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DIPARTIMENTI IN GARA. L’AUTONOMIA DI BILANCIO DEGLI ATENEI RESTA SULLO SFONDO PDF Stampa E-mail

La legge di stabilità 2016 ha inopinatamente previsto una sorta di scelta comparativa e competitiva, non tanto tra gli atenei, ma tra i loro dipartimenti, per selezionare e privilegiare all’interno del sistema nazionale 180 dipartimenti, scelti in una platea di 350 candidabili secondo i risultati dell’ultima valutazione della ricerca (VQR), con l’obiettivo di attribuire loro somme cospicue per l’attività presente e futura, ponendoli così in posizione preminente non solo all’interno dei rispettivi atenei ma dell’intero contesto accademico. Riservare loro 271 milioni di euro l’anno costituirà una differenza rispetto alle altre strutture e una distanza incolmabile tra chi potrà assidersi a una tavola riccamente imbandita e chi dovrà contendersi le briciole del tutto insufficienti per prospettive di sviluppo che, proprio in virtù delle eventuali lacune registrate, dovrebbero trovare consiglio e investimento solidale da parte dei poteri pubblici, se si vuole tendere a un’equilibrata distribuzione di risorse e opportunità per tutta l’organizzazione universitaria. La prospettiva, forse non ipotizzata, ma certamente probabile, potrà essere la polverizzazione del concetto di “universitas studiorum” che finora ha sempre caratterizzato i nostri atenei. L’enucleazione di singole preminenti strutture, con passo e capacità ben più potenti della restante palude, potrebbe ragionevolmente indurli a connettersi con altri dipartimenti di pari efficienza, coerenti per attività scientifica e convergenti per dinamiche progettuali, rompendo così fragili equilibri di settori scientifici e disciplinari, realizzati con scelte difficili e, a volte, discusse e contrastate ma pur sempre autonomamente e consapevolmente deliberate dagli organi di governo. Preme riscontrare se, anche in questo intervento ministeriale così determinante per il futuro delle università, non vi sia stata, alla luce dell’insegnamento ora impartito dalla Consulta (a proposito del costo standard per studente) una sottovalutazione dell’essenzialità della valutazione e decisione politica nei confronti dell’automatismo di formule matematiche, più o meno corrette ed efficaci ma incompatibili con la doverosa responsabilità di governo per soluzioni così decisive per composizione e futuro del nostro sistema universitario. Siamo dinanzi all’essenza delle scelte di governo di un’università che andrebbero considerate nel complesso della strategia dell’ateneo interessato e che dovrebbero, semmai, essere sottoposte a un vaglio di merito specifico e non valutate, dalla Commissione tecnica, soltanto per punteggi numerici predefiniti che, necessariamente non possono tener conto della complessiva programmazione strategica dell’ateneo. Il comma 328 della legge di stabilità sancisce espressamente che [ ... ] “il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca trasferisce alle università statali cui appartengono i dipartimenti il relativo finanziamento. L’università è vincolata all’utilizzo di queste risorse a favore dei dipartimenti finanziati”. L’autonomia di bilancio resta sullo sfondo come un sogno interrotto da un brusco risveglio! (Fonte: F. Matarazzo, estratto di articolo 33 n 5-6 2017)