Home 2018 27 febbraio VARIE LA RETORICA DELLE “ECCELLENZE”
LA RETORICA DELLE “ECCELLENZE” PDF Stampa E-mail

L'appello all'eccellenza (parola che ha acquisito un'aura particolare, salvifica, quasi escatologica) non è rimasto questione semantica, ma si è tradotto in norme e indirizzi, con particolare riferimento a scuola e università, ma estendendosi all'intera sfera del made in Italy (per definizione, naturalmente, un'eccellenza). Il riferimento ideale all'eccellenza si è così tradotto nell'idea che ogni attività lavorativa debba essere concepita un po' come un campionato sportivo, dove è giusto che nutrano aspirazioni di dignità solo quelli che insidiano la vetta. Di contro, tutti i 'non eccellenti' devono solo prendersela con sé stessi se non ottengono riconoscimento. Le varie introduzioni di 'bonus premiali' ai docenti della scuola, di aumenti premiali ai docenti universitari, di finanziamenti premiali ai dipartimenti e alle università, o similmente le risorse premiali previste nella 'riforma della pubblica amministrazione', ecc. vanno tutte in questa direzione, dove normalità è assimilata a mediocrità, mentre dignità e onorabilità sono riservate alle 'eccellenze'. Il problema di questo modello non è che sia 'meritocratico' – e che dunque sia avversato da impaludati e retrogradi 'antimeritocratici'. No. Il problema è che si tratta di un modello di società, e di azione collettiva, fallimentare. Nessuna società funziona sulla base di un pugno di eccellenze, e per definizione le eccellenze non possono se non essere una minoranza. La nozione di eccellenza è infatti una nozione differenziale: si è 'eccellenti' in quanto si è virtuosamente fuori dall'ordinario. L'idea che, per veder riconosciuta la dignità di ciò che si fa, si debba appartenere al novero degli eccellenti è la ricetta per un sicuro naufragio, e lo è proprio sul piano dell'incentivazione. Lodare e premiare l'eccellenza può avere un'utile funzione sociale, fornendo modelli motivanti per la gioventù in formazione, ma non può mai essere sostitutivo del più fondamentale e importante dei modelli, quello dove si coltiva semplicemente la capacità di fare bene il proprio dovere. (Fonte: A. Zhok, L'Espresso 07-01-18)