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RICERCA. DOMANDE E RISPOSTE SUL FINANZIAMENTO PDF Stampa E-mail

Con l'austerità si taglia la ricerca. Ma si può fare diversamente? «Faccio notare che tra il 2011 e il 2016 i governi hanno potuto dispone di un surplus di circa 351 miliardi di euro, derivanti dall'incremento del debito pubblico e dall'aumento del gettito fiscale. Eppure la ricerca è stata trascurata, anzi ha subito riduzioni. Tagliare le gambe, in tempo di crisi, a chi può dare un contributo importante per lo sviluppo scientifico, tecnico ed economico del Paese è stata una scelta miope. Al CNR, per fare solo un esempio, sono stati azzerati i contributi necessari alla ricerca di oltre 3500 ricercatori. Naturale che, in queste condizioni, ne sia diminuito il numero: nelle università ne abbiamo 10.000 in meno. Solo in extremis l'attuale governo ha assegnato al settore ricerca 1,1 miliardi, in gran parte senza indicare i progetti da finanziare. Una mossa dal sapore elettoralistico, il cui impatto economico peraltro ricadrà sul prossimo esecutivo». Come si fa a cambiare rotta? «Tra l'altro, rivedendo il nostro rapporto con l'Ue, l'Italia contribuisce per circa il 14% al bilancio comunitario, ma riceve solo l'8,9% dei fondi». Colpa anche della nostra debolezza politica a Bruxelles? «Abbiamo meno della metà di ricercatori e tecnici rispetto a Francia, Regno Unito e Germania e, sì, scontiamo anche la nostra debolezza politica». (Fonte: R. Merano, intervista a G. Saccani Jotti, Libero 02-03-18)