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LA RICERCA SCIENTIFICA È SEMPRE SENZA DUBBIO UN LAVORO PDF Stampa E-mail

Non è affatto chiaro come un ricercatore possa ancora essere considerato in formazione, se non nel senso in cui tutti i lavoratori continuano a imparare sul campo. I ricercatori non sono studenti: producono conoscenza – oltre spesso a essere coinvolti nella didattica e nell'amministrazione.
Sono scienziati, filosofi, matematici, linguisti, economisti. È vero che la loro situazione professionale è confusa e precaria. La situazione dei diritti è drammatica. Specialmente i borsisti rappresentano una zona grigia: non hanno diritto a versamenti pensionistici, né maternità, per esempio. Ma tale situazione dovrebbe anzi spronare a riconoscere il loro lavoro, non a svalutarlo.
Andando a vedere cosa fanno i ricercatori nel mondo, scopriamo in realtà che non solo lavorano, ma superlavorano. Alcuni sondaggi all'estero mostrano ritmi di lavoro fino a sessanta ore settimanali. Per capirci, la media di ore effettive di lavoro alla settimana, in molti paesi occidentali, non supera le 40. Lo stress del lavoro di ricerca - intenso, precario e competitivo - genera problemi di salute mentale con conseguenze tragiche. Andrea Claudi, responsabile comunicazione Adi, ci conferma che "Nella stragrande maggioranza degli altri paesi l'assegno di ricerca è un normalissimo contratto di lavoro subordinato. Le stesse università parlano esplicitamente di contratto, il che dovrebbe implicare il rapporto lavorativo. È difficile capire come e perché continui questo equivoco paradossale, tanto più che il più alto titolo di studio italiano è il dottorato: non si capisce quindi che titolo debba conseguire a questa ulteriore formazione". Le cose per fortuna stanno cambiando in meglio. Per quanto riguarda l'indennità di disoccupazione, a luglio 2017 il ministero ha fatto dietrofront, riconoscendone il diritto ai ricercatori. L'Istat, nel suo analogo questionario in corso, considera attività lavorative tutte le attività remunerate, inclusi esplicitamente borse e assegni di ricerca. (Fonte: M. Sandal, www.wired.it/scienza/lab 24-05-18)