Home 2010 20 Giugno Problemi di costituzionalita’ del decreto legge 78/2010
Problemi di costituzionalita’ del decreto legge 78/2010 PDF Stampa E-mail
Ad un primo esame, alcune norme del decreto legge n. 78/2010 in materia di impiego pubblico presentano profili di potenziale contrasto con il dettato costituzionale. In particolare:

- Art. 9, 2° comma:
la riduzione ex lege delle retribuzioni superiori a 90.000 € a.l. appare in contraddizione con il combinato dei principi costituzionali posti dagli artt. 39, 4° e 36, 1° Cost.. Difatti, nell’ attuale ordinamento (d. lgs. n. 165/2001 e ss.), le retribuzioni dell’ impiego alle dipendenze delle pp.aa. sono fissate come segue. A. Secondo il diritto privato, ovvero da CCNL e, sulla base di questi, da contratti individuali. I Contratti collettivi sono stipulati dai sindacati rappresentativi dei dipendenti e dei dirigenti, da un lato, e dall’ altro dall’ ARAN, in nome e per conto dello Stato e delle altre pp.aa. Questo regime, perciò, si colloca certamente dentro l’area di applicazione dell’art. 39, 4° Cost.. Con la norma in questione lo Stato riduce unilateralmente delle retribuzioni definite dai CCNL stipulati a suo nome, come corrispettivo di prestazioni lavorative rese in un determinato quadro giuridico di diritti, ma anche di limitazioni, obblighi, sanzioni. In tal modo, si sottrae da parte sua alla previsione dell’ “efficacia obbligatoria” dei Contratti medesimi su un punto – quello della retribuzione – cruciale per l’ equilibrio del sinallagma contrattuale; B. Secondo il diritto pubblico, per le categorie di personale le cui retribuzioni sono definite da accordi, stipulati dai sindacati di categoria e dallo Stato come datore di lavoro, poi recepiti in DPR (Regolamenti). La distinzione tra le due categorie appare più formale che sostanziale. La sostanza è resa più evidente da quanto emerge in relazione all’ art. 36, 1° Cost., ovvero al principio della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. In un regime nel quale la retribuzione è fissata da accordi (di diritto privato o di diritto pubblico), deve presumersi che questa proporzione sia quella definita, in concreto, dagli accordi stessi. Perciò, una riduzione unilaterale della retribuzione, in violazione degli accordi, può ritenersi un vulnus inferto anche alla proporzionalità. Queste ragioni di ordine costituzionale, considerando anche la modesta entità dei risparmi (29 milioni all’ anno), inducono a ritenere preferibile la soppressione della previsione.

- Art. 9, 3° comma
Premesso che, nel sistema vigente, l’espletamento da parte di funzionari pubblici di incarichi aggiuntivi comporta che i relativi emolumenti siano versati in parte ai diretti interessati ed in parte (prevalente) ai fondi di amministrazione che pagano le retribuzioni accessorie all’ intera categoria, la soppressione delle previsioni normative e contrattuali relative alla corresponsione della quota di compenso aggiuntivo ai soli titolari di incarico dirigenziale generale si profila in contrasto non solo col citato art. 36, 1° Cost., ma anche, e soprattutto, col principio di uguaglianza di cui all’ art. 3 della Carta. Questa previsione, infatti, discrimina i dirigenti c.d. “generali” rispetto agli altri dirigenti ed ai funzionari di qualifica non dirigenziale, per i quali continueranno ad applicarsi le norme in vigore e conseguentemente a corrispondersi le quote degli emolumenti derivanti dagli incarichi in questione. Perciò, la norma andrebbe soppressa.

