Sul pensionamento a 65 anni |
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Colpisce, soprattutto per la parte politica da cui proviene, il documento sulla Università approvato dall’ultima Assemblea del Partito Democratico; colpisce anzitutto per il linguaggio volutamente utilizzato, incentrato sull’apologia della “discontinuità”, della “innovazione”, della “rivoluzione”; un lessico, verrebbe da dire, di tipo futurista e, come tale, velleitario, inconcludente. La “rivoluzione” è una cosa seria, basata su analisi concrete, specifiche, documentate. Niente di tutto questo nel documento approvato quasi all’unanimità dall’Assemblea: serie, ma ovvie parole sull’autonomia dell’Università, sulla necessità di un saldo rapporto tra Stato e Regioni, sull’aumento dell’efficienza e delle risorse, sulla istituzione dell’Agenzia per la ricerca e l’innovazione, su una programmazione strategica per definire il futuro dell’Università, sulla valorizzazione del dottorato di ricerca... Intendiamoci: alcune proposte sono nuove (la tenure track); ma il clou del Documento è nello “shock generazionale” (così è scritto): cioè nel mandare forzosamente in pensione tutti i professori ora in servizio a 65 anni – cioè i “vecchi” - per fare spazio ai “giovani” . Forse è una proposta fatta per colpire e fare parlare del Pd e della sua “politica”: non per nulla il quindicinale CampusPro ha avviato un mini sondaggio per vedere il consenso che essa riscuote nell’Università, trasformandolo - se favorevole - in un’arma per licenziare i professori universitari troppo “vecchi”: una nuova forma della democrazia plebiscitaria oggi di moda in Italia. Non è questa la strada da seguire: su queste colonne ho preso posizione contro il “fuori ruolo” dei professori che è stato opportunamente eliminato; nè ho alcun complesso di Erode. Anzi. Vorrei però ricordare che, come diceva Labriola, è la “tradizione” che ci tiene nella storia, e che questo vale anche - e soprattutto - per l’ Università. Con gli shock generazionali si va poco lontano, mentre si può facilmente precipitare nella barbarie. Con una perdita secca per tutti: tanto i “vecchi” quanto i “giovani”. (M. Ciliberto, L’Unità 10-06-2010)
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