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NUOVE LAUREE TRIENNALI PROFESSIONALIZZANTI. CRITICHE DA VARIE FONTI E RICHIESTA DI REVISIONE DEL DECRETO PDF Stampa E-mail

L’ultimo atto da ministro dell’Istruzione dell’ex rettore dell’Università per Stranieri di Perugia è stato la firma apposta sul decreto ministeriale n. 987/2016. Fin qui niente di strano, se non fosse che il D.M. relativo a “Autovalutazione, Valutazione, Accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio” istituisce le nuove lauree triennali professionalizzanti. Questi corsi di studio erano stati bocciati all’unanimità dal Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU), eppure lo scorso 12 dicembre, mentre il nuovo governo era sul punto di giurare davanti al presidente della Repubblica, il ministro dimissionario ne ha autorizzata la nascita.
Immancabili, di conseguenza, sono arrivate le polemiche. Le più critiche, chiaramente, sono le associazioni studentesche, che contestano non solo il fatto che non vi sia stato alcun confronto in merito, ma anche che le lauree triennali professionalizzanti siano un regalo fatto alle aziende e poco abbiano a che fare con ciò che dovrebbe essere la formazione accademica. I piani di studio delle lauree triennali professionalizzanti saranno ritagliati su misura per le aziende partner. Il problema è che, qualora i laureati non riuscissero a collocarsi presso di esse, il titolo conseguito diventerebbe poco spendibile. Sarebbero lauree di serie B. Ad essere contestato è anche il fatto che con questa misura si “regalino” alle aziende dei lavoratori che per un anno potranno svolgere le più diverse funzioni “senza alcuna tutela e garanzia”.
Così il Movimento 5 Stelle: “Riteniamo assolutamente inopportuno e una forzatura il fatto che un ministro uscente vari, “last minute”, un provvedimento di tale entità. Ricordiamo che quelle professionalizzanti sono lauree triennali a numero chiuso, che prevedono la realizzazione di convenzioni con imprese qualificate, associazioni, ordini professionali e un anno di tirocinio curriculare. Dette lauree professionalizzanti rischiano di rivelarsi una ghiotta occasione per imprese e studi professionali che vogliano avvalersi di studenti da impiegare, verosimilmente a titolo gratuito, in cambio della certificazione delle competenze acquisite”. C’è poi un’altra questione dirimente: per accedere all’accreditamento è necessario dimostrare che almeno l’80% dei laureati abbia trovato un lavoro ad un anno dal titolo di studio. Il rispetto di tale soglia è “condizione necessaria al fine dell’accreditamento periodico del Corso stesso dall’A.A. 2021/2022 nonché al fine dell’accreditamento iniziale di altri Corsi con le medesime caratteristiche nella stessa classe”. Ebbene, il decreto firmato dalla Giannni non dirime la questione riguardante l’identificazione del soggetto giuridico che avrà il compito di valutare il rispetto della percentuale minima prevista”.
La Flc Cgil: “È inaccettabile che vengano, di fatto, istituiti nuovi corsi di studio che derogano profondamente dalle attuali norme attraverso un decreto che si occupa di altro. In secondo luogo, manca un quadro regolamentare e una pianificazione, seppure minima, degli interventi necessari a integrare queste sperimentazioni nel sistema pubblico dell’istruzione terziaria. Ad esempio, appare evidente la mancanza di coordinamento col sistema territoriale degli ITS dei quali, queste lauree, rischiano di essere una replica. Ancora, se gli ordinamenti didattici offrono quel quadro di insegnamenti che rendono i corsi di laurea comparabili, anche dal punto di vista delle conoscenze e competenze acquisite dagli studenti, quasi nulla è detto sull’organizzazione didattica di questi nuovi corsi di laurea. Appare anche evidente come l’impianto della sperimentazione rischia concretamente di far esplodere una pesante competizione tra università che intendono attivarla e gli Istituti tecnici superiori. Quale utilità abbiano gli studenti, le istituzioni formative, il mondo produttivo da questa situazione caotica, non è dato sapere. Da parte nostra esprimiamo totale contrarietà a questo modo di procedere e chiediamo alla ministra Fedeli: una pausa di riflessione sulla sperimentazione prevista dal DM 987/16; l’istituzione della Commissione Nazionale per il coordinamento dell’offerta formativa degli ITS con la presenza delle parti sociali, così come previsto dall’Accordo in Conferenza Unificata del 3 marzo 2016; l’individuazione di forme di coordinamento con le rappresentanze del mondo universitario; l’attivazione delle procedure per la definizione degli standard qualitativi e le modalità di reclutamento dei docenti e del personale utilizzato nei percorsi degli Istituti Tecnici Superiori” (art. 15, co. 5, del DPCM 25/01/2008)”.
Sul neo ministro dell'istruzione Valeria Fedeli è pressing serrato da parte degli ITS, di Confindustria, della Flc-Cgil e dell'Unione degli universitari. Si chiede una revisione immediata del decreto e l’apertura di un tavolo di confronto per lo sviluppo di una formazione terziaria professionalizzate. Il governo è pronto a "correre ai ripari": Palazzo Chigi ha acceso un faro, ed è intenzionato, a stretto giro, a promuovere una "cabina di regia", aperta ad imprese, regioni e ai ministeri interessati (MIUR e Lavoro), per consentire un decollo, ordinato, dei nuovi percorsi didattici "pratici" post-diploma, senza sovrapposizioni tra ITS e università, e con l'obiettivo di puntare all'occupabilità degli studenti.
Il ministroFedeli ha poi commentato: "Apriremo un tavolo che coinvolgerà gli ITS, gli atenei e i soggetti sociali interessati. C'è un forte bisogno di percorsi professionalizzanti post diploma e dobbiamo mettere a frutto tutte le specificità del sistema terziario di istruzione".
(Fonti: universita.it 19-12-16; orizzontescuola.it. 21-12-16; Flc Cgil 30-12-16; IlSole24Ore 11-01-17; Giornale d’Italia 14-01-17)