DI ''ATTIVITÀ LIBERO-PROFESSIONALE'' PDF Stampa E-mail

Autore: Giuseppe Valditara. Giurisprudenza italiana, n. 1, 2018, pp. 179-182.
La L. 30 dicembre 2010, n. 240 all'art. 6 ha inteso modificare ''in modo più liberale e meno burocratico'' rispetto alla legislazione precedente il regime delle incompatibilità. In particolare, come chiarisce la Relazione all'Aula, si innova garantendo ''più libertà nel fornire consulenze''. L'art. 6, 10 comma fra le attività liberamente esercitabili senza necessità di autorizzazione ricomprende le ''consulenze''. Le consulenze qui considerate non sono solo quelle ''scientifiche'', lo dimostra inequivocabilmente il fatto che l'aggettivo ''scientifiche'' è riferito esclusivamente alle ''collaborazioni'' e non anche alle ''consulenze''. L'art. 6, comma 9 preclude invece ai professori universitari a tempo pieno l'attività libero-professionale. Come evidenzia chiaramente la precedente legislazione sul tema, e in particolare l'art. 11 ai commi 4 e 5 del D.P.R. n. 382/1980, l'attività di consulenza non coincide necessariamente con l'attività libero-professionale e d'altro canto tutte le attività ''scientifiche'' erano consentite liberamente già nel precedente regime derogato ora dalla L. n. 240/2010. Il vocabolario Treccani della lingua italiana chiarisce ciò che si intende per attività libero-professionale, ovvero per "professionista'', individuandone le caratteristiche nel carattere ''primario'' dell'attività rispetto ad altre, e nella ''abitualità''. Così pure per "consulenza'' il vocabolario Treccani distingue fra ''prestazione singola o saltuaria di prestazione di consigli e pareri da parte di un esperto'' e ''prestazione continuativa e professionale''. Ciò che dunque è impedito al professore a tempo pieno, con o senza autorizzazione, è la prestazione continuativa, abituale, come attività primaria, di consulenze, vale a dire l'esercizio di attività libero-professionale. E' invece liberamente ammessa senza autorizzazioni la consulenza occasionale. Questa interpretazione è confermata dalla L. n. 247/2012. All'art. 2, comma 6 riserva a chi sia iscritto nell'albo professionale degli avvocati solo le consulenze legali svolte in modo ''continuativo, sistematico, ed organizzato'', dunque solo le consulenze svolte ''professionalmente''. (Fonte: Dall'abstract a cura della Rivista)