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L’UNIVERSITÀ VERSO IL COLLASSO PROGRESSIVO DELLA SUA QUALITÀ PDF Stampa E-mail

Sembra proprio che l'università sia avviata decisamente verso questo destino: per aumentare la qualità della ricerca si investono somme crescenti per monitorarla, si complicano le procedure che ne regolamentano il funzionamento, si rende sempre più cervellotica la sua gestione col risultato finale di vanificare lo scopo per cui tutto questo ambaradan è stato concepito, di sottrarre risorse utili e impedire di fatto la effettuazione di buona e creativa ricerca; analogamente, le misure per il miglioramento della qualità della didattica richiedono sempre più tempo nella gestione dei meccanismi burocratici che permettono di controllarla e certificarla, sottraendo spazio ed energie ai docenti e a chi è interessato di fatto ad esercitarla, così ottenendo il risultato esattamente contrario a quello previsto. E ci limitiamo a questi due aspetti, senza parlare dello stato di insoddisfazione, disamoramento e di distacco – sia dei singoli docenti (che ormai vedono il pensionamento come una sorta di liberazione) come di chi occupa una carica – chiamati a un lavoro sempre più pesante a cui non corrisponde alcun tipo di gratificazione (nemmeno di tipo non economico), ma solo continue bastonature in termini di controllo e di mortificazioni, persino stipendiali, in un ateneo in cui ci si sente sempre più sudditi. Insomma l'università è sempre più impigliata in una attività forsennata di complicazione e aumento della complessità di ogni procedura, che finirà per avere come risultato, in una sorta di eterogenesi dei fini, solo il collasso progressivo della sua qualità, della sua attitudine a far ricerca, della sua capacità di formare uno spirito creativo e consapevole del cittadino, persino della sua prontezza nel rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. (Fonte: F. Coniglione, Roars 01-06-18)