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UNA GARA GLOBALE PER L’ISTRUZIONE D’ECCELLENZA PDF Stampa E-mail

Gli USA possono permettersi di praticare tariffe esorbitanti negli atenei anche in virtù di un loro privilegio imperiale, una sorta di "signoraggio" sul mercato dei cervelli. Ormai un'università medio-alta - non più solo i nomi altisonanti dell'Ivy League o le big della West Coast come University of California e Stanford - costa 50mila dollari l'anno, sicché una laurea rappresenta un investimento da un quarto di milione (ancor più se si tratta di formare un avvocato o un medico). Sono costi irraggiungibili per una parte della middle class americana, i cui figli si caricano di debiti che faticheranno a restituire per i prossimi decenni della loro vita. A questo si aggiunge una deriva classista che parte dalle elementari, medie, licei, anch'esse divise tra scuole di serie A, B, C, con relative fasce di prezzo. È un sistema che ha smesso di creare opportunità per tutti. Avrebbe anche esaurito la sua capacità di formare la futura classe dirigente, se non fosse che le grandi università americane possono conquistare clienti su un mercato globale: gareggia per entrarci la meglio gioventù cinese e indiana, coreana e russa, italiana e francese. Questa situazione obiettivamente "predatoria" dà una marcia in più all'America, e al tempo stesso le consente di nascondere le gravi storture del suo sistema formativo. In questo contesto però viene a inserirsi l'effetto Trump che ingenera qualche paura agli studenti che arrivano dal mondo islamico, E così le   università europee o asiatiche di chiara fama, oggi conquistano visibilità e appeal maggiori, verso fasce di studenti che possono sentirsi meno graditi negli Stati Uniti. Le prime candidate ad approfittarne, almeno in teoria, sono le università inglesi. Le università Usa non stanno a guardare del resto: aumentano i loro investimenti nei campus decentrati (o delocalizzati ), dall'Italia al Golfo Persico, dalla Francia alla Cina. E anche questa però va vista come un'opportunità. Non solo per gli studenti di tutto il mondo, che vedono allargarsi il ventaglio delle scelte, ma anche per il sistema universitario italiano che deve usare la presenza di un "concorrente in casa propria" come uno stimolo e un'opportunità per studiare le strategie dei rivali stranieri. (Fonte: F. Rampini, La Repubblica 20-03-17)