Home 2010 20 Luglio Riformare i concorsi per garantire la responsabilità dei reclutatori e l'autonomia dei ricercatori
Riformare i concorsi per garantire la responsabilità dei reclutatori e l'autonomia dei ricercatori PDF Stampa E-mail

Da sempre ci si esercita nell’individuare un sistema che garantisca la scelta dei migliori sulla base del pubblico concorso, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il concorso pubblico è largamente screditato come metodo di selezione trasparente ed efficace.  Il direttore del Dipartimento di Politica, Istituzioni, Storia dell’Università di Bologna, Fulvio Cammarano, ora propone un progetto di riforma dei meccanismi di selezione fondato sulla shared responsibility. Secondo tale meccanismo, semplice quanto innovativo, i componenti della commissione devono essere direttamente responsabili della loro scelta attraverso opportuni incentivi e disincentivi legati alla capacità valutata del reclutato.

Introduzione

Uno dei temi più difficili da affrontare quando si parla di riforma universitaria è quello che più di tutti compare nelle cronache e occupa grande spazio nell’immaginario collettivo: il reclutamento del personale per la ricerca e la didattica. Da sempre ci si esercita nell’individuare un sistema che garantisca la scelta dei migliori sulla base del pubblico concorso, ma i risultati sono sotto gli occhi di tutti: il concorso pubblico è largamente screditato come metodo di selezione trasparente ed efficace.

Per funzionare, il concorso richiederebbe che i commissari fossero tutti d’accordo sul significato di “migliore” (nella situazione contingente in cui si trovano ad operare) e, soprattutto, agissero sulla base di un’etica pubblica talmente superiore da non lasciare spazio alle simpatie, vicinanze e passioni che caratterizzano la natura umana. Tale prospettiva non è impossibile a livello teorico, ma certo molto difficile da raggiungere. È quindi arrivato il momento di ripensare profondamente il sistema di selezione del personale universitario.

La proposta

Cosa proponiamo? Di utilizzare una metodologia di selezione che si fondi sulla cosiddetta shared responsibility: i componenti della commissione (i 'reclutatori') devono essere direttamente responsabili della loro scelta attraverso opportuni incentivi e disincentivi legati alla capacità valutata del reclutato. Se quest'ultimo si dovesse rivelare impreparato per la didattica e non riuscisse a produrre risultati di ricerca regolari e referenziati, tutti coloro che lo hanno selezionato ne trarranno uno svantaggio (sia economico, sia in termini di carriera). Al contrario, più alto sarà lo standard mantenuto dal reclutato (didattica e ricerca) più significativi saranno i 'premi' per i suoi reclutatori. Questo sistema di responsabilizzazione condivisa (dai membri della commissione) porta ad un livello di defezione molto basso, perché tutti hanno interesse a rispettare le regole ed evitare il free-riding di chi vuole trarre vantaggi personali da risorse collettive (come spesso accade oggi, dove un commissario “interessato” spesso non trova adeguate resistenze nelle valutazioni degli altri commissari non coinvolti dall'esito del concorso).

Come funziona in pratica

1. Valutazione

Per procedere in questa direzione è necessario portare a compimento definitivo la costruzione di una griglia valutativa della qualità del lavoro del ricercatore-docente (che andrebbero utilizzate anche per distribuire finanziamenti privati e pubblici, PRIN inclusi, che sono ormai considerati una sorta di estrazione non sempre trasparente, al solo scopo di distribuire denaro senza garanzie di risultati di qualità). Al fine di costruire tale griglia valutativa, bisogna progettare un percorso di sperimentazione, elaborazione e verifica che veda coinvolti attori differenziati, con una significativa presenza internazionale. I criteri di valutazione, infatti, devono essere al contempo certi e sempre passibili di affinamento, combinando elementi quantitativi e qualitativi. Ad esempio, si possono inserire già nel bando del reclutamento i requisiti soggettivi richiesti: in questo quadro, volto all’affermazione di gruppi di ricerca coesi, innovativi e con alti livelli di qualità, la coerenza del lavoro del ricercatore col requisito soggettivo del bando sarebbe elemento di costante monitoraggio nel processo di shared responsibility. Una volta impostato un sistema di valutazione comune a livello nazionale e trasparente, si può impostare un nuovo sistema di selezione (anche per chiamata diretta, come vorrebbe il Ministro) sia per i ricercatori sia per i percorsi di tenure track.

