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RICERCARE ALTROVE - FUGA DEI CERVELLI, CIRCOLAZIONE DEI TALENTI, OPPORTUNITÀ PDF Stampa E-mail

A cura di Chantal Saint-Blancat. Ed. Il Mulino, febbraio 2017.

Quanti sono i “cervelli in fuga”, in quali settori lavorano e che legami conservano con la madrepatria? Un vuoto informativo grave e particolarmente incomprensibile in un Paese che continua a investire quel (poco) che riesce per preparare ricercatori e scienziati che in molti casi prendono la via dell’estero. Per questo sono particolarmente preziose le iniziative come “Ricercare altrove”, il libro recentemente pubblicato dal Mulino da un’équipe di studiosi (Stefano Boffo, Salvatore La Mendola, Stefano Sbalcherio e Arjuna Tuzzi) guidati dalla sociologa dell’università di Padova Chantal Saint-Blancat. Un libro da tenere sul comodino per chi si occupa di università e istruzione, perché per una volta dà voce ai nostri ricercatori in modo scientifico e rigoroso senza per questo rinunciare alle loro storie e al loro vissuto. Come ogni ricerca scientifica seria, il libro parte da una precisa delimitazione dell’oggetto e della metodologia. L’indagine parte da 83 interviste a ricercatori e docenti universitari di fisica, ingegneria e matematica che lavorano in sei paesi europei: Regno Unito, Germania, Francia, Paesi Bassi, Spagna e Svizzera. Successivamente, dopo l’analisi delle 160 ore di registrazione trascritte in 1.500 cartelle di testo, è stato redatto un questionario che è stato somministrato a 2.420 ricercatori italiani in condizioni analoghe, raccogliendo 528 risposte valide. Mai finora era stata tentata una ricerca tanto approfondita su un campione così omogeneo e le sorprese non sono mancate. Un primo dato a emergere è che i ricercatori generalmente non vanno via dall’Italia a causa del precariato e spesso nemmeno per lo stipendio. Un periodo all’estero è visto come un passaggio necessario e per molti versi normale: il brain drain nasce insomma dalla brain circulation, stimolata in primo luogo dalle istituzioni europee (dal progetto Erasmus fino alle borse Marie Curie ed ERC). Una situazione che ha moltiplicato gli scambi scientifici ma ha anche aperto, per dirla con il libro, un vero e proprio vaso di Pandora, dato che spesso in altri Paesi i nostri ricercatori percepiscono di trovarsi in un sistema più trasparente e meritocratico, quindi più adatto alla ricerca e a progettare una carriera. (Fonte: D. Mont D’Arpizio, IlBo 25-05-17)