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IL MANTENIMENTO DI UN NUMERO CHIUSO PER L’ACCESSO ALL’UNIVERSITÀ CONDIZIONE NECESSARIA PER MANTENERE UNO STANDARD QUALITATIVO ACCETTABILE NELLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE PDF Stampa E-mail

Per la situazione in cui versa, oggi, il nostro sistema dell'alta formazione, il mantenimento di un numero chiuso per l'accesso all'università rappresenta a nostro parere – seppur con molto rammarico – la condizione necessaria, anche se di per sé non sufficiente, per mantenere uno standard qualitativo accettabile nelle attività di formazione e di ricerca condotte dai nostri istituti.
Rimuovere questa limitazione significa non soltanto non risolvere i problemi strutturali dell'università italiana, ma probabilmente peggiorarli ulteriormente. In fin dei conti, il mantenimento o meno di un numero chiuso in ingresso rappresenta solo una scelta finale, in larga misura ineludibile, che deriva dalla mancata risoluzione – a monte – di una questione di carattere più generale, che investe il ruolo che si ritiene l'università e la ricerca debbano occupare all'interno del contesto socio-economico nazionale.
Come potenziare i nessi università-impresa sia sul fronte della formazione di capitale umano ad elevata qualificazione che poi trova un'adeguata collocazione all'interno del tessuto economico, sia su quello della ricerca che poi si traduce in un up-grading tecnologico ed organizzativo dei nostri sistemi d'impresa? Se la risposta a questa domanda si orienta nel senso di individuare percorsi di avvicinamento fra due sistemi ancora, per molti versi, troppo distanti, occorre allora strutturare un piano di azione per l'università che preveda al contempo, com'è evidente, importanti investimenti per rafforzarne la mission in questa direzione. E se questa fosse la scelta, una scelta com'è evidente di medio-lungo termine, allora si può prefigurare in prospettiva futura l'abolizione del numero chiuso, oggi purtroppo – a nostro parere – ancora una scelta per molti versi obbligata. Gli strumenti utilizzati per la programmazione degli accessi spesso non garantiscono gli esiti desiderati perché mal costruiti; gli studi sulla loro validità (concorrente e predittiva) e sulla loro affidabilità sono ancora pochi e dovrebbero essere incrementati al fine di migliorare le metriche di valutazione oggi adottate. Più che abolire i test di accesso per i corsi a numero programmato, che per le considerazioni sopra riportate restano irrinunciabili, si ritiene che occorra investire maggiori risorse al fine di migliorarne il funzionamento. (Fonte: Documento della Conferenza delle Regioni illustrato da Monica Barni nel corso di un'audizione alla commissione Cultura della Camera il 14 febbraio 2019)