LUCI E OMBRE SULLE LAUREE PDF Stampa E-mail

Le statistiche ci consegnano diversi segni più. Non solo rispetto al 1999 ma anche sul 2004 quando il sistema del "3+2" ha assunto la formulazione attuale (lauree triennali più magistrali biennali oppure a ciclo unico). Da allora la regolarità degli studi è più che triplicata, passando dal 15,3% al 51,1% del 2017; l'aumento della frequenza alle lezioni è salita dal 55,4% al 69,0%, l'età media alla laurea è scesa da 27,8 anni a 26. E i laureati nella fascia di età sono arrivati al 26,7%, contro il 10% pre-riforma. Ancora pochi però. Come gli iscritti totali che, dopo il boom post-riforma, hanno ripreso a scendere.
Ma il quadro si fa fosco se ci concentriamo sugli sbocchi lavorativi. Come dimostra l'ultima indagine di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati. Innanzitutto perché il 58,6% prosegue con la magistrale, che viene percepita come più spendibile sul mercato. Del restante 40,4% che non prosegue, a un anno dal titolo risulta occupato il 71,1%: di questi, il 56,0% ha un contratto a tempo indeterminato, il 52,8% fa un lavoro coerente con il titolo di studio e guadagna 1.107 euro netti mensili. Tutti valori al di sotto dei livelli pre-crisi e comunque inferiori alle magistrali. A chiedere una riflessione sul "3+2" è il presidente di AlmaLaurea. Al Sole 24 Ore del Lunedì, Ivano Dionigi sottolinea: «Se il 58% si iscrive alla magistrale è evidente che il sistema delle lauree triennali non è decollato. Serviva un titolo triennale finito che a 21-22 anni permettesse ai giovani di immettersi sul mercato del lavoro. Ma per riuscirci - aggiunge - servivano dei corsi parametrati sulla domanda e non sull'offerta.» (Fonte: E. Bruno, IlSole24Ore 21-01-19)