2. La commissione

Il dipartimento che bandisce il posto nomina il titolare della materia a capo di una commissione di cui faranno parte un collega della disciplina, scelto mediante estrazione a sorte a livello nazionale, e tre membri di quello stesso dipartimento scelti dal Consiglio. È importante che i membri della commissione siano rappresentativi di discipline differenti, così da incentivare e incrementare quella strategia interdisciplinare della ricerca e della valutazione che è ormai diventata uno standard di qualità sul piano internazionale. Questi cinque commissari prenderanno in esame le domande presentate dai candidati e, sulla base dei titoli e del profilo scientifico, sceglieranno il candidato che ritengono migliore. Mentre nella versione attuale, qui finisce il compito della Commissione di concorso, nella versione da noi proposta la Commissione d’esame viene trasformata, ex lege, in un comitato di garanzia che per 6 anni (NB: la tempistica è comunque flessibile) avrà l’obbligo di seguire-monitorare l’attività scientifica del vincitore di concorso, valutato ogni due anni secondo i parametri di valutazione stabiliti a livello nazionale. Ed è proprio la valutazione della qualità della produzione (ricerca in primo luogo, ma anche didattica e capacità di attrarre fondi, attivare network internazionali, ecc.) a produrre effetti che ricadranno non più solo sul valutato, bensì sui suoi valutatori diventati, nel frattempo, suoi “tutors” e sui fondi del Dipartimento che ha bandito.

3. Incentivi e disincentivi

In qualità di garanti, i tutors risponderanno in prima persona dei successi e/o insuccessi del reclutato. In pratica, questo vuol dire che se il ricercatore ottiene buoni risultati, questi avranno effetti positivi, in termini di budget per la ricerca e di avanzamento di carriera, per i suoi tutors (che si vedranno assegnati più fondi ogni anno in misura proporzionale al progresso del nuovo ricercatore). Al contrario, se i risultati saranno mediocri, il processo prevederà decurtazioni di fondi per tutti. Ovviamente, attraverso un sistema di revisione biennale (con tre fasi successive nel corso dei 6 anni del contratto), i tutors avranno la possibilità di intervenire sul nuovo ricercatore, segnalare mancanze, proporre miglioramenti o, anche, procedere ad un’interruzione del contratto sulla base di evidenti e trasparenti motivazioni legate al sistema di valutazione nazionale.

4. Responsabilità condivisa

L’aspetto dell’interesse personale (dei reclutatori, che diventano responsabili 'in solido' dei successi ed insuccessi del reclutato) costituisce l'elemento cardine di questa proposta, perché rende molto difficoltoso 'pilotare' il processo di selezione sulla base di parametri non scientifici. Con il sistema vigente, un commissario può solo opporsi ad una selezione mediocre in virtù di principi etici (e questo comporta che, molto spesso, chi bandisce il posto riesca anche a convincere gli altri membri della commissione a soprassedere a tali principi in nome di altre esigenze e complicità). Con il sistema qui proposto, la motivazione diventa anche personale: chi se la sentirebbe di rischiare in prima persona per una scelta di bassa qualità? In questo modo si passa da un sistema in cui costi del reclutamento vengono 'socializzati', cioè spalmati sull'erario pubblico (nel sistema attuale, nessuno paga per l'assunzione di un ricercatore incapace), ad un sistema in cui i costi di una scelta sbagliata verrebbero 'condivisi' dai reclutatori, che avranno quindi ogni interesse ad assumere un ricercatore in grado di produrre ricerca pubblicabile e fare buona didattica.

5. Autonomia del ricercatore

Tale sistema avrebbe il pregio di spingere i cooptatori verso scelte virtuose, non fosse altro per interessi di 'premi di finanziamento': se selezionare un candidato produttivo porta dei vantaggi materiali per un cospicuo numero di anni si andrà sempre più verso un sistema in cui chi non ha allievi 'pronti alla bisogna', li scoverà altrove incrementando l’auspicata mobilità dei ricercatori. Inoltre, questo sistema incentiva la libertà di ricerca del reclutato. Oggi, purtroppo, un giovane ricercatore deve adeguarsi a studiare ciò che gli viene 'imposto' dal proprio professore ordinario di riferimento. Con il sistema da noi proposto, tutti trarranno vantaggio dall'operato di un ricercatore che studi i fenomeni che più gli interessano, purché garantisca, sulla base dei propri lavori, un buon riscontro valutativo. Per la prima volta si costruirebbe nell’accademia del nostro paese una vera e propria tenure track, al di fuori del rapporto individuale tra ricercatore e professore ordinario di riferimento. L’attuale forma del reclutamento rischia, infatti, di creare un “sistema a code”, in cui ad essere premiata è la staticità del ricercatore e la fedeltà al docente di riferimento; nel percorso da noi proposto, invece, sarebbe finalmente possibile premiare la mobilità del reclutato – fisica, di ricerca e intellettuale. Per incentivare tale aspetto, si può istituire un’anagrafe aperta dei ricercatori non strutturati, al cui interno rendere visibili i diversi curricula in modo da facilitare le scelte del reclutamento. (F. Cammarano 11-07-2010)