- Art. 9, 21° comma
Il penultimo periodo del comma prevede che per il personale regolato dal diritto pubblico ogni promozione disposta nel triennio 2011 – 2013 abbia effetto solo ai fini giuridici e non pure a quelli economici. L’ultimo periodo contempla il medesimo blocco per il personale contrattualizzato, riferendolo alle progressioni di carriera comunque denominate ed ai passaggi tra Aree. Entrambe le previsioni significano che il dipendente, a seguito della promozione, andrà a svolgere una funzione di livello più elevato, con contenuti professionali più complessi e con responsabilità maggiori: tuttavia, gli verrà corrisposta ancora la retribuzione precedente, prevista per un lavoro qualitativamente diverso. Il contrasto con l’art. 36, 1° Cost., è del tutto evidente, come pure la violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., in conseguenza della disparità di trattamento. Perciò, questa previsione va soppressa.

- Art. 9, comma 23
Per il personale docente ed ATA della Scuola la non utilità degli anni 2010, 2011 e 2012 ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e relativi incrementi economici previsti dalle norme contrattuali vigenti, determina una riduzione ex lege di questi. Valgono, pertanto, le considerazioni di merito già riportato per l’art. 9, 2° comma. Considerato che l’ entità dei risparmi derivanti dal blocco delle posizioni stipendiali è pari a 320 milioni di € all’ anno, per mantenere inalterato tale risparmio, si propone in sostituzione una corrispondente riduzione dei fondi contrattuali destinati al miglioramento dell’ offerta formativa (pari al 25 % del totale dei fondi). Perciò la norma andrebbe corretta nei termini sopra indicati.

- Art. 9, comma 32
Il testo della norma prevede che: “32. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento le pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 che, alla scadenza di un incarico di livello dirigenziale, anche in dipendenza dei processi di riorganizzazione, non intendono, anche in assenza di una valutazione negativa, confermare l’incarico conferito al dirigente, conferiscono al medesimo dirigente un altro incarico, anche di valore economico inferiore. Non si applicano le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli; a decorrere dalla medesima data è abrogato l’art. 19, comma 1 ter, secondo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Resta fermo che, nelle ipotesi di cui al presente comma, al dirigente viene conferito un incarico di livello generale o di livello non generale, a seconda, rispettivamente, che il dirigente appartenga alla prima o alla seconda fascia”. Così formulata, la norma introduce la reformatio in peius, rende possibile l’ attribuzione di un incarico inferiore anche in assenza di valutazione negativa, e senza obbligo di motivazione. L’onere di motivazione in caso di mancata conferma degli incarichi dirigenziali, previsto dal citato comma 1 ter (introdotto dal d. lgs. 150) intendeva impedire arbitrii da parte dell’organo nominante, in applicazione dei principi in più occasioni ribaditi dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Cassazione; in particolare, puntava ad evitare forme di spoil’s system occulto o dissimulato (ex multis Corte cost. n. 103 e 104 del 2007 e Cass., 9814 del 2008) . Pertanto, l’intero comma andrebbe soppresso. Come subordinata, andrebbe salvaguardato quanto meno l’ obbligo di motivazione del provvedimento di assegnazione di un incarico dirigenziale con retribuzione di posizione inferiore. A tal fine, la frase in corsivo andrebbe sostituita con la seguente (che ne rappresenta l’ esatto contrario ): “resta fermo quanto previsto dall’art. 19, comma 1 ter, secondo periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001 in materia di onere di motivazione e preavviso”. Le esigenze di contenimento della spesa pubblica, d’altra parte, risultano salvaguardate dalla prima parte del comma 32, non inciso dalla modifica (che afferisce alla possibilità di conferire al dirigente non confermato un incarico di valore economico inferiore rispetto a quello precedentemente ricoperto), per cui l’emendamento proposto risulta privo di costi. Anzi, è la disposizione che si intende sopprimere che appare estranea alle finalità del decreto legge, nonché priva dei caratteri di necessità ed urgenza e quindi anche per questo versante incostituzionale.

- Art. 9, comma 37
Introduce una norma di carattere programmatico che non ha i requisiti dell’urgenza, dal momento che si riferisce ai rinnovi contrattuali successivi al triennio 2010-2012. Per una tale indicazione è sufficiente prevedere un apposito Atto di indirizzo all’ ARAN. (Fonte: USPUR)