Home 2010 20 Giugno Trentasei atenei rischiano bilanci in rosso
Trentasei atenei rischiano bilanci in rosso PDF Stampa E-mail
La legge 1 del 2009 blocca le università statali, che entro il 31 dicembre di ogni anno hanno superato il tetto del 90% del Fondo del finanziamento ordinario, nell'indire concorsi nell'anno successivo. Il conteggio del rapporto tra spese di personale e fondo di finanziamento ordinario è alleggerito ogni anno da una serie di correttivi in favore degli atenei. Uno è determinato sottraendo dalle spese di personale (fisse e inderogabili) l'ammontare complessivo degli aumenti stipendiali maturati nell'anno precedente, il secondo sottrae alla massa stipendiale le retribuzioni dei docenti assunti a seguito di stipula di convenzione con enti esterni, l'ultimo invece impone di conteggiare per due terzi e non per intero, il personale impegnato in attività assistenziale convenzionato con il Ssn nelle facoltà di medicina. Ma si preannunciano gli effetti dell'annunciato addio, per il prossimo anno, ai consueti sconti sui criteri di calcolo del rapporto fra la spesa di personale e le università, inseriti ogni anno nel decreto mille-proroghe. Questi alleggerimenti sono stati, fino ad ora, determinanti per far quadrare i bilanci e permettere così alle università di non superare la fatidica soglia del 90% del Fondo del finanziamento ordinario così come prevedeva la legge finanziaria del '98 (art. 51 comma 4). Un limite praticamente e del tutto disatteso, che la legge Gelmini e l'abolizione di questi correttivi renderà però più stringente e vincolante. Scorrendo quindi la tabella messa a punto dal ministero dell'istruzione e dell'università sulla base dei bilanci forniti dai diversi atenei, che ItaliaOggi ha potuto anticipare, si scopre che se con i correttivi, la lista degli atenei con i bilanci in rosso si ferma a sette, senza questi precipita fino a 36 cioè oltre la metà degli atenei, fatta esclusione per quelli privati. A complicare ulteriormente la situazione ci sono i tagli già annunciati per il sistema accademico che per il 2011 ammonteranno ad oltre 1 miliardo di euro, ma anche l'aumento naturale delle anzianità che ogni anno gonfia le uscite fisse per il personale. Chi sfora. Nella situazione attuale, secondo i criteri di calcolo usati normalmente il blocco scatterebbe già per sette università: la più lontana dal tetto è l'università di Urbino Carlo Bo il cui rapporto tra assegni fissi e Fondo del finanziamento ordinario per il 2009 arriva addirittura al 102,72%, senza applicare la normativa vigente invece arriverebbe addirittura a 106,49%. Al secondo posto c'è l'ateneo di Cassino che per buste paga spende il 95,67% (senza correttivi 100,28%) dell'assegno staccato ogni anno dallo stato, seguita dall'ateneo di Bari con il suo 93,33%, dell'Aquila 92,35% i cui conti «puri» alla mano arrivano rispettivamente al 99,58% e al 101,59%. Ma nella rete finiscono anche tante altre università che fino ad ora erano riuscite a tenere i bilanci sotto soglia: dall'università di Roma Tor Vergata (99,15%) a quella di Udine (97,28%), dall'università degli studi di Firenze (95,52%) alla seconda università degli studi di Napoli (105,48%). (B. Pacelli, ItaliaOggi 10-06-2010)